Barak Ravid :Il discorso di Kerry è stato magnificamente sionista, a favore di Israele e in ritardo di tre anni
Nota
redazionale: il presente articolo rappresenta posizioni che non
corrispondono alle opinioni condivise da Zeitun, in quanto, come afferma
lo stesso Barak
Ravid fin dal titolo, Kerry ha confermato la sua adesione alla logica
sionista. Quindi gli aspetti che il giornalista ritiene positivi dal
nostro punto di vista non lo sono affatto. Inoltre è evidente che le
responsabilità di un mancato accordo tra le parti non può ricadere
equamente su Netanyahu e Abu Mazen, data l’enorme differenza di potere
tra i due ed il fatto che il mediatore, in questo caso Kerry, si è
sempre dimostrato acquiescente rispetto all’espansione delle colonie
israeliane nei Territori occupati. Lo status quo in realtà ha
rappresentato la continuazione dei cambiamenti sul terreno imposti da
Israele.
Anzi, nessun presidente e nessun segretario di Stato statunitensi sono
stati sbeffeggiati come Obama e Kerry da un governo israeliano, senza
che ciò abbia provocato serie reazioni da parte della superpotenza.
Nonostante
queste ed altre obiezioni riteniamo utile tradurre questo articolo in
quanto smentisce le informazioni e le interpretazioni del discorso di
Kerry circolate sui nostri media, che, facendo eco alle proteste di
Netanyahu e dei suoi ministri e diplomatici, hanno sostenuto che si è
trattato di un duro attacco contro Israele.
Barak Ravid – 29 dicembre 2016,Haaretz
Se lo avesse messo sul tavolo [delle trattative] nel 2014, lo schema presentato da Kerry avrebbe potuto spingere Israele ed i palestinesi ad un accordo. Ma le risposte ipocrite di Netanyahu e Abbas hanno dimostrato perché i suoi sforzi per la pace sono falliti | Analisi
Il
segretario di Stato USA John Kerry ha scelto di dedicare la maggior
parte del suo discorso ai suoi personali legami con Israele fin dalla
sua prima visita quando era un giovane senatore 30 anni fa. Ha detto di
essere salito a Masada, di aver nuotato nel Mar Morto, di essere andato
da un sito biblico all’altro, di aver visto le atrocità dell’Olocausto
allo Yad Vashem e ha persino parlato di come guidò un aereo
dell’aviazione militare su Israele per comprendere le sue necessità in
materia di sicurezza.
Non
ci sono molti altri politici americani che conoscano Israele quanto
John Kerry. Non c’è un solo politico americano in carica che abbia
scavato quanto Kerry così in profondità nel conflitto
israelo-palestinese e lo abbia studiato e tentato di risolverlo. Queste
cose erano chiaramente riflesse nel suo discorso. Il segretario di Stato
ha fatto un’analisi convincente dello stato delle cose attuale del
processo di pace. Ha evidenziato la profonda sfiducia tra le parti, la
disperazione, la rabbia e la frustrazione dei palestinesi, e
l’isolamento e l’indifferenza da parte israeliana.
Il
discorso di Kerry è stato magnificamente sionista e filo-israeliano.
Chiunque appoggi davvero la soluzione dei due Stati e un Israele ebraico
e democratico dovrebbe approvare le sue considerazioni ed appoggiarle.
E’ un caso duplice, senza mezzi termini. Non c’è da sorprendersi che
quelli che si sono affrettati a condannare Kerry, persino prima che
parlasse e ancor di più dopo, siano stati il segretario di Habayit
Hayehudi [partito di estrema destra dei coloni israeliani. Ndtr.]
Naftali Bennett ed i capi della lobby delle colonie. Nel suo discorso
Kerry ha notato che è questa minoranza che sta guidando il governo
israeliano e l’apatica maggioranza verso la soluzione dello Stato unico.
Negli
ultimi quattro anni, il segretario di Stato americano spesso ha agito
goffamente, ossessivamente e persino con un tocco di messianismo, ma lo
ha fatto per una causa buona e giusta. Ha tentato con tutte le sue forze
di porre fine a 100 anni di conflitto per garantire un futuro a
Israele, il maggiore alleato dell’America, ed alle sofferenze dei
palestinesi. Purtroppo i suoi due partner in questa missione, il primo
ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente dell’autorità
Nazionale Palestinese Mahmoud Abbas, semplicemente non l’hanno voluto
tanto quanto lui. Negli ultimi quattro anni, Abbas e Netanyahu sono
stati uno l’immagine riflessa dell’altro. Si sono impegnati nel
conservare lo status quo, sono rimasti trincerati sulle loro posizioni e
non hanno voluto prendere neanche il minimo rischio o spostarsi di un
millimetro per cercare di ottenere un miglioramento.
