Un anno di rivolta: chi erano i palestinesi uccisi dalle forze israeliane?
Un
anno di rivolta: chi erano i palestinesi uccisi dalle forze israeliane?
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Una…
zeitun.info
E’
passato un anno da quando è iniziata la rivolta anticoloniale condotta
da giovani palestinesi, caratterizzata da proteste e attacchi contro le
forze israeliane
ed i coloni nei Territori Palestinesi Occupati (TPO), insieme alla
brutale violenza ed alle misure punitive delle autorità israeliane.
La
cronologia non è definita; verso il primo ottobre 2015 la violenza dei
palestinesi contro l’occupazione è andata gradualmente aumentando, con
alti e bassi, per un anno. Qualcuno l’ha definita l'”Intifada di
Gerusalemme”. Altri l’hanno descritta come “meno di un’Intifada e più di
una esplosione di protesta popolare.”
Secondo un articolo di Quds News Network pubblicato
questa settimana, 246 palestinesi sono stati uccisi durante lo scorso
anno, e altri 18.500 sono stati feriti. Altre fonti parlano di 230
vittime (l’agenzia “Ma’an News”) o “più di 225” (Amnesty International).
La
maggior parte dei palestinesi è stata uccisa mentre stava compiendo
attacchi, o presunti attacchi; in luglio, per esempio, la Mezzaluna
rossa palestinese ha affermato che 139 degli allora 218 morti in totale
erano assalitori o presunti tali (poco meno dei 2/3).
Tuttavia, come l’Associated Press
[agenzia di stampa USA. Ndtr.] ha affermato all’inizio di questo mese:
“I palestinesi hanno spesso accusato gli israeliani di utilizzo
eccessivo della forza contro aggressori e detto in molti casi che i
supposti assalitori non lo erano neppure.” Questa fondamentale
informazione è, purtroppo, raramente presente in molti articoli delle
agenzie di notizie.
Sicuramente
un certo numero di palestinesi – in genere giovani adulti – ha condotto
attacchi durante lo scorso anno, la maggior parte dei quali ha preso di
mira le forze militari israeliane di occupazione o coloni nei TPO.
Alcuni di questi aggressori sono stati uccisi quando non rappresentavano
più un pericolo.
Ma
le forze israeliane – anche durante incidenti in cui i soldati hanno
cambiato per varie volte la loro versione dei fatti – hanno ucciso anche
palestinesi falsamente etichettati come aggressori, così come
palestinesi a cui hanno sparato in irruzioni per arrestarli o durante la
repressione di manifestazioni.
E’
significativo notare che, persino secondo le autorità israeliane, il
numero di palestinesi uccisi in un contesto esclusivamente di proteste e
incursioni durante lo scorso anno (71) è il doppio del numero totale di israeliani uccisi da palestinesi (33, più due persone straniere).
I
palestinesi uccisi dalle forze armate israeliane sono di rado
“umanizzati” in Occidente. Nei media, la loro morte merita – al massimo –
un paio di righe che includono sempre la versione dei fatti del
portavoce dell’esercito israeliano (e spesso solo la sua versione). E
poi tutti passano ad altro.
Ecco
allora un’istantanea dei costi umani del regime di apartheid israeliano
e alcune delle storie di questi palestinesi che hanno perso la vita
nell’ anno trascorso.
‘Abd al-Rahman Obeidallah, 13 anni. Ucciso il 5 ottobre 2015
Obeidallah
è stato colpito a morte da un soldato israeliano nel campo di rifugiati
di Aida, a nord di Betlemme. Era in piedi e stava osservando gli
scontri tra gli abitanti e le forze di occupazione a circa 70 metri di
distanza, quando è stato raggiunto da un proiettile letale al petto.
Obeidallah era uno di cinque figli, e il suo fratello diciassettenne
Mohammed lo ha descritto come il suo “miglior amico”. Secondo sua madre
Dalal, il ragazzino aveva “sempre sognato di andare a trovare” una zia
di Gerusalemme, ma, ha aggiunto, ” ci viene negato visitare
Gerusalemme”. L’esercito israeliano in seguito ha sostenuto che
l’uccisione di Obeidallah non era stata “intenzionale”. Un’inchiesta
penale sulla sparatoria è stata aperta dall’Avvocatura Generale
dell’Esercito Israeliano (AGE) , ma dopo un anno non ci sono notizie di
una conclusione.
