Israele: Non possiamo contare sugli uomini per creare la pace. Dobbiamo fare da sole.


 
 
 
 
 
Eetta Prince-Gibson Oct 20, 2016 3:56 PM A coronamento di due settimane di una marcia che ha attraversato il paese, donne israeliane e palestinesi giurano di…
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Eetta Prince-Gibson Oct 20, 2016 3:56 PM
A coronamento di due settimane di una marcia che ha attraversato il paese, donne israeliane e palestinesi giurano di continuare la loro lotta fino al raggiungimento di un accordo.
Cominciata con una celebrazione presso il Mar Morto, proseguita con una marcia per le strade di Gerusalemme, poi con una manifestazione davanti alla residenza del primo ministro, mercoledì si è conclusa la March of Hope di migliaia di donne israeliane e palestinesi.
La marcia è stata organizzata e sponsorizzata da Women Wage Pace, che – fondata nel 2014 da gruppo di donne  non-partisan in seguito all’operazione Protective Edge a Gaza – secondo i suoi volantini, richiede un accordo che sia rispettoso, non violento e accettato da entrambe le parti. “Non ci fermeremo fino a quando non sarà raggiunto un accordo politico che porti ad un futuro sicuro per noi, i nostri figli e nipoti”, dice il loro sito web. Le organizzatrici spiegano che il gruppo è finanziato principalmente con piccole donazioni che provengono da Israele e dall’estero, così come da Women Donors Network negli Stati Uniti.
La March of Hope, che ha attraversato il paese, è iniziata il 5 ottobre, quando circa 2.500 donne hanno percorso il primo tratto di 5 km da Rosh Hanikra sul confine libanese fino a Achziv Beach, a nord di Nahariya. Ogni giorno, da allora, le donne hanno partecipato a camminate lunghe dai 5 ai 10 km  in diverse località in tutto il paese, fra gli altri, un gruppo ha percorso a piedi e in bicicletta tratti da Eilat fino alla zona a ridosso della Striscia di Gaza.
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Le manifestazioni di mercoledì sono iniziate a Qasr al-Yahud, il sito in cui si crede che Gesù sia stato battezzato da Giovanni Battista. Circa 2.500 donne israeliane ebree e arabe sono arrivate in autobus da tutto il paese, da luoghi distanti come il mare di Galilea e i deserti del Negev e Arava. Si sono unite a più di 1.000 donne palestinesi giunte dalla Cisgiordania.
Secondo Ziad Darwish, che fa parte del Palestinian Committee for Interaction with the Israeli che opera sotto il patrocinio del partito Fatah, le donne palestinesi hanno ricevuto sostegno politico e finanziario dal presidente dell’Autorità Palestinese Mahmoud Abbas e dall’Autorità stessa, che ha pagato il noleggio dell’autobus, acqua e cappelli con il logo con la colomba che le donne indossavano, molte sopra i loro hijab.
Poiché Qasr al-Yahud è un sito religioso, un poliziotto in servizio che seguiva il raduno a distanza, ha spiegato a Haaretz che non è necessario alcun permesso né per le donne israeliane né per le palestinesi.
L’atmosfera è stata festosa, quasi inebriante – nonostante il caldo bruciante un gruppo di donne batteva il ritmo con i tamburi. Quando le donne palestinesi sono scese dagli autobus, molte sono state abbracciate dalle donne israeliane, altre hanno formato cerchi di danze improvvisate.
“Oggi ho sorelle ebree israeliane”, ha detto Maryam, un’insegnante di 35 anni che arrivava da “vicino a Jenin”. Con entusiasmo ha applaudito a lungo mentre le altre ballavano. Maryam ha ammesso di non voler dare il suo nome completo perché “non tutti in famiglia sono d’accordo… Soprattutto gli uomini, che non vogliono che le donne possano esprimersi.” Ha aggiunto: “Sono venuta qui, anche se ho dovuto perdere una giornata di lavoro, perché non voglio che nessuno sia ucciso – né dai soldati, né dai terroristi. Noi donne vogliamo pace e sicurezza per tutti. E so che la maggior parte della gente in Palestina la pensa come me.”
Fadwa Shear di Ramallah ha aggiunto: “Non possiamo contare sugli uomini per creare la pace. Dovremo farlo da sole.”
Ma che dire sulla non-normalizzazione che alcuni attivisti palestinesi mettono avanti per giustificare il loro rifiuto di incontrare le loro controparti della società civile di Israele?
“Questo incontro non è ‘normalizzazione’” ha replicato Shear. “Siamo donne politiche che invitano i loro leader a raggiungere un accordo politico. Sono molto orgogliosa di essere qui.”
