Amira Hass :Gerusalemme unifica i musulmani attraverso la lotta
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zeitun.info
Amira Hass – 23 luglio 2017, Haaretz
Benché
alla maggioranza dei palestinesi non sia consentito visitare Al-Aqsa,
questo luogo sacro sta facendo quello che l’assedio di Gaza e
l’espansione delle colonie non riescono a fare: unirli.
Un
giovane laico della zona di Ramallah ha espresso il suo stupore per
come Gerusalemme ha unificato l’intero popolo palestinese ed ha
paragonato l’assalitore di venerdì notte ad Halamish [colonia israeliana
in cui un palestinese ha ucciso a coltellate tre coloni, ndt.], Omar al
Abed, al Saladino. Un paragone stupido, siamo tutti d’accordo. Eppure
il bisogno di tirare in ballo il Saladino racchiude tutta la difficoltà
tra i palestinesi in merito a quelli che percepiscono come i nuovi
crociati.
Questo
giovane non può andare a Gerusalemme est e nella Città Vecchia, che si
trova a meno di 30 km (circa 18 miglia) da casa sua, perché anche in
periodi normali Israele non concede permessi di ingresso “come quello” a
persone della sua età. E forse è tra coloro che considerano umiliante
dover chiedere un permesso di ingresso per andare in una città
palestinese. L’ultima volta che ha visitato [Gerusalemme] aveva 13 anni –
cioè circa 13 anni fa.
Quindi
questo giovane palestinese venerdì non ha sentito alcuni dei
predicatori parlare a Gerusalemme della loro discendenza da Saladino.
Poiché i palestinesi sono stati bloccati dal loro [dei religiosi
musulmani, ndt.] divieto di entrare ad Al-Aqsa attraverso i metal
detector israeliani, sedicenti predicatori hanno parlato a gruppi di
fedeli che si sono radunati nelle strade di Gerusalemme est e della
Città Vecchia, circondati dal personale della polizia di frontiera che
puntava contro di loro i lunghi fucili.
Uno
di questi predicatori ha detto che se non fosse stato per le posizioni e
le azioni di vari regimi stranieri nel passato e nel presente, gli
ebrei non avrebbero sconfitto i palestinesi. Poi ha fatto una pausa ed
ha aggiunto: “Se non fosse per l’Autorità Nazionale Palestinese,
collaborazionista, gli ebrei non avrebbero il sopravvento.” Ed ha anche
chiesto: “E’ possibile che oggi, in tutti gli eserciti musulmani del
mondo, nessuno possa generare un Saladino?” E allora ha promesso che
verrà il giorno in cui eserciti da Giacarta, da Istanbul e dal Cairo
arriveranno per liberare la Palestina, Gerusalemme e Al-Aqsa.
Un
altro predicatore ha fatto affermazioni simili a un turista turco prima
del sermone. Il contenuto e lo stile ricordavano il partito islamista
salafita Hizb El Tahrir: non c’è da sostenere una lotta armata contro
gli occupanti israeliani, ma una fede incrollabile nel giorno in cui il
mondo musulmano si mobiliterà e sconfiggerà i “crociati ebrei”.
Quando
il predicatore se n’è andato, solo in pochi si sono uniti all’appello
che metteva in guardia gli ebrei che “l’esercito di Maometto ritornerà” –
ma nessuno ha protestato contro la definizione dell’ANP come
“collaborazionista”. In ogni caso, le sue attività sono vietate a
Gerusalemme. Israele ha estromesso l’OLP (a cui l’ANP è in teoria
subordinata) da ogni ruolo di unificazione, culturale, sociale o
economico, che ha avuto fino al 2000. Un vuoto di potere come questo può
essere riempito solo da enti religiosi e da portavoce che possano dar
senso ad una vita piena di sofferenze. La coerente posizione dell’OLP e
dell’ANP, secondo cui questo non è un conflitto religioso e che ad
Israele non dovrebbe essere consentito di trasformarlo in tale, a
Gerusalemme non risulta molto convincente.
Dato
che la maggioranza dei palestinesi della Striscia di Gaza e della
Cisgiordania non può andare a Gerusalemme, la città – e soprattutto la
moschea di Al-Aqsa – è per loro un luogo astratto, un “concetto” o una
foto sul muro; non una realtà che conoscono concretamente. Ma questo
luogo astratto, Al-Aqsa, sta facendo quello che non riesce a fare
l’assedio di Gaza con i suoi 2 milioni di prigionieri, l’espansione
delle colonie e la confisca dei serbatoi di acqua e dei pannelli solari
alle comunità dell’Area C [in base agli accordi di Oslo, la parte della
Cisgiordania temporaneamente sotto totale controllo israeliano, ndt.]:
li sta unificando. Il discorso anti-colonialista, che è essenzialmente
nazionalista, politico e laico, è canalizzato dai post di Facebook,
dagli articoli eruditi che non raggiungono il grande pubblico e da vuoti
slogan pronunciati da leader, il cui periodo di leadership e di governo
è ormai da tempo scaduto.
In
altre parole, il discorso e la vecchia dirigenza nazionalisti oggi non
sono più considerati importanti. Al contrario, Al-Aqsa riesce a creare
un’opposizione popolare di massa al dominio straniero da parte di
Israele – e ciò scatena l’immaginazione e l’ispirazione delle masse di
altri che non possono andare a Gerusalemme. Non solo persone non
credenti si sono recate ai luoghi di preghiera a Gerusalemme il venerdì
per stare con il proprio popolo. Anche numerosi palestinesi cristiani si
sono uniti ai fedeli musulmani ed hanno pregato, a modo loro, verso
Al-Aqsa e la Mecca.
Ovviamente,
si tratta in primo luogo della forza del credo religioso. Più profonda è
la fede, maggiore è lo sfregio alle sue componenti sacre. Il fatto che
Al-Aqsa sia un luogo per tutti i musulmani è un elemento che le
attribuisce maggiore importanza. Ma non si tratta solo di quello:
Gerusalemme ha la maggior concentrazione di palestinesi che si trovano a
diretto contatto con il potere straniero di Israele, con tutto quello
che ciò rappresenta in termini di negazione dei loro diritti e di
umiliazione per loro. Non hanno bisogno di “luoghi simbolici”
dell’occupazione, come i posti di controllo militari, per ricordarsi
dell’occupazione o esprimere la loro rabbia. E la spianata di Al-Aqsa,
da parte sua, è il luogo in cui la maggior parte dei gerosolimitani si
possono riunire in un unico posto per sentirsi parte di una
collettività. E dal momento in cui questo diritto di riunirsi gli viene
tolto, protestano come un sol uomo – il che ricorda anche agli altri
palestinesi che sono tutti uno solo, e stanno soffrendo per lo stesso
dominio straniero.
Ma
questa stessa opinione pubblica unificata non può più esprimere la
propria unità in azioni collettive. E’ chiusa e tagliata fuori
all’interno di enclave sovrane, e divisa in classi sociali con
differenze sociali, economiche ed emotive sempre più grandi. La via
verso il luoghi simbolici dell’occupazione, che circondano ogni enclave,
è bloccata dalle forze di sicurezza palestinesi come dall’adattamento
alla vita all’interno dell’enclave.
Questa
è la base politica e reale della continua presenza di assalitori
solitari, che non fanno riferimento all’origine delle loro azioni: prima
di tutto, l’intollerabile prosecuzione dell’occupazione; poi la
suggestione di Al-Aqsa come un luogo che unifica, religiosamente e
socialmente; la dirigenza deludente, indebolita e debole; la volontà di
morire che è una miscela di fede nel paradiso e di disperazione nei
confronti della vita.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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