Shadi Dawla, 24 anni. Ucciso il 9 ottobre 2015.
Shadi
è stato ucciso quando le forze israeliane hanno aperto il fuoco contro
manifestanti palestinesi che lanciavano pietre verso le torri di guardia
dell’esercito lungo la recinzione di confine a est di Gaza City. Quel
giorno 6 palestinesi sono stati uccisi e 145 feriti, quando soldati
israeliani ben protetti hanno falciato manifestanti disarmati con
proiettili letali. Shadi lavorava con suo padre come elettricista, e
secondo il suo fratello minore stava pensando di sposarsi. “(Shadi) non
era solo mio fratello”, ha detto, “era un buon amico. Stavamo sempre
insieme. Parlavamo sempre tra di noi e ci chiedevamo consigli a
vicenda.” Più di 20 palestinesi, compreso un bambino di 10 anni, sono
stati uccisi lo scorso anno dall’esercito israeliano nelle proteste
contro la barriera a Gaza. Nessuna inchiesta israeliana è stata aperta
su nessuna di queste morti.
Nur Hassan, 26 anni. Uccisa l’11 ottobre 2015.
Nur Hassan, five months pregnant at the time, was killed alongside her three-year-old daughter Rahaf, in an Israeli airstrike
on their family home in the a-Zeitun neighbourhood of the Gaza Strip.
The house suffered a direct hit, and was completely destroyed. The
bombing, which took place in the middle of the night as the family
slept, was described by the Israeli military as an attack on “weapon
production sites.” The Hassan home was located in a farming area,
surrounded by olive and fruit orchards, with which the family made their
living. In a widely-viewed video,
the surviving father, Yihya, held Rahaf’s body, saying repeatedly,
“Wake up, my daughter.” The second child, five-year-old Muhammad, also
survived the bombing. There has been no Israeli investigation.
Nur
Hassan,all’epoca incinta di 5 mesi, è stata uccisa insieme alla sua
figlia di tre anni Rahaf in un attacco aereo israeliano contro la sua
casa nel quartiere di a-Zeitun della Striscia di Gaza. La casa è stata
colpita in pieno e completamente distrutta. Il bombardamento, avvenuto
in piena notte mentre la famiglia dormiva, è stato descritto
dall’esercito israeliano come un attacco contro un “luogo di produzione
di armi”. La casa di Hassan si trovava in una zona agricola, circondata
da oliveti e frutteti, con cui la famiglia si guadagnava da vivere. In
un video ampiamente diffuso, il padre sopravvissuto, Yihya, sorregge il
corpo di Rahaf dicendo ripetutamente: “Svegliati,
figlia mia.” Anche Mohammed, il secondo figlio, di cinque anni, è
sopravvissuto al bombardamento. Non c’è stata nessuna inchiesta
israeliana.
Dania Ershied, 17 anni. Uccisa il 25 ottobre 2015.
Ershied
è stata uccisa ad un checkpoint davanti alla moschea di Ibrahim di
Hebron, in quello che secondo le autorità israeliane era stato un
tentativo di accoltellamento da parte di una “terrorista”. Tuttavia
resoconti di testimoni oculari riportati da gruppi per i diritti umani
lo smentiscono. Durante una seconda indagine, ufficiali della polizia di
frontiera avrebbero iniziato a gridarle di far vedere il suo coltello.
Secondo Amnesty International, “colpi di avvertimento sono stati sparati
ai suoi piedi, spingendola a retrocedere e ad alzare le mani. Ha
gridato alla polizia di non avere nessun coltello ed aveva ancora le
mani in alto quando la polizia ha di nuovo aperto il fuoco, colpendola
sei o sette volte.” Dania era studentessa della Scuola Superiore
Femminile Al-Rayyan di Hebron, ed è stata uccisa con la sua uniforme
scolastica. Non c’è nessuna inchiesta sulla sua morte.
