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Giorgio Bernardelli : «Scontro all’Unesco sulla Tomba di Abramo»

 Testata: La Stampa
Data: 03 luglio 2017
Pagina: 1





Dopo il Muro del Pianto, un nuovo fronte ammantato di simboli religiosi sta per aprirsi all’Unesco nello scontro tra Israele e Palestina. Domenica 2 luglio a Cracovia si apre, infatti, la sessione di quest’anno del Comitato per il riconoscimento dei Patrimoni dell’umanità, la prestigiosa lista che include attualmente oltre mille tra siti naturalistici e tesori culturali di 165 Paesi del mondo. E tra le nuove richieste iscritte all’ordine del giorno per la discussione figura anche quella avanzata dall’Autorità Palestinese per l’inclusione della Città Vecchia di Hebron, che ha il suo centro nel luogo dove ebrei, cristiani e musulmani venerano quella che secondo la tradizione è la Tomba di Abramo. Un complesso antichissimo - le mura esterne risalgono ai tempi di Erode - che a seconda del punto di vista di chi lo guarda è chiamato Tomba dei patriarchi (visto che ospita anche quelle di Isacco e Giacobbe e di alcune delle loro mogli) o moschea al Khalil. E al suo interno mostra pure chiari i segni dell’epoca crociata, quando venne trasformato in una chiesa affidata ai canonici agostiniani.
A suscitare discussioni, ovviamente, non è il riconoscimento in sé come Patrimonio dell’umanità, ma la sovranità rivendicata da chi lo propone. Hebron si trova infatti nel cuore della Cisgiordania ed è uno dei luoghi maggiormente contesi tra israeliani e palestinesi. Pur essendo infatti una città palestinese abitata da circa 200 mila persone, Hebron vede al suo interno la presenza di due insediamenti israeliani - uno nel cuore della città e l’altro nella vicina Kiryat Arba, abitati complessivamente da circa 10mila coloni. Ed è una coabitazione critica, segnata da rancori e da una lunga storia di violenze che bastano due date a riassumere: il 1929 con la prima strage patita dagli ebrei nel Novecento in Medio Oriente, quando ancora la Terra Santa era sotto il mandato britannico, e il 1994, quando fu un colono di Kiryat Arba, Baruc Goldstein, ad aprire il fuoco contro i musulmani che si recavano a pregare alla Tomba di Abramo, uccidendo 29 persone. Da allora la separazione fisica è entrata anche dentro lo stesso luogo sacro, attraverso una parete divisoria che separa l’ambiente ebraico da quello musulmano: i fedeli accedono a ciascuna delle due zone da ingressi rigidamente distinti. Ora la mossa della Palestina all’Unesco mira a rivendicare la propria sovranità su Hebron, specificando che si tratterebbe di un patrimonio in pericolo e in questo modo ottenendo una via prioritaria per l’esame della domanda, come già avvenuto negli anni scorsi per la Basilica della Natività a Betlemme e le colline degli uliveti del Battir (gli altri due siti palestinesi già riconosciuti come Patrimonio dell’umanità).
Da parte sua Israele - visti i precedenti e la composizione dei rappresentanti dei 21 Paesi che formano oggi il Comitato - non nutre grandi speranze di riuscire a bloccare il voto di Cracovia. E sostiene già - per bocca del suo ambasciatore all’Unesco, Carmel Shama HaCohen - che si tratta di «un nuovo fronte nella guerra ai luoghi santi che i palestinesi stanno tentando di appiccare come parte della loro campagna contro Israele e la storia del popolo ebraico». Anche se - va aggiunto - nell’istanza presentata dall’Autorità palestinese si parla espressamente di Hebron come di un «luogo sacro a musulmani, cristiani ed ebrei». Il punto vero è che, in assenza di un processo di pace con obiettivi chiari e concreti, i luoghi santi restano in balia degli opposti estremismi, bandiere utili per essere sventolate sui palcoscenici internazionali per battaglie simboliche che non fanno altro che inasprire gli animi. Hebron è un luogo fondamentale per l’identità ebraica: la Genesi parla espressamente di questa «Grotta di Macpela» comprata da Abramo per seppellirvi in primis sua moglie Sara. E nella teologia biblica la Tomba dei patriarchi costituisce la primizia della Terra promessa: logico, dunque, che un ebreo osservante non possa accettare di essere tenuto fuori da un luogo del genere (come fu, invece, dal 1929 al 1967). Nello stesso tempo, però, la storia complessa di questa regione del mondo ha reso Hebron un luogo irrinunciabile anche per i musulmani, per i quali Abramo è una figura talmente importante da meritarsi l’appellativo di al Khalil, cioè l’amico di Dio. Al di là di quella che sarà la decisione dell’Unesco, dunque, sembra destinato a rimanere un rompicapo irrisolvibile, finché la logica delle prove di forza in Terra Santa non lascerà il posto a quella del riconoscimento reciproco. 

