Haaretz : : quando Peres disse la "Giordania è anche Palestina" Anno1978

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Shimon Peres, leader of the Israeli opposition is shown in June 1981 in his office.
I verbali desecretati di un incontro segreto antecedente agli accordi di Camp David rivelano che il defunto Shimon Peres disse all’allora primo ministro Menachem Begin che ‘la Giordania è anche Palestina’. ‘Si tratta di una conversazione tra tre persone, fatta eccezione per il nostro amico [lo stenografo], e tale deve rimanere’-  avvisò educatamente il primo ministro Menachem Begin all’inizio di un incontro che egli tenne il 31 agosto del 1978 con il presidente dell’opposizione, il parlamentare Shimon Peres, e il presidente della commissione parlamentare per gli affari esteri e la difesa, il parlamentare Moshe Arens.
I verbali che documentano l’incontro, alcuni dei quali appaiono in basso, sono stati classificati come “top secret”.
Quattro giorni dopo, Begin volò alla conferenza di Camp David e tornò con la storica firma del presidente egiziano Anwar Sadat su un accordo quadro per la pace in Medio Oriente. Poco prima del suo viaggio, aveva invitato il suo rivale politico per antonomasia, il presidente dell’opposizione, per aggiornarlo.
‘Vogliamo che la conferenza abbia successo’-  Begin disse a  Peres in occasione dell’incontro. ‘Per il bene della pace, ma anche per un altro motivo: Carter sta correndo un rischio come leader del mondo libero di cui noi facciamo parte e vogliamo preservare il prestigio del presidente degli Stati Uniti’.  Eppure, Begin era pessimista. ‘E ‘inconcepibile che in sei-otto giorni si possa firmare un accordo di pace. Glielo dico a Carter che lui ha dovuto negoziare sulla questione di Panama per 14 anni. Io chiedo anche solo quattro anni’.
Begin espose a Peres le sue linee rosse. Gli insediamenti nel Sinai sarebbero rimasti, ai Palestinesi sarebbe stata concessa una sorta di autonomia; la questione della sovranità sarebbe stata lasciata aperta per altri cinque – sette anni. ‘Se qualcuno proporrà la sovranità araba, avanzeremo la nostra richiesta di sovranità sulla Giudea e sulla Samaria’-  affermò Begin.
Peres: ‘La questione è se sei pronto a prendere in considerazione un compromesso territoriale nel caso lo proponessero’.
Begin: ‘Sentiamo prima cos’hanno da dire… Non voglio fare un processo alle intenzioni’.
Peres elencò a Begin le questioni su cui erano d’accordo. ‘Non siamo d’accordo con il ripristino dei confini del 1967, Gerusalemme deve rimanere unita e la difesa di Israele deve iniziare dal fiume Giordano, con una presenza dell’esercito in Giudea e Samaria’.
Begin: ‘E Gaza’.
Peres: ‘Sto parlando di Giudea e Samaria, e non di Gaza, ma non importa … Siamo contro la formazione di uno stato palestinese, dobbiamo insistere sul fatto che gli insediamenti nell’enclave Rafah debbano rimanere’.
Questo disse Peres all’uomo che avrebbe presto restituito all’Egitto la terra su cui erano stati costruiti tutti quegli insediamenti.
Peres disse a Begin che secondo  l’ ‘opinione che si era formato nel corso degli anni, per un periodo non ben definito non ci sarebbe stata altra scelta se non quella di un compromesso pratico’  in Giudea e Samaria.
Begin: ‘Cioè, senza divisione territoriale?
Peres: ‘Non vedo una mappa che potrebbe essere accettata da entrambe le parti. Non voglio che mentiamo a  noi stessi … Penso che un giorno o l’altro ci sarà bisogno di una divisione perché non sapremo che cosa fare con gli Arabi.
Arriveremo a 1,8 milioni di Arabi e prevedo che  la nostra situazione si farà molto difficile e non si tratterà di una questione di polizia o prigione… Li vedo mentre mangiano la Galilea e il mio cuore sanguina perché io fui fra i fondatori di Ramot Naftali [un villaggio a Nord di Israele] e vedo 300 case acquistate dagli Arabi e questo è l’inizio del processo.