Ra’ed Jaradat, 22 anni. Ucciso il 26 ottobre 2015.
Jaradat
è stato ucciso dopo aver attaccato le forze di occupazione israeliane
fuori dal villaggio di Beit Einun, nei pressi di Hebron. Ha accoltellato
un soldato prima di essere colpito più volte, anche dopo che era steso a
terra immobile. Jaradat era uno studente di contabilità all’università
Al-Quds, ed era originario del villaggio di Sair, un altro villaggio
della zona di Hebron. Dopo l’uccisione di Dania Ersheid (vedi sopra),
Jaradat ha scritto su Facebook: “Immagina se fosse tua sorella!” Suo
padre affranto ha detto ai giornalisti: “Noi viviamo bene, mio figlio
non aveva bisogno di niente. Ma l’unica cosa che manca nelle vite di
questi giovani è la libertà.”
Tharwat al-Sharawi, 72 anni. Uccisa il 6 novembre 2015.
Al-Sharawi
è stata uccisa dalle forze di occupazione israeliane mentre si stava
avvicinando a un distributore di Hebron. L’esercito israeliano sostiene
che questa madre di sei figli aveva tentato un attacco con la macchina.
Eppure un video dell’incidente rivela che l’auto stava andando
abbastanza piano da permettere ai soldati di spostarsi tranquillamente
dalla sua direzione prima di aprire il fuoco sul veicolo mentre stava
entrando nello spiazzo della stazione di servizio. Gli spari, continuati
ben dopo che aveva superato i soldati, hanno ferito anche un dipendente
della stazione di servizio. Il figlio di Al-Sharawi ha detto che la
madre stava andando a pranzo a casa di sua sorella. Secondo Amnesty
International l’uso di una violenza omicida da parte delle forze
israeliane sarebbe stato illegale anche se
la signora anziana stesse ponendo in pratica un attacco. Tuttavia la
procura generale militare ha deciso di non aprire nessuna indagine
penale.
Abdullah Shalaldah, 28 anni. Ucciso il 12 novembre 2015.
Abdullah
Shalaldah è stato ucciso in una stanza di ospedale dalle forze di
occupazione israeliane mascherate da civili palestinesi (di cui uno su
una sedia a rotelle che fingeva di essere incinta). I soldati sono
entrati in una stanza del terzo piano dell’ospedale con l’intenzione di
arrestare il paziente, Azzam Shalaldah. Appena hanno fatto irruzione
nella stanza, hanno sparato per tre volte alla testa ed alla parte
superiore del corpo del cugino del paziente, Abdullah. L’esercito
israeliano ha sostenuto che aveva aggredito i soldati, ma alcuni
testimoni hanno detto che era disarmato ed è stato ucciso mentre usciva
dal bagno dove era andato a lavarsi per pregare. A Sair migliaia di
persone hanno partecipato al funerale di Shalaldah. Non c’è nessuna
inchiesta israeliana sulla sua morte.
Lafi Awad, 22 anni. Ucciso il 13 novembre 2015.
Awad
è stato ucciso durante una manifestazione presso il “Muro di
separazione” a Budrud. Dopo le preghiere del venerdì, gli abitanti hanno
marciato verso il “Muro”, costruito sulla terra del villaggio, dove le
forze israeliane li stavano aspettando. Dopo qualche ora di scontri, un
gruppo più ridotto di giovani si è avvicinato al “Muro”, solo per essere
preso in un imboscata dai soldati. Awad è stato agguantato e aggredito,
ma ha cercato di liberarsi. Quando si è messo a scappare, un soldato
israeliano gli ha sparato alle spalle. Altri soldati israeliani hanno
impedito di portarlo al più presto in ospedale. L’esercito israeliano ha
sostenuto che un “rivoltoso” aveva cercato di impadronirsi dell’arma di
un soldato. Lafi era uno di otto figli. Nel 2013 era stato arrestato e
detenuto per 17 mesi per aver aiutato a distruggere una videocamera di
sorveglianza dell’odiato “Muro”. Nessuna indagine penale è stata aperta
sulla sua uccisione.
