Barak Ravid : La Gran Bretagna ha tirato le fila e Netanyahu ha avvertito la Nuova Zelanda che sarebbe stata una dichiarazione di guerra:
La gran Bretagna ha lavorato segretamente con i palestinesi e ha spinto la Nuova Zelanda a portare avanti la risoluzione, e una telefonata di Netanyahu a Putin ha innescato un vero dramma alla sede dell’ONU un’ora prima del voto.
Venerdì
scorso, poche ore prima del voto del Consiglio di Sicurezza dell’ONU
sulle colonie, il primo ministro Benjamin Netanyahu ha telefonato al
ministro degli Esteri neozelandese Murray McCully. La Nuova Zelanda,
insieme a Senegal, Malaysia e Venezuela, ha promosso la ripresentazione
al voto della risoluzione da cui l’Egitto si era ritirata il giorno
precedente.
Poche
ore prima un importante funzionario del ministero degli Esteri di
Gerusalemme ha telefonato all’ambasciatore della Nuova Zelanda in
Israele, Jonathan Curr, e l’ha avvertito che se l’iniziativa della Nuova
Zelanda fosse arrivata al voto, Israele avrebbe potuto chiudere la
propria ambasciata a Wellington per protesta. L’ambasciatore Curr ha
preso nota di ciò ed ha informato il suo governo, ma all’alba a New York
Israele ha capito che le cose stavano ancora andando avanti.
La
telefonata di Netanyahu a McCully è stata praticamente l’ultimo
tentativo di evitare il voto, o almeno di rimandarlo e guadagnare un po’
di tempo. Diplomatici occidentali affermano che la conversazione è
stata dura e molto tesa e Netanyahu si è lasciato andare a dure minacce,
forse senza precedenti nelle relazioni tra Israele e un altro Paese
occidentale.
“E’
una decisione scandalosa. Sto chiedendo che non la appoggiate e non la
promuoviate,” ha detto Netanyahu a McCully, secondo diplomatici
occidentali che hanno chiesto l’anonimato a causa della delicatezza
dell’argomento. “Se continuate a promuovere questa risoluzione dal
nostro punto di vista si tratterà di una dichiarazione di guerra.
Romperà le relazioni e ci saranno conseguenze. Richiameremo il nostro
ambasciatore a Gerusalemme.” McCully ha rifiutato di rinunciare al voto.
“Questa risoluzione è coerente con la nostra politica e noi la
porteremo avanti,” ha detto a Netanyahu.
Solo
un mese prima, quando McCully ha visitato Israele ed ha incontrato
Netanyahu, lo ha trovato un uomo completamente diverso. Netanyahu era
gentile, amichevole e molto cordiale. Ha fatto vedere a McCully la
famosa presentazione PowerPoint che aveva mostrato in un giro di
incontri di formazione per i media la scorsa estate. Con un puntatore
laser in mano, Netanyahu ha detto a McCully che Israele sta estendendo
le proprie relazioni estere, entrando nella regione e facendosi amici in
Africa, Asia e America latina.
I
diplomatici occidentali affermano che McCully, che durante gli ultimi
due anni aveva considerevolmente spinto sulla questione
israelo-palestinese al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ha parlato con
Netanyahu della risoluzione che il suo Paese voleva promuovere. Era una
versione molto più morbida e moderata di quella che è stata approvata lo
scorso venerdì. La risoluzione della Nuova Zelanda parlava del
congelamento delle costruzioni nelle colonie, ma anche di congelare le
iniziative dei palestinesi all’ONU e alla Corte Penale Internazionale
dell’Aya, e chiedeva negoziati diretti senza precondizioni.
Netanyahu
l’ha categoricamente rifiutata. Se fosse dipeso da lui, il problema
palestinese non sarebbe affatto stato sollevato durante l’incontro. Il
suo messaggio a McCully era simile ha quanto ha detto continuamente in
pubblico nelle scorse settimane. Il mondo non si preoccupa molto della
questione palestinese. L’automatica maggioranza contro Israele all’ONU
sta per diventare una cosa del passato. Un diplomatico occidentale ha
affermato: “Il voto di venerdì ha provato il contrario e ha mostrato che
l’affermazione di Netanyahu era sbagliata.”
Colloqui
con diplomatici occidentali ed israeliani rivelano molti dettagli
interessanti a proposito del quello che è successo dietro le quinte
nella sede ONU di New York tra giovedì pomeriggio, quando l’Egitto ha
annunciato il ritiro della risoluzione sulle colonie, e venerdì mattina,
quando Nuova Zelanda, Senegal, Malaysia e Venezuela hanno annunciato
che avrebbero continuato a insistere perché si votasse.
Secondo
i diplomatici occidentali ed israeliani, dal momento in cui l’Egitto ha
fatto marcia indietro giovedì, Nuova Zelanda, Senegal, Malaysia e
Venezuela hanno subito pressioni per portarla avanti comunque. I
palestinesi sono stati i primi a fare pressioni, ma sono stati
affiancati dagli Stati del Golfo e dalla Gran Bretagna. I diplomatici
occidentali affermano che la Gran Bretagna ha incoraggiato la Nuova
Zelanda a continuare a insistere per il voto anche senza l’appoggio
dell’Egitto.
