Bradley Burston Quando Israele minaccia i palestinesi con una nuova Nakba, minaccia di estinzione se stesso
Quando Israele minaccia i palestinesi di una…
zeitun.info
C’è
una vera e propria operazione di istigazione che le autorità israeliane
non hanno affrontato o neanche riconosciuto per decenni. E’ il violento
discorso di odio che inizia dall’interno.
Che
cosa ci dice riguardo ad Israele il fatto che un importante ministro
del governo, che è anche una pappamolla, ritiene necessario, in un
momento di tensioni al limite della guerra con i palestinesi, andare
alla televisione israeliana e su Facebook a diffondere un messaggio di
puro incitamento all’uso delle armi?
Il
ministro della Cooperazione Regionale Tzachi Hanegbi, un alleato chiave
di Netanyahu che spesso proclama e difende le politiche del primo
ministro, è stato per lungo tempo considerato un elemento relativamente
moderato nel governo più ferocemente oltranzista nella storia della
Nazione.
Eppure,
questa settimana, quando Israele si è trovato di fronte ad esplosioni
di violenza al suo interno e con i suoi vicini, Hanegbi ha usato uno dei
termini più incendiari per avvertire i palestinesi delle possibili
conseguenze dei brutali omicidi di tre israeliani, un settantenne e due
dei suoi figli adulti, avvenuti sabato sera:
“Ecco come inizia una ‘Nakba’”, ha minacciato Hanegbi il giorno dopo sulla sua pagina Facebook.
“Esattamente
così”, ha scritto, citando il termine arabo per “catastrofe”, che è
diventato sinonimo dell’esperienza palestinese della guerra del 1948, in
cui centinaia di migliaia di palestinesi fuggirono o furono cacciati
dalle forze israeliane dalle loro case nella Terra Santa.
“Ricordatevi
il ‘48”, ha poi scritto. La guerra, che ha portato alla nascita dello
Stato di Israele, ha creato anche circa settecento mila rifugiati
palestinesi. La Nakba è un evento profondamente traumatico per i
palestinesi. Il dolore e la rabbia che si accompagnano alla Nakba sono
stati indirettamente riconosciuti dal governo Netanyahu nei suoi sforzi
di impedire che la narrazione palestinese fosse oggetto di insegnamento
nelle scuole arabe in Israele.
“Ricordatevi
il ‘67”, ha continuato. Centinaia di migliaia di palestinesi, alcuni
dei quali profughi della guerra del 1948, furono sfollati dalla guerra
dei Sei Giorni, in cui le forze israeliane occuparono Gerusalemme est,
la Cisgiordania e Gaza.
Hanegbi,
che in una precedente intervista nello stesso giorno ha detto che la
violenza non stava conducendo ad una terza intifada, ma ad una terza
Nakba, ha ribadito il concetto nel post su Facebook: “Quando vorrete
fermarla, sarà già stata persa. Sarà già avvenuta la terza ‘Nakba’.”
L’attento
uso delle virgolette da parte di Hanegbi per modificare – più
precisamente, per attenuare – il termine Nakba non è certamente sfuggito
ai lettori palestinesi. Né lo è stato il senso della sua conclusione:
“Per
due volte avete pagato il prezzo della follia dei vostri dirigenti. Non
provocateci nuovamente, perché il risultato non sarà diverso. Siete
stati avvertiti!”
Il
post di Hanegbi è arrivato in un momento in cui la rabbia covata sotto
la cenere dei social media, scaturita da quel vulcano sacro nel cuore di
Gerusalemme, stava infiammando gli animi di mezzo mondo.
Arriva
anche nel periodo in cui i dirigenti israeliani, da Benjamin Netanyahu
in giù, stanno dedicando un’enorme quantità del loro prezioso tempo per
parlare di istigazione [all’odio].
Parlano
di come l’istigazione può diventare armata, trasformarsi in atti di
assassinio, di terrore, di escalation, di intransigenza, di vendetta e
di guerra. E non mancano loro gli esempi, dal momento che i social media
arabi diffondono innumerevoli esempi di minacce terroristiche e
ignobili caricature antisemite.
Ma
c’è una vera e propria operazione di istigazione che le autorità
israeliane non hanno affrontato e neppure riconosciuto per decenni. E’
il violento discorso di odio che inizia dall’interno. Attacchi verbali
vergognosamente fanatici contro i palestinesi. Dichiarazioni di
dirigenti israeliani e di rabbini compiacenti che descrivono tutti gli
arabi come bestie feroci, esseri subumani, una razza di terroristi
sanguinari.
Incoraggiate
e appoggiate da mezzi di informazione condiscendenti e scandalistici,
le deboli e fragili coalizioni delle politiche israeliane non hanno
fatto che accelerare l’istigazione israeliana, mentre i politici fanno a
gara su tutti i social media per mostrare quanto può essere distruttiva
la loro volontà di rendere le cose sempre più insopportabili.
E
così è accaduto che, invece di operare per disinnescare l’atmosfera
esplosiva dell’ultima settimana, i politici di estrema destra si sono
avvicendati nelle trasmissioni televisive per promuovere misure di
ulteriore privazione del diritto dei palestinesi di pregare alla moschea
di Al-Aqsa, premendo al tempo stesso per dare via libera agli ebrei per
pregare sul Monte del Tempio [la Spianata delle Moschee per i
musulmani, ndt.], che è parte dello stesso complesso. In toni che
potevano essere seri ma anche non esserlo, il deputato di estrema destra
Bezalel Smotrick ha suggerito in un tweet che dovrebbe essere
immediatamente costruita una sinagoga sul Monte.
Quando
gli attivisti musulmani hanno accusato Israele di pianificare di
impadronirsi del sito a proprio uso esclusivo, gli attivisti ebrei sono
apparsi fin troppo felici di confermare le accuse.
Al
tempo stesso, quando alcuni ministri del governo hanno chiesto
l’introduzione della pena di morte, un deputato del partito di
Netanyahu, il Likud, li ha superati.
“Voglio
dire la verità senza sembrare, dio non voglia, troppo estremista”, ha
detto il deputato Oren Hazan in un video postato nel weekend.
“Ma
se fosse dipeso da me, ieri notte sarei andato dalla famiglia
dell’assassino, avrei preso lui e i suoi familiari e li avrei ammazzati
tutti. Sì, proprio così. Senza alcun rimorso. Li avrei ammazzati.”
Cosa
ci dice questo su Israele? Che se vuoi che la tua voce sia ascoltata,
puoi dire – impunemente – “Vedrò la demolizione delle vostre case e la
pena di morte per voi, ed aggiungerò l’esecuzione di massa di civili.”
Che
cosa ci dice questo sui leaders israeliani? Che per mantenere
l’illusione di essere più duri di chiunque altro, possono fare minacce
che arrivano fino all’ espulsione di massa e alla pulizia etnica – una
nuova Nakba. Proprio il genere di minacce che in un mondo come il nostro
possono alla fine offrire il pretesto per minacciare lo stesso Israele
di estinzione.
(Traduzione di Cristiana Cavagna)
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