Sergio Della Pergola, risponde a Aryeh Eldad : Israele – Con la demografia non si scherza
La
demografia non è una menzogna o un “demone” – come suggerisce il Prof.
Aryeh Eldad sul numero di Venerdì 7 ottobre di Ma-’ariv-Sof-Hashavua
sotto il…
moked.it
La demografia non è una menzogna o un “demone” – come suggerisce il Prof. Aryeh Eldad sul numero di Venerdì 7 ottobre di Ma-’ariv-Sof-Hashavua sotto il titolo “La grande menzogna della demografia” – ma è una disciplina accademica che richiede conoscenza delle fonti di dati e dei metodi di ricerca, comprensione della teoria e capacità di applicarla. Anche se i risultati della demografia hanno importanti implicazioni per la politica, è necessario innanzitutto conoscere e analizzare i fatti, non nasconderne o ignorarne una parte, e non ridurli a servitori di un’idea politica. Nel suo articolo Aryeh Eldad protesta contro un’intervista a me sul sito Ynet in vista di Rosh HaShanah a proposito della situazione demografica nel mondo ebraico e in Israele, in cui spiegavo come secondo una definizione halachica di chi è ebreo, non sussiste oggi una maggioranza ebraica tra tutti i residenti dell’intera area compresa tra il mare Mediterraneo e il fiume Giordano. Eldad si basa su una relazione scritta da Yoram Ettinger, presentata innumerevoli volte a tutte le Commissioni della Knesset, sempre con gli stessi contenuti e anche con gli stessi errori di stampa. Eldad dimostra anche incredibile ignoranza quando dice che non c’è mai stata una maggioranza ebraica in Israele, mentre invece ne esisterebbe una proprio oggi, sempre in relazione a tutta la terra storica di Israele. Quello cui mirano Eldad e Ettinger, in realtà, non è la demografia ma ben altro: la permanenza definitiva di Israele nei territori occupati in Cisgiordania. La loro tesi, per essere sostenibile, deve necessariamente sbarazzarsi del fastidioso intralcio del cosiddetto” problema demografico”.
Rivediamo allora insieme i fatti principali sul bilancio demografico in Israele e nei territori. L’Ufficio Centrale di Statistica (CBS) – l’organismo ufficiale, competente, e di provata indipendenza professionale preposto in Israele alla raccolta e all’elaborazione dei dati su tutti gli aspetti della nostra vita – ha pubblicato alla vigilia di Rosh Hashanah che la popolazione di Israele ammonta a 8.585.000 persone, di cui 74,8% ebrei, 20,8% arabi, tra cui musulmani, cristiani e drusi, e 4,4% altri, tra cui i cristiani non arabi, e soprattutto i non appartenenti ad alcuna religione o nazionalità etnica che fanno parte di famiglie arrivate in Israele sotto l’egida della Legge del Ritorno. Inclusi nei dati su Israele sono anche i circa 220.000 ebrei e i circa 320.000 arabi residenti nei quartieri di Gerusalemme Est, e i 400.000 residenti israeliani in Cisgiordania e sulle alture del Golan. Il tasso di fecondità delle donne ebree di Israele è un po’ aumentato in questi ultimi anni a più di 3 figli in media, ed è un po’ sceso tra le donne arabe, che però hanno ancora una fecondità superiore a quella delle ebree. Il problema è che Eldad e Ettinger e i loro seguaci si rifiutano ostinatamente di ammettere che le persone (ebrei e arabi) non solamente nascono, ma anche muoiono. La popolazione israeliana gode di uno stato di salute generalmente buono e la speranza di vita degli arabi è ancora inferiore a quella degli ebrei. Tuttavia, poiché la composizione per età degli arabi è più giovane, il loro tasso di mortalità è molto inferiore a quello degli ebrei, e così l’incremento naturale (differenza tra nascite e morti) è molto più alto. Infatti, lo scorso anno il numero degli ebrei in Israele è aumentato del 1,9%, compresa la crescita naturale e l’immigrazione (che è diminuita rispetto all’anno precedente), mentre il numero di arabi è aumentato del 2,2%. La percentuale di arabi israeliani ripetto al totale è quindi cresciuta, sia pur di poco, e la percentuale di ebrei è leggermente diminuita. E poi simbolicamente nel corso dell’ultimo anno il nome più frequente dato ai bambini nati in Israele è stato Mohammed. Fino qui la demografia dello stato d’Israele. Il dibattito sulla demografia è molto più problematico riguardo alla popolazione dei territori. Fino agli inizi degli anni ‘90, il CBS di Israele è stato anche responsabile per i dati relativi ai territori. In seguito è stato fondato l’Ufficio Centrale Palestinese di Statistica (PCBS), che è un’organizzazione professionale ma molto esposta a pressioni politiche. I dati provenienti da Ramallah vanno pertanto letti attentamente ma con grande cautela. Eldad attacca chi si affida esclusivamente ai dati del PCBS, ma io non sono uno di loro. Egli sostiene anche che nella popolazione stimata della Cisgiordania vengono inclusi una seconda volta gli arabi di Gerusalemme Est, già inclusi nel clcolo della popolazione israeliana. Solo uno sciocco non lo capirebbe, e ancora una volta non sono io.
