Ramzy Baroud : Fatah, trattieni l’applauso: la classe politica palestinese è marcia fino al midollo





Nel luglio 2003, l’allora Presidente dell’Autorità Palestinese, Yasser Arafat, definì Mahmoud Abbas “traditore” che “tradiva gli interessi del Popolo palestinese.”
Arafat ha detestato Abbas sino alla fine. Questo particolare sfogo fu fatto durante un incontro con l’inviato delle Nazioni Unite, Terje Larsen. L’incontro ebbe luogo pochi mesi dopo che Arafat fu costretto dagli Stati Uniti, da Israele e da altre potenze occidentali a nominare Abbas Primo Ministro dell’Autorità  Palestinese.
Storicamente, Abbas è stato il meno benvoluto tra i leader di Fatah – persone come: Abu Jihad, Abu Iyad e lo stesso Arafat. Questi leader popolari sono stati per lo più assassinati, ostacolati oppure sono morti in circostanze misteriose. E’ vasta opinione che Arafat sia stato avvelenato da Israele con l’aiuto dei palestinesi, e Abbas ha di recente dichiarato di conoscere chi ha ucciso Arafat.
Tuttavia, malgrado la sua impopolarità, Abbas è rimasto sempre in varie posizioni predominanti. La lotta di potere tra lui ed Arafat che culminò nel 2003, e durò fino alla morte di Arafat nel novembre 2004, non ha certo aiutato la scialba reputazione di Abbas tra i palestinesi.
A volte sembrava che meno popolare Abbas diventava, più grandi diventavano i suoi poteri. E’ stato appena rieletto capo del suo partito politico, Fatah, durante il loro settimo congresso tenutosi a Ramallah il 29 novembre. A 81 anni, è il leader  di Fatah, capo della Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) e Presidente dell’Autorità Palestinese.
Tuttavia, il suo prolungato discorso di quasi tre ore tenuto il 30 novembre, non ha portato nulla di nuovo: slogan rimaneggiati, e messaggi discreti agli Stati Uniti e a Israele che la sua ‘rivoluzione’ rimarrà controllata e non violenta. Considerando questo periodo critico nella storia della Palestina, la retorica non funzionale di Abbas rappresenta la profondità della crisi tra le élite politiche palestinesi. I numerosi applausi che ha ricevuto il discorso noioso e privo di fantasia di Abbas, dai  quasi 1400 sostenitori che hanno partecipato al congresso, è un riflesso del radicato tribalismo politico che ora controlla Fatah, il partito dominante, OLP e, presumibilmente,  il partito che ha scatenato la rivoluzione palestinese moderna.
Il suo partito, però, oggi è tutta un’altra cosa rispetto a quello originale.
I fondatori di Fatah erano ribelli giovani, vibranti, istruiti. Le prime storie su di loro, del 1959, parlavano delle iniziali influenze ricevute, particolarmente la  guerriglia della resistenza algerina contro il colonialismo francese.
“La guerra di guerriglia in Algeria ha avuto un profonda influenza su di noi,” ha scritto Abu Iyad. “Eravamo colpiti dall’abilità dei nazionalisti algerini di formare un fronte solido, di fare la guerra contro un esercito mille volte superiore al loro, di ottenere molte forme di aiuto da vari governi arabi e, allo stesso tempo, di evitare di diventare dipendenti da nessuno di loro.”
Certamente alcune circostanze sono inevitabilmente cambiate, ma molti aspetti del conflitto sono rimasti gli stessi: la guerra territoriale di Israele, l’incessante espansione coloniale, appoggiata dall’imperialismo statunitense impazzito.
Tuttavia, Fatah è cambiato al punto che i suoi fondatori non distinguerebbero più riconoscere l’attuale struttura politica rispetto a quella che avevano creato. Il movimento è ora più vivamente interessato a consolidare il potere degli alleati di Abbas che a combattere contro Israele; i membri più importanti cospirano l’uno contro l’altro, comprandosi la lealtà politica e assicurandosi che qualsiasi massiccio beneficio finanziario derivato dagli accordi di Oslo di Abbas, rimanga intatto, anche dopo che si ritirerà l’anziano leader.
