Giorgio Bernardelli Al Aqsa, i metal detector e la Gerusalemme dimenticata
È
sparita subito dai notiziari, ma la crisi alla Spianata delle Moschee
innescata dall’attacco di venerdì non è affatto conclusa. E tira una
bruttissima aria in queste…
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Qualche mese fa titolavamo la copertina della nostra rivista «Gerusalemme dimenticata».
Osservando come – nonostante il conflitto che l’attraversa – la Città
Santa sia sempre meno presente nelle agende della diplomazia e nelle
stesse cronache internazionali, oggi concentrate su altre priorità in
Medio Oriente. Al punto da non riconoscere più quando la tensione tra
palestinesi e israeliani supera i livelli di guardia.
Se serviva un’ulteriore conferma l’abbiamo avuta in questi giorni con
l’attacco avvenuto venerdì alla Spianata delle Moschee/Monte del
Tempio, l’attentato nel quale proprio all’interno del luogo più sacro
per i musulmani a Gerusalemme hanno perso la vita due agenti della
polizia israeliana (di etnia drusa) e i tre arabi israeliani
responsabili della clamorosa azione armata partita dall’interno del
recinto sacro. La Spianata – il luogo dove sorgeva il Tempio e oggi sede
della Moschea di al Aqsa e della Cupola della Roccia, subito
sopra al Muro del Pianto venerato dagli ebrei – è il luogo sensibile per
eccellenza a Gerusalemme. E tutti ricordano come la miccia che fece da
innesco alla seconda Intifada, nel settembre 2000, fu la provocatoria
visita di Ariel Sharon a questo luogo. Anche per questo, dunque, venerdì
la notizia dell’attentato è balzata subito in primo piano nei notiziari
di mezzo mondo. Tanto più che il governo Netanyahu ha reagito
utilizzando le maniere forti: la Spianata è rimasta chiusa per due
giorni e ha riaperto solo domenica, dopo che agli ingressi sono stati
installati dei metal detector, con l’intenzione di garantire che non possano essere introdotte altre armi nel luogo sacro.
Poi, però, domenica la Spianata ha riaperto e il mondo – che non
capisce più le dinamiche complesse di Gerusalemme – pensa che questa
crisi sia rientrata o comunque sia stata riportata al solito standard
per un posto attraversato da un conflitto che non finisce mai. Ma ci
stiamo sbagliando di grosso. Perché intorno ad al Aqsa la pentola a
pressione sta continuando a bollire in maniera pericolosissima. Con il
rischio concretro che la deflagrazione possa diventare disastrosa.
Da domenica, infatti, la guerra si è spostata intorno ai metal detector,
che le autorità del Waqf – l’organismo musulmano che amministra le
moschee – non vogliono. Così, spalleggiate dall’Autorità Palestinese, da
Hamas e persino dal re di Giordania stanno gridando alla violazione
dello status quo, l’equilibrio delicato che regola i rapporti
nella gestione dei Luoghi Santi in un posto come Gerusalemme. Per questo
è in corso un boicottaggio: da domenica i musulmani non entrano sulla
spianata, ma si fermano a pregare fuori, proprio davanti ai metal detector.
Perché tanta opposizione a questi strumenti, che – ad esempio – sono
presenti senza problemi nell’accesso al Muro del Pianto? Come spiegava
ieri su Yediot Ahronot Nahum Barnea,
una delle firme più autorevoli del giornalismo israeliano, c’è una
ragione pratica che rende questi strumenti inadatti a controllare gli
accessi alla Spianata: l’afflusso della folla è diverso rispetto a
quello verso il Muro del Pianto; l’afflusso dei musulmani è molto più
concentrato nei momenti della preghiera comunitaria. Dunque al venerdì
si profilano grossi assembramenti di fronte al quale l’unica soluzione
praticabile – per evitare tensioni incontrollabili – sarà aprire
comunque liberamente gli accessi, compiendo controlli a campione. Ma a
quel punto a che servono i metal detector?
Ma la questione vera non è quella tecnica: il problema è la questione
dell’esercizio della sovranità in un luogo così particolare. Che è poi
il nodo di sempre, dal 1967 a oggi. La preoccupazione del governo
Netanyahu è logica, ma installare unilateralmente dei metal detector
è una cosa che si può fare in un aeroporto o all’ingresso di un centro
commerciale; farlo in un luogo sensibile come la Spianata, dove mettere
in campo almeno qualche forma di collaborazione con chi sta dentro per
garantire l’ordine e la sicurezza è essenziale, altrimenti rischia di
diventare controproducente. Questa mediazione finora l’aveva sempre
compiuta il regno di Giordania, che per tradizione detiene il titolo di
Custode dei Luoghi Santi e (dopo il trattato di pace del 1994) ha anche
relazioni diplomatiche con Israele che sulla carta riconoscono questo
ruolo. Ma in questo caso – con Washington e la comunità internazionale
che non capiscono più la delicatezza di queste situazioni – Netanyahu ha
preferito andare dritto per la sua strada mostrando che Israele è
pienamente sovrano sulla Spianata. E adesso siamo in pieno braccio di
ferro.
Il Waqf continua a invitare tutti i musulmani a non entrare sulla Spianata ma a fermarsi a pregare fuori, in città vecchia. E Fatah
– il partito palestinese di cui è espressione il presidente Abu Mazen –
ha proclamato per domani una «giornata della collera». Nel frattempo il
governo israeliano ha pensato bene di riaprire comunque la Spianata
anche ai non musulmani, che non hanno alcun problema a passare (da un
ingresso specifico) attraverso i metal detector. Il risultato è
che ieri sulla Spianata c’erano solo gli ebrei ultra-nazionalisti che
esultavano per il fatto di poter finalmente girare e pregare accanto
alle moschee senza nessuno che dica nulla. Hanno anche postato un
filmato in proposito, che sta ulteriormente infiammando gli animi a
Gerusalemme.
Tira una brutta aria intorno alla Spianata, da troppo tempo lasciata
nelle mani degli opposti estremismi che hanno trasformato un luogo di
preghiera in una bandiera. Ma il fatto più preoccupante è che il mondo
assiste a tutto questo in maniera distratta. Senza capire che così
diventa l’alleato più forte dei fanatici, da una parte come dall’altra
della barricata.
Op-ed:
Anyone interested in smuggling weapons into the explosive site will do
it when hundreds of thousands of worshippers are gathered outside the
gates. The metal detector will simply create a jam, which will lead to a
commotion, and the police will be forced to let the masses in. Those
seeking to bring in weapons will get their chance with no effort
whatsoever.
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