Netanyahu mette in relazione l’attacco di Gerusalemme con l’ISIS. I media israeliani lo smascherano
Netanyahu mette in relazione l’attacco di…
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Middle East Eye Redazione di MEE – 10 gennaio 2017
I
giornalisti israeliani affermano che è l’occupazione della terra
palestinese che sta guidando gli attacchi terroristici e che Israele non
è la Francia o la Germania
Alcuni
commentatori israeliani hanno condannato duramente Benjamin Netanyahu
per aver messo in relazione con lo Stato Islamico un attacco a
Gerusalemme, sostenendo che il primo ministro sta diffondendo una
narrazione per inserire Israele nell’ondata di attacchi in Occidente e
distogliendo l’attenzione dall’occupazione della terra palestinese.
Sabato
un palestinese, Fadi al-Qunbar, ha lanciato un camion in mezzo a un
gruppo di soldati israeliani nei pressi della Città Vecchia, uccidendone
quattro. Subito dopo, Netanyahu ha affermato: “Conosciamo l’identità
dell’aggressore, che, in base a tutti gli indizi, era un sostenitore
dell’IS.”
Ma,
scrivendo sul “Times of Israel” [giornale on line che si definisce
“apolitico”. Ndtr.], l’esperto Avi Issacharoff afferma che non è “ancora
chiaro cosa o chi lo abbia spinto a mettere in atto l’attacco” e che
“non ci sono chiari indizi” che provino l’affermazione di Netanyahu.
“E’
possibile che la dichiarazione di Netanyahu possa spingere l’IS ha
dichiarare la propria responsabilità per l’attacco, ma è dubbio se ci
sia un qualche rapporto diretto tra il gruppo e Qunbar.”
“L’affermazione,
comunque, è utile all’argomentazione di Netanyahu nei confronti
dell’Occidente secondo cui “Lo Stato Islamico è qui”, e a quella del
gruppo di avere una presenza nella “Palestina occupata”, sostiene.
Issacharoff avanza un’altra teoria: “Per il momento, pare che Qunbar abbia agito in base allo stesso modus operandi
che abbiamo visto in precedenza a Gerusalemme: un terrorista senza
un’affiliazione organizzativa, ispirato dai media informativi, da una
moschea o dalle reti sociali, che ha condotto un attacco senza
assistenza esterna.”
“In seguito, le organizzazioni terroristiche lo rivendicano come uno di loro per cavalcare l’onda del suo ‘successo’.”
Afferma
che la “chiave della tensione” che guida questi attacchi non è la
presunta presenza dell’IS, ma “la mancanza di qualunque prospettiva
diplomatica, la costante frustrazione nei confronti dell’Autorità
Nazionale Palestinese, l’odio verso Israele e i continui massicci
incitamenti sulle reti sociali.”
“Tutto
ciò crea un’atmosfera tesa, permeata di odio, che può portare in
qualunque momento a ulteriori attacchi ‘spontanei'”, sostiene.
Su
Haaretz, sotto il titolo “la teoria di un attacco dell’ISIS sta bene a
Netanyahu, ma Gerusalemme non è Berlino”, l’editorialista Nir Hasson
scrive: “Per quanto riguarda il primo ministro…la teoria dell’ISIS si
addice al messaggio che cerca di diffondere – cioè che Gerusalemme, come
Berlino e Nizza, è solo un’altra città occidentale che affronta un
terrorismo brutale, irriducibile, messo in atto da membri dell’islamismo
internazionale.”
“In
base a questo messaggio, questa forza del male assoluto non ha
motivazioni né ragioni e non ha niente a che vedere con l’occupazione o
con qualunque altra politica israeliana.”
“Gerusalemme
non è Nizza, Nizza non ha il 40% dei suoi abitanti che vivono senza
diritti civili, sotto occupazione e in condizioni di vita umilianti.”
“A
Nizza il primo ministro non annuncia la chiusura di un quartiere che
ospita decine di migliaia di persone solo perché uno di loro è un
terrorista.”
“Anche
se l’attacco di domenica fosse stato ispirato dall’ISIS, ha comunque
avuto origine a Gerusalemme ed è parte di un’infinita serie di attacchi
di cui la città ha sofferto negli ultimi due anni e mezzo.”
Aggiunge che ogni potenziale spostamento dell’ambasciata USA a Gerusalemme potrebbe solo gettare benzina sul fuoco.
“Non
lontano dalla scena dell’attacco mortale c’è il luogo candidato ad
ospitare la nuova ambasciata USA a Gerusalemme. Mentre il 20 gennaio
[data dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca. Ndtr.] si avvicina,
lo stesso avviene con la possibilità che l’ambasciata venga spostata
lì,” afferma.
“Una simile iniziativa potrebbe benissimo aggiungere benzina sul fuoco che sta bruciando in città da oltre due anni e mezzo.”
Dan
Cohen, un altro giornalista ebreo, su Twitter critica i media
occidentali che ripetono pappagallescamente la narrazione di Netanyahu e
sostiene che il primo ministro sta cercando di utilizzare l’attacco per
promuovere politiche repressive contro i palestinesi.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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