Eutanasia e islam - Arabpress
In
arabo il termine si traduce con al-maut al-rahim dove maut significa
morte e rahim ha il senso di misericordioso, compassionevole.
arabpress.eu|Di Emanuela Barbieri
Di Emanuela Barbieri.
La notizia della morte di un bambino
per eutanasia ha fatto il giro del mondo. Il fatto è accaduto in
Belgio, l’unico paese al mondo che autorizza la pratica sui minori. Il
paese nordeuropeo si considera all’avanguardia in materia di riforme
progressiste e leggi etiche, adottate a partire dal 1999, quando i
partiti di ispirazione cattolica sono stati espulsi dalla coalizione di
governo.
Il dibattito etico sulla morte assistita
è un dibattito attuale che coinvolge il pubblico religioso e laico in
tutto il mondo e mette in primo piano tematiche universali quali la
Vita, la Giustizia, il Diritto, la Dignità, certamente, Dio.
Dal punto di vista etimologico, il termine ha origini in Grecia (eu – buono, tanathos – morte) e con morte buona
si indicava una morte indolore, vissuta serenamente e in piena
accettazione del compimento della vita. Oggi il termine abbraccia
un’accezione più ampia di significato che, nella consapevolezza del fine
vita, implica la volontà di una persona di morire in maniera indolore e
con dignità.
In arabo il termine si traduce con al-maut al-rahim ( الموت الرحيم) o al-qutil al-rahim (القتل الرحيم) dove maut o qutil significano morte e rahim (uno dei 99 aggettivi che definiscono Dio) ha il senso di misericordioso, compassionevole.
Nel panorama arabo e islamico l’argomento è presente e dibattuto, sebbene in nessun paese musulmano l’eutanasia sia legale.
A settembre, il Ministero della Salute e della Prevenzione degli Emirati Arabi Uniti, ha annunciato una legge, la Medical Liability Law,
che vieta l’aborto, la clonazione umana, il cambio di sesso e, appunto,
l’eutanasia. Perché la legge venga rispettata, inoltre, ha costituito
un’unità investigativa, il Comitato supremo per la responsabilità
medica. Gli Emirati sono leader nella formulazione di leggi in campo
medico e spesso fanno giurisprudenza per gli altri paesi.
Come sempre accade nel mondo arabo musulmano, è inconcepibile separare la visione islamica da quella legislativa.
Molto interessante in merito, un articolo pubblicato su Al-Jazeera nel 2008 che espone la visione delle tre religioni monoteiste, a seguito di una Conferenza
interreligiosa sulla pace e il rispetto della vita tenutasi a Doha.
Partendo dalla visione comune di un Dio creatore della vita, di cui
nessuno ha diritto a disporre, i rappresentanti delle religioni prendono
in considerazione alcune interpretazioni dei testi sacri in cui, entro
certi limiti, l’eutanasia è possibile e il dibattito è necessario.
La Dott.ssa Mouna al-Jufairi del Bahrein
ha affrontato il tema dal punto di vista islamico. Jufairi definisce
l’eutanasia come “facilitatore di morte per le persone clinicamente
senza speranza di recupero”, ricordando che adottando il termine
eutanasia bisogna distinguere tra due cose: morte passiva e morte
attiva.
Ha precisato che l’Islam è stato chiaro
su questo tema, ma ha lasciato una porta aperta all’interpretazione
attraverso il verso del Corano: “Non uccidere l’anima che Allah ha
proibito (di uccidere) se non per giusta causa”. La responsabilità
quindi è in mano agli studiosi musulmani nel determinare ciò che è
giusto, che si erge oltre il diritto alla vita, poiché Allah ha proibito
di causare la morte se non sulla base del principio “occhio per occhio,
dente per dente”, deterrente all’omicidio come atto legittimo e legale.
La dottoressa si è soffermata sul
concetto di morte passiva come azione che non conduce direttamente al
decesso, ma equivale alla sospensione dei farmaci o dei macchinari che
contribuirebbero al prolungamento artificiale della vita. Dato il
diffondersi di malattie incurabili nei paesi islamici, è importante che
gli studiosi musulmani affrontino e comprendano questo concetto.
Jufairi era d’accordo con il Reverendo
Bill Sachs dagli Stati Uniti, quando, riferendosi alla pressione di
gruppi laici sulla legge sull’eutanasia come elemento legislatore della
libertà personale, la considera una potenziale giustificazione che
potrebbe richiedere l’eutanasia al di là dallo scopo perseguito.
Il rabbino Noam Zohar della Bar-Ilan
University di Tel Aviv, ha riportato una breve spiegazione per
l’eutanasia nella prospettiva ebraica che vede nella morte dell’uomo “la
morte dell’immagine di Dio nell’uomo”. Zohar ha spiegato che la
religione ebraica sembra dura su questo tema, ma ha sottolineato che ci
sono alcune interpretazioni che lasciano spazio all’eutanasia. Nella
Torah il suicidio è proibito, ma fa eccezione la situazione di re Saul
che, gravemente ferito, chiede al suo scudiero di ucciderlo e, respinto,
si lascia cadere sulla sua spada e muore. Secondo Zohar il caso di Re
Saul forse indica la presenza di un’eccezione ebraica nel caso di
eutanasia se il paziente è incurabile.
La notizia del bambino in Belgio, come quella dell’Arcivescovo Desmond Tutu, il quale dopo anni di malattia ha dichiarato di voler scegliere come morire, hanno fatto eco tra i giornali arabi e sui social network e i commenti dei lettori a riguardo sono un altro interessante spunto di riflessione sul tema.
Alcuni manifestano sentimenti di
compassione verso il malato e la sua famiglia, comprendendo il gesto
come un atto di amore a fronte di una situazione senza speranza. C’è chi
punta il dito contro l’Occidente, considerando contraddittorio il
divieto alla pena di morte e la legalizzazione dell’eutanasia che
sarebbe solo un fattore di risparmio economico. Altri separano la
scienza dalla volontà di Dio e credono che il dovere della scienza sia
prolungare la vita artificialmente, non vedono quindi nell’interruzione
dell’operato dei medici nulla che contraddica il volere di Allah. Per
qualcuno invece l’eutanasia è un crimine e come tale va condannato senza
discutere: l’atto di uccidere per loro è più crudele del dolore, perché
chi vede solo il dolore non riesce a vedere la grazia di Dio.
Sono opinioni diffuse sui social network
e non hanno nessun valore scientifico. Quello che importa è che il
dibattito è aperto e anche il mondo arabo e islamico ne fa parte.
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