Yitzhar colonia in guerra con tutti. di Foschi Luca.

Yitzhar : il cuore dell'estremismo ebraico contro lo stato

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Quella linea azzurra è il mare. Salendo in cima poi si vedono anche Haifa e Tel Aviv. È un luogo meraviglioso, e sereno. Ecco perché siamo qui», dice Ido Elba arrestando per un attimo il passo. Il vecchio rabbino è in visita da Barakha, una manciata di costruzioni bianche allineate sulla sommità della collina prospiciente, tersa nel vuoto della vallata che separa le due colonie. Yitzhar si trova a pochi chilometri dall'asse che unisce Nablus e Ramallah. Una pattuglia dell'esercito israeliano sorveglia l'incrocio dove l'asfalto si solleva per serpeggiare fra macchie di ulivi e vigne, sparsi sul pendio fra la vegetazione bassa e la roccia nuda. «Io lavoro sui testi sacri, non sono molto aggiornato. Ma sicuramente Donald Trump è un amico degli ebrei, non come quell'altro», spiega Elba. Non è stato facile trovare una guida a Yitzhar, insediamento di 1.400 anime finanziato dalla famiglia di Jared Kushner, genero del nuovo presidente americano e probabile delegato per il Medio Oriente. Solo vento e silenzio fra le strade vuote, le costruzioni spartane e le automobili ammaccate. Nessuno desidera parlare. Le uniche voci sono nel cinguettio dei bambini, usciti in cortile per la prima giornata di sole. Dalla fine degli anni '90 l'insediamento è diventato uno dei simboli ebraici in Cisgiordania, casa ormai per più di 400.000 coloni. Gli abitanti di Yitzhar sono impegnati in una continua guerriglia con la popolazione palestinese dei villaggi circostanti. Luoghi religiosi e abitazioni sono stati dati alle fiamme, i campi devastati e le persone aggredite con sassi, coltelli e armi da fuoco. Da parte israeliana il principio guida delle incursioni è quello della "mutua responsabilità" (price-tag policy): a qualunque azione percepita come contraria alla strategia coloniale segue una replica violenta, subita indifferentemente da palestinesi, israeliani moderati o soldati e poliziotti costretti ad applicare la legge. II maggior numero di incidenti si attribuisce a un gruppo di giovani legati alla scuola ebraica Od Yosef Chai, ampio cubo di mattoni rossi poggiato su un costone che domina la vallata. «Non possiamo fare affidamento sull'esercito israeliano. Due chilometri mi dividono dal villaggio di Huwwarah, dove nelle moschee s'inneggia alla nostra morte. La miglior difesa è l'attacco, perché non dovrei difendermi?», chiedeYishul, giovane teologo della Od Yosef Chai, emerso dagli studenti sparpagliati nella scuola, i banchi al centro e le alte pareti ricoperte di testi sacri. Yishul è arrivato in compagnia di Yosef Elitzur-Hershkowitz, co-autore insieme al rabbino Yitzhak Shapira del libro "La Torah del re", dove fra le possibilità del conflitto esiste anche l'uccisione dei bambini del partito gentile avversario. Dopo una breve discussione in ebraico, Elitzur lascia a Yishul il compito di parlare con noi. «È bello sentire che qualcuno riesce a superare i soliti schemi — dice —, anche se forse nemmeno Trump sa esattamente cosa pensa. Così come il consigliere Bannon, e i suoi chiacchierati sentimenti antisemiti. I palestinesi devono capire che non avranno mai uno Stato. L'ultima risoluzione dell'Onu, che dichiara illegali le colonie post '67, è ridicola. I palestinesi devono vivere secondo il principio del "Ger toshav", i sette punti da rispettare per i gentili. Devono abbandonare il terrorismo, cominciare a comportarsi da esseri umani. O trasferirsi in uno dei tanti Paesi arabi». Nella piccola stanza si affacciano incuriositi gli allievi adolescenti. Una chitarra allegra suona in lontananza. «Non so se avrebbero diritto di voto. Per questo aspetterei che Israele diventasse davvero uno Stato ebraico. Netanyahu è solo un mercante. Ho le mie preferenze nel governo, ma non penso nessuno abbia una soluzione precisa. Siamo qua per restare, ogni Paese attraversa nella sua storia un periodo conflittuale con i territori circostanti. Il mondo aveva bisogno di Israele, luce delle nazioni. Chiunque voglia unirsi è il benvenuto».

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