Gideon Levy: State attenti, giardinieri e commesse di Gaza
Il calvario di un onesto appaltatore di un’agenzia delle Nazioni Unite dimostra il potere che Israele esercita su chiunque a Gaza. La colpa è solo di Hamas
Amira Hass, 11 gennaio 2017 Haaretz
Waheed
al-Bursh, un appaltatore del Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite,
tornerà a casa sua nella Striscia di Gaza giovedì, sette mesi dopo
essere stato arrestato al checkpoint di Erez. E’ una sconfitta per il
servizio di sicurezza dello Shin Bet, che ha tentato di incastrarlo con
una serie di accuse di aver aiutato Hamas per anni.
E’
una situazione inbarazzante anche per l’accusa, che è uscita
dall’immagine in cui lo Shin Bet l’ aveva dipinta ed ha raggiunto un
patteggiamento con l’avvocato di Bursh, Lea Tsemel. Ed è un tacito
ammonimento di come i media israeliani, che in agosto hanno
tranquillamente pubblicato falsi rapporti basati su informazioni
distorte, hanno condannato Bursh senza processo come terrorista o
attivista di Hamas infiltrato nell’agenzia dell’ONU.
17
giorni di interrogatori da parte dello Shin Bet, interrogatori da parte
della polizia, quattro o cinque giorni in una cella con degli
informatori, collaboratori che si spacciavano per prigionieri per
ragioni di sicurezza – nulla di tutto ciò ha potuto provare il giudizio
emesso dallo Shin Bet e dai media.
Di
tutte le accuse di “contatto con un agente straniero”, “aver fornito
servizi ad un’organizzazione illegale” e “uso di materiale
terroristico”, l’accusa ne ha mantenuta solo una: la seconda. Mercoledì
scorso Bursh è stato condannato in base ad essa.
Il
giudice Aharon Mishnayot della Corte distrettuale di Be’er Sheva ha
detto che si trattava di un’accusa grave e lo stesso ha detto il
rappresentante dell’accusa del distretto meridionale, Shuli Rothschild.
Hanno dovuto dirlo per giustificare il clamore che ha preceduto il
processo. Ma la sentenza, con pena già scontata, afferma il contrario:
non è grave.
Allora
di che cosa si trattava? Uno dei compiti del Programma di Sviluppo
delle Nazioni Unite è di rimuovere e sistemare le macerie prodotte dai
bombardamenti di Israele a Gaza nell’estate 2014 (un totale di circa 2
milioni di tonnellate). Bursh era responsabile del trasporto di questi
detriti in luoghi predisposti dal Ministero dei Lavori Pubblici del
governo di riconciliazione di Ramallah. All’inizio del 2015 gli venne
richiesto da funzionari di quel ministero nella Striscia di trasportare
parte delle macerie in un sito nel nord di Gaza.
Bursh
spiegò che una tale richiesta doveva pervenire attraverso canali
ufficiali e che lui non poteva decidere. Allora dal ministero di
Ramallah arrivò una richiesta ufficiale al Programma di Sviluppo ONU di
trasportare le macerie al porto peschiero a nord di Gaza, per evitare
l’arretramento del litorale.
Bursh
trasportò circa 300 tonnellate, che un anno dopo, appena prima del suo
arresto nel luglio 2016, erano ancora ammassate lungo la strada. Lui non
sapeva che Hamas intendeva chiudere quella parte della spiaggia.
Come
molti funzionari nei ministeri del governo a Gaza, i due ufficiali del
Ministero dei Lavori Pubblici che contattarono Bursh erano uomini di
Hamas e noti membri della sua ala militare. Bursh è stato condannato per
aver omesso di riferire ai suoi superiori che erano questi i due
funzionari che lo avevano contattato, “chiudendo gli occhi sul favore
che ciò costituiva per l’ala militare di Hamas”, come ha scritto
Mishnayot.
Il
giudice, un ex presidente della corte d’appello militare e residente
della colonia di Efrat, avrebbe anche dovuto scrivere che il Programma
di Sviluppo ed altre agenzie dell’ONU stanno fornendo un grande servizio
ad Israele. Nelle impossibili condizioni di divieti e restrizioni
imposte da Israele, queste agenzie evitano un disastro umanitario ancor
peggiore a Gaza.
Israele
ha definito Hamas un’organizzazione illegale. A Gaza Hamas è il governo
de facto, che deve anche fornire servizi alla popolazione, e lo sta
facendo. Attivisti delle componenti civile e militare di Hamas sono
stati inseriti in diverse funzioni del settore pubblico.
Bursh
aveva tutte le ragioni per credere che gli uomini che lo avevano
contattato lo avevano fatto nel loro ruolo di funzionari del Ministero
dei Lavori Pubblici. Li ha considerati canali ufficiali – che Israele
controlla. Questo gli è costato lo sconvolgimento della sua vita, sette
mesi di prigione, duri interrogatori, danni alla sua salute, la
separazione dalla sua famiglia e la preoccupazione per il suo futuro
professionale e finanziario.
Quale è
il messaggio? Quando vuole, Israele può condannare e distruggere la
vita di qualunque giardiniere nel comune di Gaza, di ogni commessa di un
negozio di abbigliamento o di qualunque venditore di falafel. La
motivazione? “Fornire dei servizi ad un’organizzazione illegale.”
(Traduzione di Cristiana Cavagna)
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