Mohammed Abu Khalaf, 20 anni. Ucciso il 19 febbraio 2016
Abu
Khalaf, di Kafr Aqab, nella Gerusalemme est occupata, è stato colpito
ed ucciso dalle forze israeliane fuori dalla Porta di Damasco, dopo aver
accoltellato e ferito due poliziotti di frontiera. In una ripresa video
girata da una troupe di Al Jazzera che si trovava per caso sul posto,
le forze israeliane hanno sparato a lungo su
Abu Khalaf anche dopo che era steso al suolo immobile. Le autorità
israeliane hanno trattenuto il corpo di Mohammed per 200 giorni,
restituendolo alla famiglia per il funerale solo il 6 settembre 2016.
“Oggi la sofferenza per una ferita inguaribile è stata riaperta quando
abbiamo ricevuto il suo corpo e lo abbiamo sepolto,” ha detto ai
giornalisti sua madre Rula. Le autorità israeliane hanno in seguito
deciso che nessuna imputazione sarebbe stata presentata contro i
poliziotti coinvolti.
Anwar Al-Salaymeh, 22 anni. Ucciso il 13 luglio 2016.
Al-Salaymeh
è stato colpito a morte dalle forze di occupazione israeliane mentre
stava viaggiando con i suoi amici a a-Ram, in Cisgiordania. L’esercito
israeliano ha affermato che i soldati hanno solo aperto il fuoco per
impedire un tentativo di investimento con l’auto. I passeggeri
sopravvissuti, tuttavia, hanno affermato che si stavano dirigendo verso
una panetteria e non sapevano della presenza di forze israeliane nella
zona, una versione dei fatti confermata da prove raccolte
dall’associazione per i diritti umani B’Tselem. Al-Salaymeh, che si era
sposato tre mesi prima della morte, stava andando a prendere dei
biscotti per la moglie incinta quando è stato ucciso. Secondo suo padre,
Al-Salaymeh “era stato di grande aiuto per la famiglia – e per questo
aveva lasciato la scuola superiore e si era messo a lavorare.” Non c’è
stata nessuna indagine sulla sua morte.
Muhyee al-Din Tabakhi, 10 anni. Ucciso il 19 luglio 2016.
Tabakhi
è stato colpito da una cosiddetta granata “spugna nera” [proiettili
ricoperti di materiale spugnoso nero, usati contro le manifestazioni e
considerati non letali. Ndtr.], sparata da membri della polizia di
frontiera a a-Ram, nella Gerusalemme est occupata. E’ morto poco dopo in
ospedale. Scontri tra i giovani del luogo e le forze israeliane nella
zona sono frequenti a causa di lavori in corso sul “Muro di
separazione”. Poco prima che Tabakhi venisse colpito, alcuni giovani
avevano lanciato pietre contro una jeep della polizia di frontiera,
inducendo un poliziotto a scendere dal veicolo e a inseguirli. Il
bambino di 10 anni è stato colpito al petto da una distanza di circa 30
metri. Anche un adulto che era intervenuto in soccorso è stato colpito
ad una mano. Un portavoce della polizia israeliana ha semplicemente
notato che non era stato usato nessun “proiettile letale”.
Muhammad Abu Hashhash, 19 anni. Ucciso il 16 agosto 2016.
Abu
Hashhash è stato ucciso dalle forze di occupazione israeliane durante
una brutale incursione durata un giorno nel campo di rifugiati di al-
Fawwar, nei pressi di Hebron. E’ stato colpito alla schiena nel momento
in cui stava uscendo dalla porta di casa da un cecchino israeliano
nascosto in una casa palestinese a circa 30-40 metri di distanza. I
soldati israeliani avevano fatto un piccolo buco nel muro della casa,
attraverso il quale il ragazzo è stato ucciso. Abu Hashhash era un
appassionato giocatore di pallone in un campo di circa 9.500 abitanti.
Durante quella stessa incursione, le forze israeliane hanno ferito
almeno 52 altri abitanti. anche con munizioni letali. Nel momento in cui
sto scrivendo, non ci sono notizie di un’inchiesta dell’esercito
israeliano sulla sua morte.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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