Ancora in attesa di un Gandhi palestinese? Lui/lei è già qui di Zaha Hassan
Zaha Hassan – 30 luglio 2017, Haaretz
Ogni
ragazzina della Cisgiordania che attraversa un checkpoint per andare a
scuola è una Rosa Parks. Ogni prigioniero che fa lo sciopero della fame è
un Mandela, e ogni gazawi che sopravvive nonostante le condizioni
disumane è un Gandhi palestinese.
La
seconda domanda (dopo “Dov’è la Palestina?”) più frequentemente posta a
un palestinese-americano è: “Dov’è il Gandhi palestinese?”
Gli
americani vogliono sapere perché i palestinesi non utilizzano tattiche
non-violente per porre fine ai loro decenni di oppressione e di
colonizzazione della loro terra.
Ovviamente
in questa domanda è implicita la premessa, coltivata dalla
rappresentazione mediatica dell’ “arabo infuriato” e del musulmano
nichilista, così come da campagne lautamente finanziate di
sensibilizzazione dell’opinione pubblica che coinvolgono gruppi di
lobbysti ed i centri di studio ad essi associati che dipingono tutto il
Medio oriente come un covo ribollente di odio contro l’Occidente
cristiano, che i palestinesi siano geneticamente predisposti alla
violenza.
La
verità è che, se un premio Nobel fosse assegnato a un intero popolo per
la moderazione che ha dimostrato e per l’ostinata caparbietà a
sopravvivere, a perseverare e a costruire un domani migliore nonostante i
sistematici tentativi di eliminarlo – persino tentativi di negare
addirittura la sua esistenza, come fece Golda Meir [nel 1969 in
un’intervista l’allora primo ministro di Israele affermò che i
palestinesi non esistevano, ndt.] – esso dovrebbe andare al popolo
palestinese.
Perché,
dove esiste un precedente dell’imprigionamento di 2.2 milioni di
persone che sono stati resi deliberatamente dipendenti per il cibo,
l’acqua e l’energia durante un intero decennio, mentre la narrazione
continua a dire che è tutto giustificato dalla “sicurezza” di Israele,
come nel caso delle attuali sofferenze di Gaza?
Dove
c’è un precedente di sette milioni di persone a cui viene negato il
diritto di tornare alle proprie case e proprietà confiscate settant’anni
fa, solo perché sono della religione sbagliata, mentre nuovi
insediamenti illegali si espandono freneticamente nel pezzo di terra
della Cisgiordania che dovrebbe essere parte del loro Stato ancora da
creare?
Dove
c’è un precedente di Stati e istituzioni incaricati di difendere le
leggi e la legalità internazionali che chiedono a un popolo occupato
sempre più concessioni e di negoziare per legittimare crimini di guerra e
per normalizzare l’esistenza dell’occupante?
La
verità è che ogni ragazzina della Cisgiordania che attraversa un
checkpoint per andare a scuola è una Rosa Parks [la donna di colore che
nel 1955 in Alabama si rifiutò di cedere il posto in autobus a un bianco
e diede inizio alla lotta per i diritti civili dei neri negli USA,
ndt.]. Ogni prigioniero che
mette in pericolo la propria vita per settimane intere facendo lo
sciopero della fame per lottare contro la propria incarcerazione e le
condizioni di detenzione è un Mandela, e ogni persona che oggi vive a
Gaza e che sopravvive nonostante le privazioni disumane, è un Gandhi
palestinese.
Quante
altre migliaia di tappetini da preghiera devono essere srotolati nelle
strade di Gerusalemme prima che la resistenza non violenta palestinese
sia non solamente riconosciuta ma anche appoggiata e incoraggiata?
Quante altre proteste del venerdì devono aver luogo a Bi’lin e in altri
villaggi in Cisgiordania? Quante tende della pace devono essere erette e
demolite a Gerusalemme e nel Naqab [Negev in arabo, ndt.]?
La vera questione, tuttavia, non è quantificare le proteste, ma garantire che altri le conoscano.
Gandhi
lo sapeva. Martin Luther King, Jr lo sapeva. E il governo israeliano,
l’AIPAC [l’associazione ebraica filo-israeliana più potente negli USA,
ndt.] e quanti sono interessati a mantenere il dominio di Israele sulla
terra palestinese lo sanno. E questa è la ragione per cui vergognosi
esempi di legislazione come la legge 720 del Senato contro il BDS
[movimento per il Boicottaggio, il Disinvestimento e le Sanzioni contro
Israele, ndt.] stanno circolando nelle aule del Congresso. La legge,
stilata con la collaborazione dell’AIPAC, lo farebbe diventare un reato
punibile fino ad un massimo di 20 anni di carcere e una multa fino a 1
milione di dollari per il fatto di sostenere l’uso di metodi economici
non violenti contro Israele.
