Jack Khoury Le pazienti di Gaza[malate]di cancro: il divieto israeliano di lasciarci entrare per curarci è “una condanna a morte” – Zeitun
Le
pazienti di Gaza definiscono il divieto e i ritardi che impediscono
loro di accedere alle cure mediche in Israele e in Cisgiordania“ una condanna a morte premeditata ”
Decine di donne malate di cancro
nella Striscia di Gaza hanno reso pubblica una protesta contro il
rifiuto di Israele di farle entrare nel Paese per curarsi. Le donne
affermano che gli impedimenti o i ritardi per essere curate sono “una
condanna a morte premeditata”.
Questa è la prima protesta di
pazienti gazawi contro il divieto israeliano di curarsi fuori dalla
Striscia di Gaza organizzata da quando, nel 2006, è iniziata la chiusura
dell’enclave. Le donne dicono che la protesta è la conseguenza di un
forte aumento di malati, in particolare quelli di cancro, che non
possono uscire da Gaza per curarsi in Israele, a Gerusalemme Est o in
Cisgiordania dopo anni in cui ciò era consentito.
La protesta è guidata da Iman Shanan
di 47 anni, a cui nel 1999 è stato diagnosticato un cancro al seno e le
cui condizioni da allora sono migliorate grazie alla cura. Recentemente
nel timore di una recrudescenza del male, è stata indirizzata
all’ospedale Assuta di Tel Aviv per degli esami per individuare cellule
cancerogene.
Per tre volte ha chiesto di andare
all’ospedale [a fare] gli esami, ma ogni volta la sua richiesta è stata
respinta. Shanan, che è a capo dell’ONG “Programma di aiuto e speranza
per l’assistenza ai malati di cancro a Gaza”, ha riferito a Haaretz che
l’iniziativa della protesta è partita dopo la richiesta di numerose
donne per le quali il divieto di curarsi fuori da Gaza ha significato
letteralmente una condanna a morte.
Shanan
dice che il numero di rifiuti di lasciare Gaza per cure mediche è
drammaticamente aumentato, per motivi definiti da Israele problemi di
sicurezza.
Nelle ultime due settimane le donne
hanno manifestato due volte davanti agli uffici della Croce Rossa e alla
sede di Gaza degli uffici del Comitato di affari amministrativi
palestinesi, che coordina con le autorità israeliane le partenze dei
malati dalla Striscia. Nelle due proteste le donne portavano cartelli in
cui chiedevano un permesso per andare a curarsi in Cisgiordania e in
Israele. Hanno anche attuato per un giorno uno sciopero della fame .
Una delle manifestanti, la 27enne
Majar Naizi, anche lei un tempo malata di tumore al seno, è stata
indirizzata all’Assuta per esami al fine di localizzare cellule
cancerogene. Ha subito cure a Gerusalemme Est nel 2014 e nel 2015, ma la
sua richiesta di uscire per degli esami programmati per il 1 novembre
[2016] è stata respinta.
“La mia salute peggiora e devo capire
come andare avanti”, ha detto questa settimana. “Non posso assumere
medicine senza conoscere le mie condizioni, i medici stanno pensando di
prescrivermi le medicine senza che io abbia fatto gli esami per il fatto
che non posso avere il permesso per farli, ma ciò potrebbe procurarmi
gravi conseguenze”.
Sausen Kadih, di 49 anni, a cui è
stato diagnosticato un tumore al cervello lo scorso giugno, in un primo
tempo è stata autorizzata a curarsi in un ospedale di Ramallah, ma
nell’ultimo mese i permessi non sono stati concessi e la sua domanda è
stata respinta. L’esercito israeliano non ha risposto alle sue richieste
di rispettare le visite previste.
Sihan al-Tatri di 53 anni, soffre di
leucemia linfatica e deve sottoporsi alla chemioterapia una volta ogni
tre settimane all’Ospedale Vittoria Augusta di Gerusalemme Est. Tatri è
entrata in Israele due volte e ha fatto il trattamento, ma, nel momento
in cui ha cercato di fare il terzo, le è stato negato l’ingresso. La sua
domanda è “sotto esame” e [nel frattempo] ha già perso due appuntamenti
per la cura. Il prossimo è fissato per lunedì [9 gennaio].
“A causa del ritardo nella cura, mi
sento debole e devo ricominciare tutto da capo” ha detto. “Se non mi
danno il permesso mi stanno condannando a morte. Quale Paese può
acconsentire che noi moriamo perché non abbiamo avuto il diritto a
curarci?
L’ONG “Medici per i Diritti Umani
(PHR)”, che aiuta i malati di Gaza ad ottenere il permesso per uscire
dalla Striscia di Gaza e curarsi, sostiene che lo scorso anno il numero
dei dinieghi del permesso ai malati per andare a curarsi è aumentato del
44%. L’ONG afferma che nel 2016 sono state respinte 69 domande,
rispetto alle 48 del 2015 e alle 23 del 2014.
L’ONG PHR ha chiesto al coordinatore
dell’attività di governo nei territori occupati (COGAT) di permettere ad
alcuni malati di partire da Gaza per curarsi. Il COGAT ha risposto che,
per quanto riguarda Gaza, la politica di Israele verso i civili non
cambia e che centinaia di persone entrano in Israele attraverso il
checkpoint di Erez per ricevere cure mediche in Israele, in Cisgiordania
e all’estero, e che il loro numero negli ultimi anni è persino
aumentato.
(traduzione di Carlo Tagliacozzo)
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