Sciopero della fame detenuti palestinesi: Al Hussein (Onu), “seria preoccupazione. Israele rispetti i diritti umani dei prigionieri”
agensir.it
“Seria preoccupazione” è stata espressa ieri dall’Alto Commissario
delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein, per lo
sciopero della fame condotto in massa dai detenuti palestinesi nella
carceri israeliane e giunto, oggi, al 39° giorno “senza che si sia
trovata una soluzione e con la salute dei manifestanti che va
deteriorandosi in modo significativo”. In una nota l’Alto Commissario
ricorda che “secondo i vari report l’Israel Prison Service ha portato in
ospedale almeno 60 prigionieri in sciopero della fame a causa del
peggioramento delle loro condizioni sanitarie, mentre altri 592
sarebbero stati di recente condotti nelle infermerie delle carceri per
osservazione”.
Al Hussein si dice “particolarmente allarmato dai
rapporti relativi a misure punitive poste in essere dalle autorità di
Israele contro gli scioperanti, incluse le restrizioni di accesso agli
avvocati e il permesso di visita negato alle famiglie. Il diritto dei
detenuti ad avere accesso ad un avvocato è una protezione fondamentale
nella legge internazionale dei diritti umani che non dovrebbe mai venire
meno”.
Nella nota l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti
umani ricorda anche come “la pratica israeliana di detenzione
amministrativa è in violazione delle garanzie fondamentali dell’articolo
9 del Patto internazionale sui diritti civili e politici. L’uso diffuso
della detenzione amministrativa, con centinaia di persone detenute ogni
anno, solleva anche preoccupazioni relative fatto che Israele non
rispetti il principio della natura eccezionale della detenzione
amministrativa ai sensi del diritto internazionale umanitario. Nel 2000
Israele ha riferito di aver tenuto 12 palestinesi in detenzione
amministrativa. Oggi questa cifra è salita a circa 500 prigionieri
palestinesi detenuti senza accusa o processo in detenzione
amministrativa”.
Per l’Alto Commissario Zeid “Vari organismi
internazionali hanno più volte invitato Israele a porre fine alla
pratica di detenzione amministrativa. Questi detenuti dovrebbero essere
accusati di un reato e giudicati secondo gli standard internazionali, o
liberati immediatamente”.
Lo sciopero “per la Libertà e la Dignità”, come è stato definito dal
suo promotore Marwan Barghouthi, leader di Al-Fatah in carcere da 15
anni, vede l’adesione, secondo quanto riferito dall’Ambasciata di
Palestina in Italia, di circa 1.800 detenuti, su un totale di 6.500, di
diverse carceri, Ashkelon, Nafha, Ramon, Hadarim, Gilboa e Beersheba.
Tra le richieste dei detenuti alle Autorità carcerarie d’Israele
“l’istallazione di telefoni pubblici per i detenuti palestinesi in
ciascuna prigione e sezione, affinché possano comunicare con le loro
famiglie”; “la regolarità delle visite ogni due settimane senza ostacoli
da nessuna parte”; “i permessi ai detenuti di fare fotografie con le
famiglie ogni tre mesi”; “l’aumento della durata della visita da 45
minuti a un’ora e mezza”; il permesso di “visitare i detenuti a figli e
nipoti sotto ai 16 anni di età”. Richieste sono state inoltrate anche
per la salute.
Tra queste “esami medici periodici, possibilità di essere
assistiti da medici specializzati provenienti da fuori del carcere;
rilascio dei detenuti ammalati, e in particolare di coloro che sono
disabili o affetti da mali incurabili”.
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