Il
discorso di Kerry è stato lungo e dettagliato, ma il suo centro è stato
il piano per la pace che ha presentato. Il progetto non intendeva
essere una soluzione imposta, ma includere i principi fondamentali su
cui dovrebbe essere condotto il futuro dei negoziati
israelo-palestinesi. Era centrato sul documento complessivo formulato
nel marzo 2014 dopo parecchi mesi di colloqui con entrambe le parti.
Quando
si leggono le parole di Kerry, si vede immediatamente che egli ha
accettato un numero significativo di richieste di Israele, in primo
luogo e soprattutto quella secondo cui ogni futuro accordo di pace
includa il riconoscimento palestinese di Israele come Stato ebraico.
Kerry ha anche affermato che una soluzione del problema dei rifugiati
dovrebbe essere giusto e praticabile, che non minacci le caratteristiche
dello Stato di Israele. Egli ha detto che ogni futura frontiera
dovrebbe essere basata sul fatto di lasciare in mani israeliane i
principali blocchi di colonie; ha messo in evidenza che l’accordo
definitivo deve costituire la fine del conflitto e precludere qualunque
ulteriore richiesta palestinese, ed ha sottolineato che le misure per la
sicurezza devono essere una componente fondamentale di ogni accordo.
Nel
contempo lo schema di Kerry include una serie di compromessi richiesti
ad Israele, il primo e principale è consentire che Gerusalemme sia la
capitale di entrambi gli Stati. Kerry ha chiarito che i confini dello
Stato palestinese dovrebbero essere basati su quelli del 1967 con un
scambio consensuale di territori delle stesse dimensioni, e che Israele
deve riconoscere le sofferenze dei rifugiati palestinesi.
Il
principale problema dello schema di Kerry è che lo ha presentato troppo
tardi. Egli sa di aver fatto un errore quando, nel marzo 2014, non ha
messo ufficialmente sul tavolo [delle trattative] il suo documento
quadro contenente gli stessi principi che ha enumerato nel suo discorso.
I suoi principali consiglieri ammettono che Kerry, se potesse tornare
indietro di 33 mesi, proporrebbe questo progetto di pace alle due parti e
imporrebbe loro di negoziare su queste basi.
Questa
mossa “prendere o lasciare” a quel tempo avrebbe obbligato entrambe le
parti a prendere decisioni strategiche. Un simile passo avrebbe anche
definito lo schema di Kerry come base per ogni futuro colloquio. Per
quanto importante, il fatto di averlo presentato solo tre settimane
prima che Donald Trump entri alla Casa Bianca ha solo un valore
simbolico.
Come
in altri esempi del passato, Netanyahu non si è neanche preso il
disturbo di ascoltare le osservazioni di Kerry o di valutarle nel
merito. Ha risposto con affermazioni aggressive contenenti pesanti
critiche personali a Kerry. C’è chi dirà che la profondità di queste
dichiarazioni riflette la profondità delle indagini su di lui [Netanyahu
è indagato per corruzione. ndtr.] .
Le
critiche di Netanyahu sono condite di ipocrisia e cinismo. I principi
che Kerry ha elencato nel suo discorso sono gli stessi che Netanyahu
aveva accettato nel marzo 2014. Il primo ministro aveva delle riserve,
che aveva previsto di esprimere pubblicamente, ma in pratica aveva
accettato di negoziare sulla base di un progetto molto simile. Ad oggi
Netanyahu rifiuta di ammetterlo.
Il
suo gemello politico, Abbas, ha reagito con la stessa ipocrisia. Quando
il presidente USA Barack Obama ha presentato lo schema ad Abbas nel
marzo 2014, Abbas ha promesso di pensarci e di tornare da Obama. Obama
sta ancora aspettando. Persino dopo il discorso di Kerry di mercoledì
Abbas ha rifiutato di dire se per lui lo schema è accettabile o meno.
Il
presidente eletto Trump, che sembrava aver accettato la risoluzione del
Consiglio di Sicurezza dell’ONU della scorsa settimana sulle colonie,
rispondendo con un tweet formulato in modo generico, non ha potuto
esimersi dal commentare il discorso di Kerry. Solo un attimo prima che
Kerry iniziasse il suo discorso, Trump ha lanciato tre tweet che hanno
reso evidente il suo dissenso.
Negli
ultimi mesi Trump ha ripetutamente detto che uno dei suoi obiettivi è
raggiungere una pace tra Israele e i palestinesi. Ha chiarito che vuole
chiudere “la madre di ogni problema” e porre fine alla “guerra infinita”
tra le due parti. Trump ha persino nominato inviato speciale per il
processo di pace il suo avvocato e stretto collaboratore Jason
Greenblatt. Trump e Greenblatt presto scopriranno che se vogliono fare
questo storico accordo, assomiglierà molto a quello delineato da Kerry
nel suo discorso.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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