Gli Arabi posseggono case ad Afula e ad Akkā  e stanno prendendo il controllo di interi rioni.  I villaggi sono pieni di lavoratori arabi. Mentre gli Ebrei se ne stanno seduti nelle loro case e a giocare a tennis, gli Arabi lavorano nei campi. Questo non mi sembra giusto’.
Peres raccontò poi a Begin di un incontro che ebbe poco tempo prima con Sadat, a Vienna, sotto gli auspici del presidente dell’Internazionale socialista Willy Brandt.
‘Sadat cercherà di apparire il più moderato possibile a Camp David perché vuole accattivarsi l’opinione pubblica. Secondo me, vuole ottenere qualcosa che mi preoccupa, vuole ottenere armi americane e, a tal fine, deve fare questo gioco. . . Sono molto contento che ci abbiano fornito F15 e F16. Sono contento che questo sia successo prima della conferenza di Camp David ‘ ha detto Peres.
Begin discusse quindi il significato del termine “Palestinesi”, dicendo: ‘Dopo tutto, siamo Palestinesi … E’ vero che c’è un paese che i non ebrei chiamano Palestina. Ma questo paese è  la terra di Israele’.
Peres: ‘Ti dirò dove noi due non ci troviamo d’accordo: io dico che la Giordania è anche Palestina … Sono contrario alla creazione di due paesi arabi e contrario alla creazione di un altro stato palestinese, contrario   alla creazione di uno stato di Arafat. Oggi il 50 per cento degli abitanti della Giordania sono palestinesi, il che significa che la Giordania è uno stato palestinese… Io dico che i nostri alleati sono i Giordani, non i Palestinesi’.
Arens: ‘Sono d’accordo con te al 100 per cento’.
Peres confidò a Begin e ad Arens che secondo lui i Palestinesi non erano a favore della pace ‘perché da un lato non vogliono mettere in pericolo i loro legami con la Giordania, dall’altro non vogliono agire contro l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP)’.
Peres affermò che anche se Israele ‘in teoria avesse avuto diritto all’acquisto dei terreni’, secondo lui nessun Palestinese avrebbe venduto le terre ad Israele.
‘Abbiamo già visto quanto sia difficile. Possiamo acquistare terreni qua e là con l’inganno, ma è una seccatura, è preoccupante’.
Peres aggiunse che secondo lui si sarebbero dovuti attribuire passaporti giordani agli abitanti di Gaza  e che il re Hussein avrebbe dovuto accogliere i rifugiati palestinesi, affermazione  a cui Begin rispose:  ‘Sono d’accordo con te’.
Peres spiegò poi in modo bizzarro perché preferiva che la Giordania estendesse il suo controllo sui Palestinesi. “Perché la Giordania può fare per l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina cose che noi non potremmo mai fare. Perché sono le scuole e gli studenti a protestare? Perché quando sono  gli adulti a protestare li sparano immediatamente’.
Peres disse a  Begin: ‘Secondo me, e so che posso peccare di ottimismo, con le parole giuste, possiamo siglare  un accordo separato con gli Egiziani’.
Peres condivise con Begin ulteriori impressioni inerenti i suoi incontri con Sadat, dicendo che ‘egli sopravvaluta le capacità tecnologiche e scientifiche di Israele. Pensa che siamo capaci di Dio sa che cosa’. ‘Possiamo fare molto, è vero’ – rispose Begin.
La fine è nota: a Camp David Begin accettò un accordo che, diversi mesi dopo,   portò a un trattato di pace e, infine, al ritiro di Israele dal Sinai. A Oslo, Peres, un tempo sostenitore della Giordania come soluzione alla questione palestinese, gettò le basi per un aspirante stato di Arafat.

Trad. Rossella Tisci-Invictapalestina.org
Fonte: http://www.haaretz.com/israel-news/.premium-1.747031


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