Giorgio Bernardelli :Shahad, Loubna e i morti sauditi di Istanbul - Mondo e Missione
Sette
delle trentanove vittime della strage di Capodanno erano saudite. E ben
quattro erano donne. Ma il loro Paese è il primo a parlarne il…
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Sette delle trentanove vittime della strage di Capodanno erano saudite. E ben quattro erano donne. Ma il loro Paese è il primo a parlarne il meno possibile
Che cosa succede in ogni Paese quando un proprio connazionale rimane vittima di una strage da qualche parte nel mondo? I notiziari ricostruiscono le loro storie, si moltiplicano le attestazioni di vicinanza alle famiglie, il governo organizza un omaggio pubblico in occasione del rimpatrio delle salme. Ecco, basta scorrere in questi giorni i principali siti di informazione in lingua inglese dell’Arabia Saudita per acorgersi che non è eesattamente quanto sta accadendo a Riyad all’indomani della strage di Capodanno a Istanbul. E questo nonostante ben 7 delle 39 vitttime del Reina fossero saudite.
Sui media ufficiali è palpabile la reticenza a parlare dei connazionali che si trovavano in un locale sul Bosforo a festeggiare il Capodanno occidentale. Mentre sui social network tra sauditi impazza la discussione se il Reina sia da considerare un empio nightclub o un semplice ristorante. A scanso di equivoci – intanto – re Salman, nel messaggio inviato a Erdogan all’indomani della strage, si guarda bene dal citare la presenza di sette sauditi tra le vittime.
Invece approfondire un po’ le loro storie
sarebbe quanto mai utile. Innanzi tutto si scoprirebbe che ben quattro
delle sette vittime erano donne. Tra loro – per esempio – c’era Shadad,
la ragazza nella foto che accompagna quest’articolo. Una giovane
avvocato di ventisei anni che nelle scarnissime notizie raccolte da al
Arabiya tra i suoi amici sui social network ci viene descritta come
“impegnata per i diritti degli oppressi”. Shadad con due sorelle
maggiori che negli Stati Uniti e in Francia stanno conseguendo master e
dottorati. E che pochi minuti prima di morire scriveva su Snapchat al
fratello che “presto ci impegneremo in un nuovo inizio”.
Shadad. E insieme a lei – in quella notte
maledetta di Istanbul – anche Loubna, anche lei giovane donna in
carriera in una grande azienda di Jedda. E poi i gemelli inseparabili
Ahmed e Mohamed Fadhl, imprenditori, che nella fotografia scovata sui
social indossano una polo all’ultima moda.
Istantanee di un’Arabia Saudita ben diversa
da quella propugnata dai predicatori wahhabiti. Tendenzialmente
nascosta come qualcosa di scandaloso in queste ore. Sono la generazione
che svela le contraddizioni dell’Arabia Saudita. Ma anche quella che
oggi, nel disastro che su ogni fronte Riyad sta vivendo, potrebbe
finalmente aprire gli occhi. Che sia proprio per questo che questi sette
morti in Arabia Saudita fanno così paura?
Medio Oriente
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