Secondo la mia ricerca, all’inizio del 2016 vi erano 2.448.800 palestinesi in Cisgiordania, non compresa Gerusalemme Est, e 1.750.600 a Gaza, per un totale di 4.199.400. Queste stime si ottengono dopo aver dedotto tutti coloro che vivono stabilmente all’estero, tenendo conto del saldo negativo delle migrazioni da e verso i territori, e supponendo che i tassi di crescita annuali siano identici a quelli dei musulmani in Israele, vale a dire il 2,9% tra il 1997 e il 2007, e circa il 2,2% nell’ultimo anno. Al contrario, secondo il PCBS palestinese a metà del 2016 vi erano 2.935.000 abitanti in Cisgiordania, di cui 225.000 a Gerusalemme Est, e 1.882.000 a Gaza, per un totale di 4.817.000, con tassi di crescita molto più alti. Secondo l’esercito israeliano (Zahal-IDF) e l’Amministrazione Civile dei territori, il numero dei palestinesi in Cisgiordania era di 2.919.350 all’inizio del 2016, esclusa Gerusalemme, pur riconoscendo che alcuni di loro vivono all’estero la maggior parte del tempo, con un tasso di crescita annuo del 2,57%. Il numero dei palestinesi e il tasso di crescita su cui si basano le mie stime sono dunque molto inferiori a quelle ufficiali di Zahal-IDF e dell’Amministrazione Civile israeliana, oltre che della statistica di fonte palestinese. Se consideriamo ora il totale della popolazione in Israele, in Cisgiordania, a Gaza, sulle alture del Golan, compresi i lavoratori stranieri, i turisti il cui visto è scaduto e i profughi che risiedono nel paese legalmente o illegalmente, all’inizio del 2016 vivevano tra il mare Mediterraneo e il fiume Giordano 12.890.800 persone. I 6.336.400 di ebrei secondo la definizione nucleo del Ministero degli Interni israeliano costituivano il 49,1% del totale – quasi un pareggio, ma non abbastanza per rappresentare la maggioranza.
Naturalmente nel paese vi è stata una maggioranza ebraica tra gli anni ‘50 e l’inizio del decennio in corso. Il punto di massima si è verificato attorno al 1975, quando il 65% di tutti gli abitanti della zona erano ebrei. In seguito gli arabi sono cresciuti più velocemente degli ebrei, nonostante la numerosa immigrazione ebraica, e si è verificata una costante erosione fino alla scomparsa di tale maggioranza. Se aggiungiamo 370.000 cittadini israeliani non ebrei secondo la legge ebraica, ma appartenenti a famiglie ebraiche, si ottiene una popolazione ebraica allargata di 6.706.400, pari al 52,0% della popolazione totale. Una maggioranza molto risicata. Da qui si possono immaginare diversi scenari. Possiamo sottrarre i 227.300 lavoratori stranieri, turisti e rifugiati, e la percentuale della popolazione ebraica allargata aumenterà a 52,9%. Se sottraiamo dal calcolo la popolazione di Gaza, la percentuale aumenterà a 61,4%. Non includiamo i drusi del Golan, e la percentuale salirà a 61,5%. Sottraiamo i palestinesi in Cisgiordania, e la percentuale salirà a 79,4%. Non includiamo i quartieri arabi di Gerusalemme Est, e la percentuale di ebrei aumenterà a 82,5%. Naturalmente, nella valutazione della natura dello stato di Israele, vi è un’enorme differenza se la percentuale di ebrei è del 82,5% o del 49,1%. Se il Prof. Eldad vuole trarre le sue conclusioni politiche da questi chiari fatti demografici, è libero di farlo. Ma in base al loro modo di scrivere, a Eldad e Ettinger sembra si applichi il detto dello statista francese Charles Maurice de Talleyrand con il ritorno dei Borboni al potere dopo la fine di Napoleone: non hanno imparato nulla, non hanno dimenticato nulla.
Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme
(Traduzione dell’articolo apparso su Maariv-Sof-Hashavua venerdí 14 ottobre 2016)
Commenti
Posta un commento