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Leymah Gbowee, premio Nobel per la pace 2011 e leader dell’attivismo delle donne che pose fine alla sanguinosa guerra civile della Liberia, è stata ospite d’onore di Women Wage Peace. “Gli uomini cercano di sminuire l’attivismo delle donne come se non fosse importante, come se non fosse ‘roba seria’” ha detto in una breve intervista a Haaretz. “Ma pistole e bombe non sono rivolte solo contro gli uomini. Le donne soffrono dolore vero – e abbiamo cose serie da dire e le donne hanno la possibilità di unirsi e colmare le nostre divisioni – e questo è molto serio, molto politico e molto potente”.
Più tardi, parlando dal palco, Gbowee ha scatenato la folla nonostante il caldo opprimente. “Se non puoi vedere la speranza, se non riesci a vedere la pace, allora sei cieco”, ha detto con forza mentre la folla si è alzata in piedi, acclamando e applaudendo. “È necessario respingere la narrazione che la guerra sia il destino dei nostri figli. La guerra è facile, fare la pace è difficile. Ma sorelle, oggi avete fatto la storia! Nessuno potrà più ignorare l’appello alla pace.”
Ha sfidato la folla anche Hind Khoury, un’economista che è stata ministro degli Affari di Gerusalemme nell’Autorità Palestinese e delegata generale dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina in Francia dal 2006 fino al 2010.
“Questo potere delle donne è il migliore”, ha detto. “Ma sarà l’ultima volta? Faremo il lavoro pesante? La parte più difficile inizia domani – sapremo tenere il passo con la speranza nella nostra regione afflitta da violenza e disperazione?”
“I 50 anni di governo sul popolo palestinese, dalla culla alla tomba, non può andare avanti”, ha detto Khoury. “La nostra gente è pronta per la pace. Il presidente Abbas è pronto per la pace. Noi donne ci siamo unite per dire a tutti i nostri leader di lavorare ad un accordo negoziato.”
In aggiunta a queste e ad altre oratrici, si sono esibite le cantanti Yael Deckelbaum e Miriam Toukan. All’avvenimento hanno partecipato Hamutal Gouri, un’attivista delle donne e leader di Women Wage Pace e Huda Abuarqoub, direttrice regionale dell’Alleanza per la pace in Medio Oriente e una residente di Hebron.
Gouri ha concluso la cerimonia di Qasr al-Yahud dicendo: “La maternità non è solo mettere al mondo e allevare i nostri figli. La maternità è una posizione spirituale ed etica di responsabilità verso il mondo e per le generazioni future.”
Molte delle donne sono tornate a Gerusalemme, dove, insieme ad altre ancora, hanno formato una folla di 5.000 che ha marciato dall’ingresso della città fino alla piazza vicino alla residenza del Primo Ministro per la manifestazione conclusiva. Nei prossimi giorni l’organizzazione allestirà nella piazza  una “tenda della pace”.
Fin dalla sua istituzione, Women Wage Peace  ha mantenuto un atteggiamento non-partisan, chiedendo una soluzione politica pacifica del conflitto israelo-palestinese, senza schierarsi con una particolare opzione. “Il mondo non ha bisogno di un altro piano di pace. Ci sono già molti progetti eccellenti”, ha spiegato Gouri a Haaretz. “Ciò di cui abbiamo bisogno è una sincera volontà di fare la pace. E questo è ciò che noi donne chiediamo ai nostri leader: determinazione e coraggio per impegnarsi in negoziati di pace.”
Montare la tenda, pensano le donne, consentirà loro di allargare il consenso nei confronti dell’iniziativa al di là del naturale appoggio che viene dalla sinistra.
Infatti, Hadassah Froman, vedova del rabbino Menachem Froman, e sua nuora Michal, che era incinta quando in gennaio fu ferito da un palestinese in un attacco con il coltello, hanno parlato entrambe alla manifestazione. Le due donne, che vivono nella colonia cisgiordana di Tekoa, sono state accolte calorosamente dalla folla. “C’è una grande energia qui, e ci può portare su di una nuova strada verso il cambiamento”, ha detto Hadassah Froman. Tenendo in braccio la sua bambina, Michal Froman ha aggiunto: “Credo che la pace, come noi la vogliamo, arriverà là da dove noi sapremo vedere ciò che è possibile e ciò che è impossibile. Il diritto, pure, può essere parte della pace. La vita qui sarà migliore se smettiamo di vedere noi stesse come vittime del terrore o vittime dell’occupazione. Noi tutte dobbiamo superare tutto questo e metterci a lavorare duramente.”
Anche Abuarqoub ha parlato alla folla: “Sono venuta dai Territori occupati come donna palestinese a dire: Adesso basta! E’ tempo di pace e sicurezza per tutti quanti … Avete visto quante donne palestinesi questa mattina si sono unite a voi. Sono qui come palestinese a dire chiaro e forte: Avete una compagna!”

Trad. Simonetta Lambertini-Invictapalestina.org
Fonte: http://www.haaretz.com/israel-news/.premium-1.748406
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