Amira Hass : Lo sciopero della fame palestinese è rivolto oltre le carceri
- Come i palestinesi che fanno lo sciopero della fame contrastano il monopolio della violenza di Israele
- Lo sciopero della fame palestinese è rivolto oltre le carceri
- Le donne palestinesi si uniscono allo sciopero della fame, gli avvocati dichiarano il boicottaggio dei tribunali israeliani
- Marwan Barghouthi dalla prigione di Hadarim
- Israele nelle tenebre.
Amira Hass – 19 aprile 2017, Haaretz
Lo
sciopero della fame da parte dei detenuti palestinesi è un mezzo di
liberazione dagli effetti distruttivi delle tante celle che esistono
all’esterno.
Lo
sciopero della fame dei detenuti palestinesi, iniziato e guidato da
Marwan Barghouti, ha un potenziale sovversivo rigenerante e non
necessariamente contro il servizio carcerario israeliano. Come dicono
parecchi rappresentanti dei carcerati fuori dalle prigioni, non si
tratta di uno sciopero conflittuale o ideologico. Si tratta di diritti
umani fondamentali che spettano persino ai prigionieri, persino a quelli
che sono membri dell’’altra nazione.
Fornire
loro un telefono pubblico, e farla finita con le guardie carcerarie che
fanno molti soldi con il contrabbando di cellulari. Permettere loro di
incontrasi con le famiglie senza affrontare il continuo iter angoscioso
per ottenere un permesso una volta l’anno. Prolungate le visite e
vedrete quale impatto positivo avrà sulla situazione. Quello che stanno
cercando di dire i detenuti al servizio carcerario ed all’opinione
pubblica israeliani è che entrambe le parti hanno interesse che le
prigioni conservino un certo livello di decenza.
L’effettivo
livello di sovversione è interno. Si può osservare nello sciopero un
tentativo di fare in modo che i palestinesi si scuotano di dosso il loro
fatalismo e la loro passività alla luce della sempre più potente
ostilità di Israele e di far uscire i loro litigiosi dirigenti
dall’acquiescenza nei confronti dello status quo e dalla loro illusione
di sovranità.
Non
è una cosa da poco nell’era della privatizzazione. Cosa sono gli
scioperi della fame dei singoli se non una privatizzazione della lotta?
Cosa sono gli attacchi all’arma bianca, le minacce con un coltello e gli
investimenti con le auto se non la privatizzazione di una rivolta (o
utilizzarla per sfuggire a problemi e frustrazioni personali e
familiari, e persino per morire)? Gli scioperi della fame individuali di
detenuti amministrativi [cioè senza un’imputazione, ndt] sono stati un
peso per le organizzazioni di appoggio ai prigionieri, ma questi gruppi
sono stati travolti dalla preoccupazione naturale per il benessere dei
detenuti, ed hanno investito negli scioperi moltissimo tempo e
discussioni che non hanno portato da nessuna parte. L’uso troppo
frequente di scioperi della fame individuali li ha completamente usurati
come strumento di mobilitazione, di impatto o di cambiamento.
La
carcerazione di palestinesi è una politica pianificata di Israele. Ma,
oltre alle prigioni normali, Israele ha creato e continua a creare ogni
genere di altri mezzi per tener prigionieri i palestinesi. Questa, in
fin dei conti, è la descrizione sintetica del vero processo di Oslo, non
quello riflesso nelle promesse altisonanti. Agglomerati ed ancora
agglomerati di carceri in mezzo a noi, e tutti noi – ebrei israeliani –
siamo i secondini. Quindi l’esperienza della carcerazione, che si tratti
di una prigione formale o di altro genere, è condivisa da tutti i
palestinesi.
Ma
con la frammentazione dello spazio dei palestinesi – utilizzando
collaudati trucchi colonialisti che Israele ha aggiornato e raffinato, e
a cui ha aggiunto un sacco di faccia tosta – ha creato decine di
meccanismi diversi di incarcerazione, di unità geo-sociali con diversi
livelli di mancanza di libertà e asfissia. Il culmine è naturalmente
Gaza, dove due milioni di persone stanno scontando l’ergastolo. Ma anche
nelle altre parti del Paese (compreso il territorio sovrano di
Israele), i muri in cui sono imprigionati i palestinesi variano: norme
burocratiche che cambiano continuamente, crescente discriminazione, Area
C, arroganza, coloni violenti, un divieto di passaggio attraverso il
ponte di Allenby [tra la Cisgiordania e la Giordania, ndt], umiliazioni
all’aeroporto Ben Gurion, ecc.
Questa
frantumazione in dozzine di unità carcerarie ha creato diversi livelli
di coscienza tra le persone imprigionate in ognuna di esse, a seconda
del livello di soffocamento e detenzione. Quelli per i quali il livello
di incarcerazione è minore (libertà di viaggiare all’estero ma non a
Gerusalemme, solo metà della terra del villaggio è stata rubata, il filo
spinato e la base militare si trovano a un chilometro dalla loro casa
invece che a mezzo chilometro) hanno un’ esperienza diversa del
secondino israeliano rispetto ad una donna che vive nel quartiere di Tel
Rumeida a Hebron, che è tagliata fuori dal mondo a 300 metri da casa
sua. I dirigenti ufficiali, guarda caso, hanno esperienza del minor
grado di detenzione. Il grado di urgenza per cambiare la situazione è
diverso da una prigione all’altra.
Lo
sciopero della fame è un mezzo di liberazione dagli effetti distruttivi
delle molteplici celle carcerarie che esistono fuori. La sua sfida è la
costruzione di una collettività di prigionieri come un’entità che
definisca il programma palestinese, un’entità che veda i palestinesi
fuori dalle prigioni come una collettività smembrata e frammentata che
deve essere riunificata.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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