La
Gran Bretagna ha iniziato ad attivarsi sulla risoluzione pochi giorni
prima. I diplomatici israeliani dicono che da informazioni ricevute dal
ministero degli Esteri di Gerusalemme, consulenti legali e diplomatici
inglesi hanno lavorato direttamente con i palestinesi nella stesura
della risoluzione anche prima che venisse distribuita dall’Egitto per la
prima volta mercoledì pomeriggio. Secondo i diplomatici israeliani, la
Gran Bretagna ho ha fatto in segreto e senza informare Israele.
A
Gerusalemme si sospetta che la Gran Bretagna abbia lavorato durante
tutti quei giorni per gli americani per garantire che la risoluzione
fosse gradita al presidente USA Barack Obama, ma senza che dovesse
intervenire direttamente per formularla.
“Sappiamo
come leggere le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza,” ha detto un
importante diplomatico israeliano. “Non è un testo scritto dai
palestinesi o dall’Egitto, ma da una potenza occidentale.
“L’ambasciatore israeliano negli USA, Ron Dermer, lunedì ha affermato
durante interviste con media americani che Israele ha le prove che
l’amministrazione Obama stava dietro la risoluzione e l’ha stilata. Non è
chiaro se questo era ciò che intendeva dire.
Diplomatici
occidentali hanno in parte confermato la descrizione dei loro colleghi
israeliani. Sostengono che la Gran Bretagna ha effettivamente giocato un
ruolo importante nella formulazione della risoluzione e nella sua
revisione con i palestinesi. Tuttavia dicono di non avere le prove che
dietro tutta la manovra ci sia stata l’amministrazione USA.
“La
Gran Bretagna ha contribuito ad abbassare i toni del testo in modo che
corrispondesse al limite accettabile per gli americani e potesse così
essere approvata senza un veto,” sostiene uno dei diplomatici
occidentali.
La
conversazione telefonica di Netanyahu con il ministro degli Esteri
neozelandese non ha posto fine ai tentativi di impedire il voto venerdì
pomeriggio. Poche ore prima del voto, il primo ministro ha chiamato il
presidente russo Vladimir Putin ed ha tentato di convincerlo. Solo il
giorno prima Israele aveva acconsentito ad una richiesta russa e si è
astenuto da un voto nell’Assemblea Generale dell’ONU su una risoluzione
riguardante crimini di guerra in Siria.
Non
è del tutto chiaro cosa sia avvenuto nella conversazione tra Netanyahu e
Putin, ma meno di un’ora prima del voto un vero dramma ha avuto luogo
nella sede ONU di New York. Mentre gli Stati-membri del Consiglio di
Sicurezza stavano preparando il proprio discorso prima del voto e la
discussione pubblica che si era tenuta immediatamente prima,
l’ambasciatore russo all’ONU Vitaly Churkin improvvisamente ha chiesto
una consultazione riservata.
Un
diplomatico occidentale afferma che Churkin ha stupito gli altri
ambasciatori dei 14 Stati-membri del Consiglio di Sicurezza quando ha
proposto di rimandare il voto a dopo Natale. Non c’è stata una
discussione sufficiente sulla stesura della risoluzione, ha sostenuto
Churkin, e ha detto di essere sorpreso della fretta di alcuni Paesi per
votare al più presto. Martedì mattina il vice ambasciatore russo in
Israele, Alexy Drobinin, lo ha confermato in un’intervista con la radio
dell’esercito
Drobinin
ha detto alla radio dell’esercito che la Russia ha fatto delle
obiezioni per la tempistica della risoluzione e che il rappresentante
della Russia a New York è stato l’unico ad aver chiesto di continuare la
discussione. Drobinin ha affermato che bisognerebbe prendere in
considerazione che dopo poche settimane ci sarebbe stata una nuova
amministrazione negli Stati Uniti e che la Russia non era contenta del
modo in cui la risoluzione era stata portata al voto. Ha sostenuto che
il problema non era il contenuto, ma la tempistica e il fatto che la
risoluzione riguardsse solo una delle molte questioni cruciali del
conflitto.
Ma
le osservazioni di Churkin non sono state ascoltate. All’incontro la
maggior parte dei rappresentanti le ha respinte e ha chiesto di andare
avanti sulla votazione come previsto. Un diplomatico occidentale ha
detto che l’ambasciatore russo, che ha capito di non essere riuscito a
ottenere appoggio, si è ritirato ed ha sintetizzato la consultazione con
una notazione tipicamente cinica sulla proposta abbandonata dall’Egitto
– ha detto di non aver mai visto in vita sua tanta gente desiderosa di
adottare così in fretta un orfano.
L’incontro
è finito, gli ambasciatori sono entrati nella sala del Consiglio di
Sicurezza e pochi minuti dopo hanno approvato la risoluzione.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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