Potete
immaginare Rosa Parks che sconta 20 anni di prigione per aver
organizzato il boicottaggio degli autobus segregati? O Martin Luther
King Jr. obbligato a pagare un milione di dollari per aver boicottato
ristoranti razzisti con posti separati?
Dovrebbe
essere chiaro a tutti noi che punire il diritto di espressione che ha
lo scopo di porre fine a un’ingiustizia è sbagliato. Quando si vedono i
fatti, gli americani lo capiscono. E lentamente ma inesorabilmente
alcuni membri del Congresso che inizialmente erano stati co-promotori
della legge con un tipico riflesso condizionato, una deferenza cieca
verso l’AIPAC, stanno vedendo chiaro, come la senatrice Gillibrand, che,
quando è stata messa in guardia dall’ACLU [American Civil Liberties Union, Unione Americana per le Libertà Civili, organizzazione non governativa che difende i diritti civili e le libertà individuali negli USA,
ndt.] sulle preoccupazioni relative al diritto di parola e a problemi
di incostituzionalità della legge e sfidata da elettori durante
un’assemblea comunale, ha espresso la sua volontà di riconsiderare il
suo appoggio [alla legge].
Così,
mentre CNN e Fox News [due importanti reti televisive statunitensi,
ndt.] possono non informare sulle centinaia di migliaia di palestinesi
che hanno pregato nelle strade di Gerusalemme la scorsa settimana,
protestando contro il tentativo mascherato di Israele di esercitare la
propria sovranità sulla Spianata delle Moschee, questi accaniti
tentativi legislativi da parte dei difensori di Israele per porre fine
all’appoggio alla resistenza non violenta nei territori occupati o
all’estero stanno accendendo riflettori da stadio di football sui
problemi.
Attivisti
del movimento progressista si rendono drammaticamente conto di come le
loro libertà civili vengano minacciate in nome della protezione
dell’occupazione di Israele sui palestinesi. Allo stesso modo, quando le
linee aeree USA hanno messo in atto la legislazione israeliana che
impedisce ai difensori dei diritti umani di viaggiare in Israele
(compresi ebrei-americani, uno dei quali è un rabbino), gli americani
hanno visto il rapporto tra questo fatto e gli abominevoli divieti di
viaggio [si riferisce alla proibizione di ingresso negli USA dei
passeggeri provenienti da alcuni Paesi musulmani, ndt.] perseguiti
dall’amministrazione Trump
I
palestinesi ed i loro sostenitori dovrebbero sperare (e pregare nelle
strade) che Israele continui a rivelare la natura della sua oppressione
contro di loro, e al contempo continuare a perseguire metodi collaudati e
non violenti per riportare la giustizia e lo stato di diritto, perché
si giunga ad una vera comprensione delle cause e delle soluzioni del
conflitto israelo-palestinese.
Non
c’è un modo più efficace per mettere in luce un’ingiustizia e per
modificare la percezione sbagliata ad essa associata che attraverso lo
stesso oppressore. Rosa Parks, Dr. King e Gandhi lo sapevano e lo sanno
anche i palestinesi e quelli che solidarizzano con loro.
Zaha Hassan è una giurista per i diritti umani e studiosa del Medio Oriente al New America [prestigioso
centro studi indipendente di politica ed economia, ndt.], con sede a
Washington. In precedenza è stata coordinatrice e consulente esperta del
gruppo negoziatore palestinese.
(traduzione di Amedeo Rossi)
- ncora in attesa di un Gandhi palestinese? Lei/lui c’è già
- Alcuni Stati arabi temono che una rivolta palestinese possa far scoppiare un’altra primavera araba
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- Un tribunale israeliano conferma la sentenza per omicidio colposo, con condanna a 18 mesi nei confronti di Elor Azarya
- L’innamoramento di Israele per gli antisemiti ungheresi mette in luce l’orribile essenza del sionismo
***
haaretz.com
The second most common question asked of a
Palestinian-American (after "Where is Palestine?") is "Where is the
Palestinian Gandhi?"
Americans want to
know why Palestinians don’t employ nonviolent tactics to put an end to
their decades of oppression and the colonization of their land.
Of course, implicit
in such a question is the assumption, cultivated by media
representations of the 'angry Arab' and the nihilistic Muslim, as well
as by well-funded public advocacy campaigns involving lobby groups and
their associated 'think tanks' that portray the entire Middle East as a
seething hotbed of hate against the Christian West, that Palestinians
are genetically wired for violence.
