lan Lior Una nuova direttiva consente a Israele di negare l’ingresso ad attivisti del BDS in visita
lan Lior – 6 luglio 2017,Haaretz
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- Una nuova direttiva consente a Israele di negare l’ingresso ad attivisti del BDS in visita
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La
normativa segue l’approvazione nello scorso marzo di una legge che
vieta il rilascio di un visto o di altri permessi di ingresso a
cittadini stranieri che abbiano sostenuto un boicottaggio di Israele o
delle colonie
Il
mese scorso l’autorità per la popolazione, l’immigrazione e le
frontiere ha emanato una direttiva per mettere in pratica la legge
recentemente approvata che blocca l’entrata in Israele per i visitatori a
causa di “attività del BDS.”
La
norma, denominata “Trattamento degli ingressi ai posti di confine
internazionali di Israele”, elenca 28 ragioni per rifiutare a qualcuno
l’ingresso in Israele e rappresenta la prima volta che una simile
politica viene redatta per iscritto. “Attività del BDS” vengono
specificamente dettagliate. Il regolamento segue l’approvazione di una
legge dello scorso marzo che vieta la concessione di un visto o di altri
permessi di ingresso a cittadini stranieri che abbiano sostenuto una
forma di boicottaggio di Israele o delle colonie.
Altre
ragioni che la norma prevede per negare l’ingresso includono rischi per
la sicurezza o attività criminali; aver mentito alla frontiera;
sospetta intenzione di rimanere illegalmente in Israele; mancata
collaborazione con i funzionari della frontiera; un visto improprio;
ingresso con l’intenzione di lavorare illegalmente; disturbo dell’ordine
pubblico; sostituzione di persona; comportamento violento; sospetto
tentativo di portare avanti attività di proselitismo e precedenti
rifiuti di ingresso o di presenza illegale. Un’altra ragione per negare
l’ingresso è “il sospetto di poter diventare un peso per lo Stato,” il
che presumibilmente significa qualcuno sospettato di non avere i mezzi
finanziari per pagare il proprio soggiorno in Israele.
La
norma chiarisce che non si tratta di un elenco definitivo e che le
guardie di frontiera hanno il permesso di negare l’ingresso anche per
altre ragioni.
Lo
scorso anno, in seguito ad istruzioni dei ministri degli Interni Arye
Dery e degli Affari strategici Gilad Erdan, Israele ha impedito
l’ingresso a poche persone note per sostenere il movimento BDS, che
chiede il boicottaggio, il disinvestimento e le sanzioni contro Israele
per esercitare pressione perché ponga almeno fine all’occupazione. A
dicembre è stato negato l’ingresso alla dott.ssa Isabel Phiri, cittadina
del Malawi che vive in Svizzera ed è un’importante funzionaria del
Consiglio Mondiale delle Chiese. All’epoca l’autorità per la Popolazione
ha affermato: “In realtà questa è la prima volta che lo Stato di
Israele rifiuta l’ingresso di un turista per le sue attività
anti-israeliane e per la promozione del boicottaggio economico,
culturale e accademico contro Israele.”
Tuttavia
all’epoca Phiri ha detto ad Haaretz che la spiegazione scritta che le è
stata consegnata per il rifiuto affermava che il suo ingresso era stato
bloccato per “prevenire un’immigrazione illegale.”
Il
nuovo regolamento stabilisce che la persona a cui è stato negato
l’ingresso deve ricevere una dichiarazione scritta che è stato bloccato,
che deve specificare se il rifiuto è stato per ragioni di immigrazione,
di sicurezza o penali, ma non necessita di ulteriori spiegazioni.
Tuttavia i funzionari pubblici devono stendere rapporti
sull’interrogatorio della persona a cui è stato negato l’ingresso o al
suo avvocato, se richiesto.
Il
regolamento prevede che la persona che non può entrare sia rispedita al
più presto possibile” al luogo da cui ha iniziato il suo viaggio,” o
“in qualunque altro luogo che gli consenta l’ingresso.” La norma
riconosce il principio di non respingimento della Convenzione ONU sullo
status di rifugiato, affermando: “Una persona respinta non sarà
rimandata in un Paese in cui ci sia pericolo per la sua vita a causa
della razza, religione, nazionalità, appartenenza ad uno specifico
gruppo sociale o delle sue opinioni politiche.”
In
una sezione denominata “Trattamento di una persona che desideri entrare
nella regione,” ci sono istruzioni relative a persone che intendano
visitare le zone controllate dall’Autorità Nazionale Palestinese, che
afferma che, se una guardia di frontiera è convinta che questa sia
l’intenzione del visitatore, non gli debba essere consentito l’ingresso
ma si debba far rifermiento all’ufficiale dell’esercito israeliano
competente. “Se l’ufficiale competente dell’esercito decide di negare
l’ingresso alla persona, la ragione del rifiuto non deve essere
specificata nel rapporto sull’interrogatorio, solo che l’ingresso è
stato negato da quell’ufficiale.” Se l’ispettore di frontiera crede che
la persona progetti di visitare sia Israele che la Cisgiordania o Gaza,
deve essere richiesta l’opinione dell’esercito sul suo ingresso.
Il
regolamento stabilisce che la responsabilità di negare l’ingresso a
diplomatici non ricade sull’autorità per la popolazione, ma sul
ministero degli Esteri. “Nel caso in cui il ministero degli Esteri
decida di negare l’ingresso ad una persona, la ragione del rifiuto non
deve essere citata nel rapporto sul suo interrogatorio, ma solo che il
suo ingresso è stato negato su decisione del ministero degli Esteri,”
decreta il regolamento.
In
febbraio Haaretz ha riportato che il numero di persone a cui è stato
negato l’ingresso in Israele è salito quasi di nove volte rispetto agli
scorsi cinque anni. Nel 2016 Israele ha negato l’ingresso a 16.534
persone, rispetto alle 1.870 del 2011. La ragione principale di questo
incremento è stato il forte e costante aumento del numero di ucraini,
georgiani ed egiziani a cui è stato negato l’ingresso. Nel 2016 i
cittadini di questi tre Paesi hanno rappresentato il 68% dei respinti.
Negli scorsi anni Israele ha anche negato l’ingresso a migliaia di
persone dai Paesi occidentali, compresi gli Stati uniti, la Germania, la
Gran Bretagna, la Francia e l’Italia.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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