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Terra Santa: palestinesi chiedono a Unesco di inserire Hebron tra i siti patrimonio dell’umanità in pericolo. Nei prossimi giorni la risposta

 https://agensir.it/…/terra-santa-palestinesi-chiedono-a-un…/


Hebron, la tomba dei Patriarchi (Foto SIR/Rocchi)
I palestinesi chiedono di inserire Hebron nella lista dei siti patrimonio dell’umanità in pericolo. L’Unesco si pronuncerà sulla richiesta nei prossimi giorni. È quanto si legge in Terrasanta.net del 1 luglio. Il centro storico della città cisgiordana e il santuario che racchiude le tombe dei patriarchi potrebbero diventare il terzo sito dello Stato di Palestina (che l’Unesco riconosce come tale e membro a pieno titolo dell’organizzazione dal 23 novembre 2011, ndr) considerato Patrimonio dell’umanità in pericolo. La richiesta palestinese di proteggere il patrimonio minacciato di Hebron è stata inoltrata nell’aprile scorso e ha fatto inserire il sito nella lista dei 35 sui quali il Comitato del patrimonio mondiale dell’Unesco deve pronunciarsi nei prossimi giorni, nel corso della 41.ma sessione convocata a Cracovia (Polonia) dal 2 al 12 luglio. Già altri due siti palestinesi sono entrati nella lista del patrimonio culturale a rischio: i luoghi di pellegrinaggio legati alla natività di Gesù a Betlemme (dal 2012) e del “paesaggio culturale a sud di Gerusalemme”, intorno a Battir. I suoi terrazzamenti agricoli e la rete di irrigazione sono tutelati dal 2014. La richiesta palestinese ha suscitato la protesta di Israele. Hebron, “città simbolo del conflitto israelo-palestinese è situata in Cisgiordania, una trentina di chilometri a sud di Gerusalemme, ed è formalmente sottoposta alla sovranità dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), ma una zona del centro, insieme al santuario delle tombe dei patriarchi, è sotto il controllo dei militari israeliani (a protezione di un nutrito insediamento ebraico – ndr). Considerata il centro della vita religiosa di Hebron, la Grotta dei patriarchi è sacra sia per i musulmani sia per gli ebrei. Al suo interno conserva i cenotafi costruiti sopra quelle che sono considerate le sepolture dei patriarchi bibilici Abramo, Isacco e Giacobbe e delle loro spose Sara, Rebecca e Lea. Adiacente al muro sud-occidentale del complesso c’è un edificio che racchiude il cenotafio attribuito al patriarca Giuseppe. L’insieme è suddiviso in due aree: una moschea, l’altra sinagoga”. “Considerato che gli Stati arabi in seno all’Unesco si esprimeranno, verosimilmente, a favore della proposta palestinese è probabile – si legge in Terrasanta.net che cita il quotidiano Times of Israel – che l’Unesco la accolga”. Per Israele la mozione palestinese è “un gesto politico ammantato di motivazioni culturali”.

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