The truth is that if a
Nobel Peace Prize were ever given to an entire people for the restraint
they’ve shown and the dogged determination to survive, persevere and to
build a better tomorrow despite systematic attempts to erase them - even
attempts to deny that they ever existed, a la Golda Meir - it would have to go to the Palestinian people.
For where is there
precedent for the imprisonment of 2.2 million people who have been
deliberately made food, water and energy-dependent for an entire decade,
while the narrative persists that it's all justifiable for Israel’s
"security," like Gaza's current suffering?
Where
is the precedent for seven million people to be denied their right to
return to the homes and property confiscated seven decades ago, simply
because they are the wrong religion, while new illegal settlements
furiously expand into the bit of land in the West Bank meant to form
part of their yet-to-be state?
Where
is the precedent states and bodies entrusted to uphold international
law and legality demanding from an occupied people more and more
concessions, and to negotiate in order to legitimate war crimes and to
normalize the occupier’s existence?
The truth is that
every little girl in the West Bank who crosses a checkpoint to get to
school is a Rosa Parks. Every prisoner who puts his life on the line for
weeks on end in a hunger strike to challenge his imprisonment and its
conditions is a Mandela, and every person living in Gaza today who
survives in the face of dehumanizing deprivation, is a Palestinian
Gandhi.
How many more
thousands of prayer rugs have to be unfurled on the streets of Jerusalem
before Palestinian nonviolent resistant is not just acknowledged but
supported and encouraged? How many more weekly Friday protests need to
take place in Bi’lin and other villages in the West Bank? How many peace tents need to be erected and torn down in Jerusalem and in the Naqab?
The real question, however, is not about quantifying the protests, it is about ensuring that others know about them.
Gandhi knew this.
Martin Luther King, Jr. knew this. And the Israeli government, AIPAC and
those interested in maintaining Israel’s hold over Palestinian land
know this. And that is why outrageous pieces of legislation like the anti-BDS Senate Bill 720 are circulating the halls of Congress. The bill, drafted with the participation of AIPAC,
would make it a crime punishable by up to 20 years in jail and a fine
of up to $ 1 million dollars to advocate for the use of nonviolent
economic tactics against Israel.
Can you imagine Rosa
Parks serving 20 years for organizing the boycott of segregated buses?
Or Martin Luther King Jr. forced to pay a million dollars for a boycott
of racist lunch counters?
It should be clear to
all of us that punishing freedom of expression in the service of ending
an injustice is wrong. When given the facts, Americans get it. And
slowly, but surely some members of Congress who initially co-sponsored
the bill in typical knee-jerk, where’s-the-pen deference to AIPAC, are
seeing the light, like Senator Gillibrand who when alerted by the ACLU
about the free speech concerns and constitutional infirmities of the
bill and called out by constituents at a town hall meeting, expressed
her willingness to rethink her support.
So while CNN and Fox
News may not be covering the hundreds and thousands of Palestinians who
have been praying in the streets of Jerusalem for the past week,
protesting Israel’s disguised attempt to exert its sovereignty over the
Haram Al Sharif, these overkill legislative attempts by the defenders of
Israel to end support for nonviolent resistance in the occupied
territories or abroad is shining football stadium spotlights on the
issues.
Activists across the
progressive movement are being made acutely aware of how their civil
liberties are being challenged in the service of protecting Israel’s
occupation over Palestinians. Similarly, when U.S. airlines implement
Israeli legislation preventing human rights defenders from traveling to Israel (including Jewish-Americans, one of whom is a rabbi), Americans see the connection between that and abhorrent travel bans being pursued by the Trump Administration.
Palestinians and
their supporters should hope (and pray in the streets) that Israel will
continue to reveal the nature of its oppression against them as they
continue to purse time-honored, nonviolent tactics to bring justice and
the rule of law back to a truer understanding of the causes of and
solutions to the Israel-Palestine conflict.
There is no more
powerful way to expose an injustice and to correct misperceptions
associated with that injustice than by the hand of the oppressor
himself. Rosa Parks, Dr. King and Gandhi knew this and so, too, do
Palestinians and those in solidarity with them.
Zaha Hassan is a
human rights lawyer and Middle East Fellow at New America, based in
Washington, DC. Formerly, she was the coordinator and senior legal
advisor to the Palestinian negotiating team.
“What
you witnessed this week when Israel took down the metal detectors was
nothing short of the triumph of nonviolence over the occupation.”
forward.com
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