Il clan politico di Mohammad Dahlan, è stato, naturalmente, escluso dalla conferenza. Infatti, il motivo per cui il congresso si è tenuto dopo tutti questi anni (sette anni lo hanno separato dall’ultimo), in parte è per assicurarsi che la nuova gerarchia di Fatah sia impostata in modo tale da impedire che gli alleati di Dahlan organizzino un ritorno. La triste verità è, che, indipendentemente da chi vincerà nell’attuale lotta per il potere, la discesa di Fatah è inesorabile. Sia Abbas che Dahlan vengono come  percepiti da Israele come moderati, appoggiati dagli Stati Uniti ed estremamente impopolari tra la maggior parte dei palestinesi.
Secondo un sondaggio condotto nel settembre 2015 la maggioranza dei palestinesi – il 65% -vuole che Abbas si dimetta. Lo stesso sondaggio indica che Dahlan era ben lontano dall’essere popolare (soltanto il 6% lo appoggiava) e gli alleati di Abbas, Saeb Erekat e l’ex primo ministro, Salam Fayyad, hanno ricevuto, il 4% e il 3%, rispettivamente, dei voti.
In effetti c’è un divario tra i palestinesi e coloro che sostengono di rappresentarli, e quella spaccatura sta crescendo tremendamente.
Il teatro politico del congresso di Fatah del 29 novembre sembrava ben lontano da questa realtà. Dopo che Abbas che era stato eletto a guidare l’Autorità Palestinese una volta nel 2005 per un periodo di 4 anni – epurò tutti i suoi oppositori , richiese un nuovo mandato ai suoi sostenitori.
Presumibilmente “ognuno ha votato sì,” ha detto ai giornalisti un portavoce di Fatah, Mahmoud Abu al- Hija.
Quando ‘ognuno’ nel massimo circolo politico di Fatah vota per Abbas, mentre la maggioranza dei Palestinesi lo rifiutano, questo ci porta a concludere che Fatah non è una rappresentazione giusta del popolo palestinese e non è neanche remotamente vicino a una rappresentazione giusta vicina all’energia della strada palestinese.
Anche se si devono ignorare i ruffiani di Fatah, non si può ignorare il fatto che l’attuale lotta tra le élite palestinesi è quasi interamente separata dalla lotta contro Israele.
I palestinesi sono vittime di violenza quotidiana: gli insediamenti ebrei stanno occupando le colline palestinesi e si stanno sempre espandendo, i soldati israeliani vagano sulla terra palestinese occupata e allo stesso Abbas non è permesso di muoversi liberamente senza un precedente coordinamento per la sicurezza con l’esercito israeliano.
Inoltre, i palestinesi sono divisi in fazioni, regioni e clan; i favoritismi politici, la corruzione finanziaria e il tradimento esplicito, stanno divorando la classe politica palestinese, come un cancro incurabile. Parlare di ‘unità’, ‘riconciliazione’ e ‘costruzione di uno stato’, sono soltanto parole, mentre i Palestinesi sopportano la loro amara esistenza sotto gli stivali dei soldati , dietro i posti di controllo e sotto il tranquillo ma esasperante ronzio dei droni militari.
Tuttavia le élite di Fatah hanno applaudito Abbas quasi 300 volte durante il suo discorso di tre ore. Che cosa applaudono, esattamente? Che cosa si è raggiunto? Quale motivazione ha presentato per mettere fine all’occupazione israeliana?
Molta terra palestinese è andata perduta tra il sesto congresso di Fatah nel 2009 e il settimo. Questo non è un successo, ma una causa di allarme.
La triste verità è che nessun palestinese dignitoso dovrebbe applaudire la vuota retorica; invece, i rispettabili membri di Fatah dovrebbero urgentemente ripensare a questo corso di cose totalmente distruttivo.
Il Dottor  Ramzy Baroud scrive da 20 anni di Medio Oriente. E’ un opinionista che scrive sulla stampa internazionale, consulente nel campo dei mezzi di informazione, autore di vari libri e fondatore del sito PalestineChronicle.com. Tra i suoi libri ci sono: ‘Searching Jenin’ [Cercando Jenin], The Second Palestinian Intifada [La seconda Intifada palestinese],  e il suo  più recente: My Father Was a Freedom Fighter: Gaza’s Untold Story [Mio padre era un combattente per la libertà: la storia di Gaza che non è stata raccontata]. Il suo sito web è www.ramzybaroud.net
Nella foto: Abbas durante il discorso per il dodicesimo anniversario della morte di Yasser Arafat.
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org

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