Conflitto siriano: per Assad, Trump è un “alleato” nella lotta al terrorismo

In campagna elettorale il neo presidente Usa aveva definito una “pazzia” la campagna contro Damasco. Il leader siriano invita alla “cautela” nel “giudicare” le scelte di Trump. Ma restano i “dubbi” sul fatto che possa “mantenere” le promesse. Mosca e Damasco riprendono i bombardamenti ad Aleppo.

Damasco (AsiaNews/Agenzie) - Il neo presidente statunitense Donald Trump sarà un “alleato naturale” se si impegnerà a combattere una lotta a tutto campo contro il terrorismo, anche se resta “la cautela” nel “giudicare” il nuovo inquilino della Casa Bianca in attesa delle prime mosse. È quanto ha affermato in un’intervista alla televisione portoghese Rtp il leader siriano Bashar al Assad, che non nasconde i propri “dubbi” sulla reale capacità di Trump di essere “all’altezza delle sue promesse”.
Nelle scorse settimane, in piena tornata elettorale, il neo presidente Usa aveva definito una “pazzia” la campagna congiunta contro lo Stato islamico (SI) e le forze siriane; inoltre, secondo Trump una lotta contro Damasco avrebbe innescato - nel futuro - lo scontro con la Russia.
Intervistato dalla televisione portoghese, Assad ha dichiarato che “non possiamo dire tutto quanto stiamo per fare, ma se… si tratta di combattere i terroristi è chiaro che saremo alleati, un alleato naturale in tal senso con i russi, con gli iraniani e con molte altre nazioni”.
L’impegno assicurato da Trump nella lotta a Daesh [acronimo arabo per lo Stato islamico, SI] è “promettente”, aggiunge Assad, il quale dubita però che egli possa davvero “mantenere” le aspettative. Che ne sarà, afferma il leader di Damasco, delle “forze contrapposte” in seno alla nuova amministrazione statunitense e dei principali media “che sono contro di lui?”. Ecco perché noi, conclude Assad, “rimaniamo dubbiosi… Ed ecco perché siamo molto cauti nel giudicarlo”.
Al momento la linea mantenuta in Siria dall’amministrazione (uscente) di Barack Obama è quella di combattere lo Stato islamico e gli altri gruppi jihadisti, per sostenendo i cosiddetti ribelli “moderati” che lottano contro il presidente Assad. Tuttavia, per Damasco questi sedicenti gruppi “moderati” sono in realtà movimenti “terroristi”.
Alcuni media Usa, fra i quali in New York Times, affermano che Trump intende bloccare gli aiuti a questi gruppi ribelli che lottano contro Assad perché “non abbiamo idea di chi siano queste persone”. E vi è anche l’ipotesi sullo sfondo di un conflitto aperto contro Mosca, alleato di Damasco, a far ripensare l’agenda statunitense in territorio siriano.
A conclusione dell’intervista il presidente Assad ha condannato ancora una volta l’attuale politica americana, affermando che “pensano ancora di essere lo sceriffo mondiale. Pensano di essere il giudice delle sorti del mondo. Ma non lo sono”.
L’ultima battuta è riservata al presidente turco Recep Tayyip Erdogan (nemico di Assad), definito una “persona malata” e un “megalomane… che ha perso il contatto con la realtà”.
Intanto, dopo tre settimane di interruzione sono ripresi i bombardamenti congiunti dell’aviazione siriana e dei caccia russi contro il settore orientale di Aleppo, controllato da gruppi ribelli ed estremisti islamici. Fonti locali parlano di almeno cinque vittime nell’area in cui si sono concentrati i raid aerei. Caccia ed elicotteri da combattimento hanno colpito i distretti di Haidaria, Masakin Hanano, Sakhour, Sheikh Faris, Bab al-Nairab, Qadi Askar e Qaterji.
In via ufficiale Mosca ha negato la ripresa delle operazioni su Aleppo, seconda città per importanza della Siria, ma conferma il lancio di missili contro gruppi jihadisti in altre zone del Paese. Tra gli obiettivi vi sarebbero centro di addestramento dei “terroristi”, depositi di armi e “fabbriche dedite alla produzioni di vari tipi di armi” alcune delle quali in via potenziale “di distruzione di massa”.

 

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