Gideon Levy : Gli israeliani non meritano il concerto dei Radiohead
Gli israeliani non meritano il concerto dei Radiohead : appoggiare il boicottaggio- Gideon Levy
di Gideon Levy
Internazionale 1209 | 16 giugno 2017
È arrivato il momento di lasciarsi alle spalle la distinzione tra
gli israeliani che si considerano bravi e giusti e la brutale
occupazione di cui sono responsabili. Se in Israele non esiste
alcuna opposizione all’occupazione o al Likud di Netanyahu, resta solo
un’unica scelta: appoggiare il boicottaggio
Chi si chiede se il boicottaggio sia uno strumento efficace per
combattere l’occupazione israeliana dovrebbe ascoltare le recenti
dichiarazioni di Thom Yorke, il cantante della band britannica
Radiohead, e di Yair Lapid, leader del partito Yesh Atid. Entrambi hanno
deinito il boicottaggio una “propaganda da quattro soldi”. Le loro
parole però potrebbero convincere persone in ogni angolo del pianeta a
fare il contrario, cioè a sostenere il boicottaggio.
Thom Yorke non sa cosa sia Boicottaggio, disinvestimento e sanzioni
(Bds), la campagna globale nata nel 2005 per fare pressione su Israele
perché metta ine all’occupazione dei territori palestinesi, garantisca
piena uguaglianza ai cittadini arabi d’Israele e rispetti i diritti dei
profughi palestinesi. Lapid invece è un fervente nemico della campagna
Bds. I ragionamenti di queste due persone dicono molto sulla loro
personalità ma non fanno capire cosa rappresenta il boicottaggio.
Il boicottaggio è uno strumento legittimo. Israele, in altri ambiti,
lo usa e invita gli altri paesi a fare lo stesso. Anche alcuni cittadini
israeliani lo usano. C’è un boicottaggio contro Hamas a Gaza, uno
contro i negozi non kosher, uno contro il consumo di carne, uno contro i
villaggi turistici in Turchia, e ci sono le sanzioni all’Iran. Tutto il
mondo è abituato a provvedimenti di questo genere. Per esempio, dopo
l’annessione della Crimea, diversi paesi hanno imposto pesanti sanzioni
alla Russia. Quello che dobbiamo chiederci è se Israele meriti questa
punizione, simile a quella imposta al Sudafrica durante l’apartheid, e
se lo strumento sia eicace.
Thom Yorke ha reagito alle parole di un’altra rockstar, l’ex bassista
dei Pink Floyd Roger Waters, che aveva chiesto ai Radiohead di non
suonare a Tel Aviv il 19 luglio. In un’intervista concessa alla rivista
statunitense Rolling Stone, Yorke ha spiegato le sue ragioni: non si
sognerebbe mai di dire a qualcuno dove può e non può lavorare. Il
musicista britannico pensa forse che le fabbriche che sfruttano i
lavoratori e le miniere di diamanti insanguinati siano luoghi di lavoro
accettabili? Non si dovrebbe chiedere alle persone di non fare afari con
i proprietari di quelle fabbriche e di quelle miniere? I prodotti dei
coloni israeliani sono più accettabili? “
Il dialogo che i sostenitori del boicottaggio vogliono avviare è
basato sul concetto di bianco o nero. Per me questo è un problema”, ha
dichiarato Yorke. Quale problema? Non siamo forse in una situazione di
bianco e nero, di occupanti e occupati, di oppressori e oppressi? “Non
capisco perché fare un concerto rock sia un problema per loro”, ha detto
Thom Yorke. Pronto, parlo con i Radiohead? Il concerto non è il
problema, il problema è il pubblico. È arrivato il momento di lasciarsi
alle spalle la distinzione tra gli israeliani che si considerano bravi e
giusti – “Ciao Tel Aviv! Siamo felici di essere qui!” – e la brutale
occupazione di cui sono responsabili. È arrivato il momento di punirli
in maniera nonviolenta per i crimini di cui sono complici. L’unico
strumento per farlo è il boicottaggio.
Roger Waters ha chiesto a Yorke di non intrattenere gli israeliani
perché gli israeliani non se lo meritano, almeno ino a quando a mezz’ora
di macchina da Yarkon Park, dove si terrà il concerto dei Radiohead,
andrà avanti l’occupazione. Non esiste una richiesta più giusta. Yair
Lapid è molto più demagogico e populista di Yorke. Con una bandiera
israeliana sullo sfondo e una sul risvolto della giacca – una sola
bandiera non bastava – la settimana scorsa è stato intervistato da uno
dei giornalisti più competenti del mondo, Tim Sebastian dell’emittente
tedesca Deutsche Welle. Lapid ha attaccato Sebastian, accusandolo di
essere “convinto che il suo ruolo sia rappresentare i palestinesi, non
la verità”. Questo dimostra che Lapid non capisce proprio niente di
giornalismo. E i suoi argomenti contro il boicottaggio sono ancora
peggio.
Lapid è orgoglioso di essere stato uno dei primi a combatterlo, è
“assolutamente certo” che la campagna Bds sia inanziata da Hamas – l’ha
scritto il Wall Street Journal – e che sia legata al gran mufti di
Gerusalemme, che collaborò con i nazisti.
Vi serve un altro argomento? Eccolo: i sostenitori del boicottaggio
chiedono di scarcerare le persone che hanno impiccato i gay ai pali del
telefono o quelle che considerano accettabile picchiare le donne e
uccidere gli ebrei e i cristiani. Questo, secondo Lapid, è il
boicottaggio. L’occupazione, invece, non è una cosa sbagliata. Se un
uomo che si candida a guidare il paese ha queste opinioni, allora
conviene tenerci il premier attuale, Benjamin Netanyahu. E se questo è
il livello dei ragionamenti e della cultura di Lapid allora è chiaro che
in Israele non esiste alcuna opposizione all’occupazione o al Likud di
Netanyahu.
Se le cose stanno così, resta solo un’unica scelta: appoggiare il boicottaggio.
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