I crescenti attacchi israeliani contro civili a Gaza mettono a rischio il cessate il fuoco in vigore da due anni.
8 settembre 2016 Middle East Monitor
Esprimendo
preoccupazione che tale violenza possa mettere a rischio l’attuazione
del cessate il fuoco che ha posto fine all’operazione “Margine
Protettivo” nel 2014, un’informativa delle Nazioni Unite ha rivelato che
nel secondo trimestre del 2016 l’esercito israeliano ha
significativamente incrementato gli attacchi contro civili palestinesi
nella Striscia di Gaza.
Nel
periodo da aprile a giugno vi sono state in media più di 90 sparatorie
al mese da parte delle forze armate israeliane nelle cosiddette zone ad
accesso limitato (ARA) – circa 60 a terra e 30 in mare. Si tratta di
oltre il doppio della media corrispondente a gli ultimi 6 mesi del 2015.
Le
forze israeliane hanno attaccato da molto tempo agricoltori, pescatori
ed altri civili nelle ARA di Gaza. Come ha riportato l’ONU a luglio, le
limitazioni all’accesso imposte unilateralmente da Israele sono
“applicate facendo fuoco con proiettili letali direttamente o con spari
di avvertimento, con la distruzione di proprietà, arresti e confisca di
attrezzature.”
Presentando gli
ultimi dati in un aggiornamento trimestrale pubblicato il mese scorso,
l’Ufficio per il Coordinamento delle Questioni Umanitarie dell’ONU
(OCHA) nei territori palestinesi occupati (OPT) ha definito “l’uso della
forza da parte di Israele” nelle ARA “una particolare fonte di
preoccupazione”.
Secondo
James Heenan, capo dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i Diritti
Umani dell’ONU nei territori palestinesi occupati, “ci sono quasi
quotidianamente episodi in cui le forze israeliane sparano a Gaza,
causando spesso feriti o anche morti e distruzioni di proprietà.”
Nella maggior parte
dei casi, ha detto Heenan a Middle East Monitor, “non ci sono
indicazioni che le forze israeliane fossero di fronte a una minaccia
imminente tale da giustificare il livello di forza impiegato, incluso
l’uso di armi da fuoco. Spesso le vittime sono contadini, pescatori,
bambini e manifestanti.”
Il 3 aprile le
autorità israeliane hanno annunciato un ampliamento della zona con
permesso di pesca dalla costa sud di Gaza da 6 a 9 miglia (da notare che
gli Accordi di Oslo prevedevano un limite di 20 miglia). Comunque il 26
giugno, meno di tre mesi dopo, è stato nuovamente imposto il limite di 6
miglia.
Secondo
l’OCHA a luglio sono stati arrestati ed imprigionati più di 90
pescatori, “il numero più alto all’anno da quando, nel 2009, si è
iniziato a tenere il conto.” In nove giorni di agosto, per esempio, le
forze israeliane hanno attaccato pescatori palestinesi in sei diverse
occasioni (il 21, 23, 25, 27, 28 e 29 agosto).
Intanto, a maggio, è
stato comunicato che l’esercito israeliano avrebbe permesso ai contadini
di accedere alle terre vicine alla barriera di confine, sotto il
controllo del Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC). Dal 2014
l’ICRC aiuta i contadini di Gaza a recuperare la terra e a garantirsi
l’ accesso.
Mentre
alcuni contadini hanno certamente beneficiato di questo, un portavoce
dell’ICRC di Gerusalemme ha rifiutato di commentare i continui attacchi
israeliani nelle ARA, dicendo che “tutte le questioni che suscitano
preoccupazione sono affrontate come parte del nostro dialogo riservato e
bilaterale con tutte le parti in conflitto.”
Come
ha detto recentemente un agricoltore agli attivisti: “I miei terreni
sono relativamente vicini alla barriera, perciò io non posso metterci
piede dalle 6 del pomeriggio alle 6 di mattina senza che mi sparino
addosso. Cosa ci posso fare se l’elettricità non c’è prima delle 6 del
pomeriggio? Devo lasciare la mia terra senz’acqua, rischiando di perdere
il raccolto.”
La
violenza usata dalle forze israeliane contro i civili palestinesi nella
Striscia di Gaza non è quasi per niente citata dai media occidentali di
lingua inglese. La maggioranza degli attacchi a pescatori, contadini e
manifestanti non viene nemmeno menzionata.
.Comunque
questi attacchi non possono essere separati dal più vasto scenario
della Striscia di Gaza, compresa la dimensione della “sicurezza”, che è
tipicamente intesa da giornalisti, analisti e politici in termini di
lancio di razzi [da parte dei palestinesi] e reazioni militari
israeliane.
Secondo
Fawzi Barhoum, un portavoce di Hamas a Gaza, Hamas considera l’impiego
metodico della violenza contro i palestinesi da parte delle forze
israeliane nelle ARA come una violazione del cessate il fuoco del 2014.
“Hamas registra tutte le violazioni ed aggiorna regolarmente i garanti
regionali del cessate il fuoco”, ha dichiarato.
Inoltre, ha aggiunto Barhoum, questi attacchi delle forze israeliane “mettono a rischio lo status quo.”
“Ogni
volta Hamas discute ciò che accade con le altre fazioni palestinesi,
che valutano insieme quale sia la risposta migliore alla violazione
israeliana in questione; se il silenzio, la condanna, l’avvertimento, il
lancio di razzi a breve gittata, piazzare cecchini ai confini, ecc.”
Quindi,
oltre al costo per contadini e pescatori della politica israeliana di
imporre una “zona interdetta” all’interno di Gaza, questi attacchi, che
sono chiaramente in aumento, rischiano anche di minare ulteriormente un
accordo di cessate il fuoco che ha portato “tranquillità” per Israele,
ma nulla di simile per i palestinesi.
(Traduzione di Cristiana Cavagna)
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