Palestinesi cristiani insieme ai musulmani contro il controllo della Spianata delle Moschee

Gerusalemme (AsiaNews) – “Noi palestinesi cristiani stiamo al fianco dei nostri compatrioti musulmani nel chiedere che sia rispettata l’integrità del luogo di preghiera musulmano”, afferma Bernard Sabella, cattolico, rappresentante di Fatah per Gerusalemme e segretario esecutivo del servizio ai rifugiati palestinesi del Consiglio delle Chiese del Medio Oriente. L’attivista pacifista Adel Misk, medico palestinese musulmano, ribadisce che la questione non è “religiosa”, ma “politica”. I palestinesi cristiani, lo scorso venerdì, hanno pregato al fianco dei musulmani per chiedere il rispetto dello Status Quo e dire “no” al conflitto religioso.
Lo Status Quo che Israele è tenuta ad osservare, stabilisce il diritto esclusivo dei musulmani a pregare sulla Spianata. Per i palestinesi cristiani e musulmani, i metal detector imposti da Israele violano questo status.
I leader cristiani avevano preso una simile posizione in una dichiarazione pubblicata il 19 luglio, in cui essi facevano “appello a che lo Status Quo storico che regola questi luoghi sia del tutto rispettato, per il bene della pace e della riconciliazione dell’intera comunità”.
“Quello di cui abbiamo bisogno sono politici saggi che possano disinnescare il rischio di ulteriori scontri fra israeliani e palestinesi […]. Se questa situazione continuerà tutti ne pagheranno il prezzo e tutti ne soffriranno, purtroppo”. La speranza di Sabella è che il governo israeliano tolga i metal detector, e si abbia “un periodo di quiete, con persone sagge che dialogano fra di loro”, permettendo ai fedeli di “tornare a pregare e ad esercitare il loro diritto alla religione in un ambiente di armonia e relativa pace e serenità”. Il compito di decidere ora sta agli israeliani e “più saggi saranno, meglio sarà per tutte le parti coinvolte”.
Da parte sua, Misk afferma che le autorità israeliane “si sono arrampicate sugli alberi e non sanno più come scendere”. Per l’attivista, Israele deve tornare a “prima del 14 luglio”, perché i palestinesi non accetteranno compromessi su questo punto: “[pregare] è un diritto che non è dato dagli israeliani, ma da Dio”.
In conclusione, Misk commenta l’unità dei palestinesi, un “mosaico” mai visto prima: “Israele sta cercando di fare una guerra religiosa, ma la nostra risposta è stata ‘no’. Questo non è un conflitto religioso fra musulmani ed ebrei: è una cosa politica. La nostra solidarietà è per rispondere a loro e dimostrare che non è un conflitto religioso. Venerdì i cristiani sono stati con noi, con il vangelo in mano.”
“Non possiamo e non dobbiamo rendere la nostra diversità religiosa un motivo di scontro. Dovremmo imparare ad usarla per promuovere comprensione e riconoscimento dei diritti di ciascuno di noi, rispettando lo status quo dei luoghi santi”, conclude Sabella. “Nei luoghi sacri, sia ebraici, cristiani o musulmani, qui come ovunque, è importante ribadire – come ha detto papa Francesco ieri – che i luoghi santi devono essere di pace e dialogo, non luoghi dove ci possa essere violenza di nessun tipo”.




Lo smantellamento avvenuto stamane prima dell’alba. Al loro posto Netanyahu propone nuove “tecnologie avanzate” di controllo. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu aveva chiesto di trovare una soluzione entro venerdì. Inviato Onu per il Medio oriente: questi eventi possono creare catastrofi ben oltre il Medio oriente.


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