Franco Segre : Passato e Futuro
Vivere nel
passato. Vivere per il futuro. Sono due atteggiamenti e
mentalità che si trovano spesso in contrasto tra loro e dividono
le singole persone, o le famiglie, i gruppi o le relative
ideologie in due nette categorie di pensieri e di interessi: i
cosiddetti “conservatori”, che valorizzano il tempo trascorso,
che vivono nei loro ricordi, che rimpiangono ciò che è stato,
nella convinzione che contenga dei beni irripetibili,
definitivamente perduti; i cosiddetti “progressisti”, che
nutrono piena fiducia e speranza nell’avvenire, ma tendono a
guardare solo avanti, operando spesso in modo avventato per
ignoranza e superficialità e trascurando le esperienze della
storia, delle tradizioni, della dinamica dei progressi compiuti.
In mezzo
c’è il presente, che è difficile identificare e quantificare
come intervallo di tempo, in quanto è piuttosto un insieme di
istanti che si susseguono con continue mutazioni, trasformando
via via il futuro più prossimo nel più recente passato.
L’ebraismo
non valorizza il presente: è troppo fugace e inafferrabile per
potergli concedere una consistenza e un’autonomia, di fronte
alle due eternità di ciò che c’è prima e di ciò che verrà dopo.
Il presente è effimero ed ingannevole: vivere alla giornata è
difficile e improduttivo e nasconde un implicito rifiuto
dell’utilizzo delle capacità intellettuali. Non è un caso che
nella grammatica ebraica il tempo presente sia quasi
inesistente: vi è solo un participio, che, con l’ausilio del
verbo essere sottinteso, fotografa gli istanti infinitesimi e
inafferrabili che separano il passato dal futuro.
Nelle
nostre attenzioni non è facile fermarsi su quel punto o su quel
piccolissimo segmento della retta del tempo che rappresenta il
presente, perché ci troviamo in bilico costante tra il passato e
il futuro. Si rischia di cadere indietro o in avanti. Occorre
allora compiere lo sforzo continuo di non cadere, per dare
contemporaneamente peso e importanza al passato e al futuro, con
la coscienza e la convinzione che la nostra azione, istante dopo
istante, contribuisce a tracciare la strada del tempo che verrà.
La cultura
ebraica ha il pregio di fornirci metaforicamente due enormi
recipienti, entrambi di grande valore: quello del passato,
ricchissimo di storia, di gioie e sofferenze, di leggi e di
regole morali, di costumi, di amici e nemici, di meccanismi per
la sopravvivenza; quello del futuro, che contiene la prospettiva
messianica, fornendo il modello idoneo per condurci, passo dopo
passo, a costruire un mondo migliore, di intese per la pace e
per il benessere globale di tutta l’umanità. Spetta a ciascuno
di noi attingere continuamente piccolissime gocce dal recipiente
del passato, trasformarle opportunamente e riversarle nel
recipiente del futuro.
La
grammatica biblica ci indica non solo che manca nei verbi la
forma del presente, ma anche che la lettera vaw ha il
potere di trasformare il verbo a cui si aggancia dal passato al
futuro e dal futuro al passato. La nostra azione svolge una
funzione analoga: la goccia del passato si trasforma in goccia
del futuro, ma nell’istante successivo è nuovamente una goccia
del passato.
All’inizio
di ogni nuovo anno abbiamo il compito di esaminare criticamente
quelle gocce che abbiamo travasato con il nostro operato da un
recipiente all’altro: controlliamo le nostre azioni,
identifichiamo gli errori, meditiamo sul modo di correggerli, di
adattare il nostro comportamento alle esigenze dei nuovi tempi
che ci attendono o attendono i nostri figli e nipoti, e ci
ripromettiamo di agire di conseguenza, nella certezza e nella
prospettiva di quel tempo migliore, che dobbiamo supporre che
inizi a maturare “presto ai nostri giorni”.
Tachel shanah uvirkhotea!
Inizi l’anno con
le sue benedizioni!
Vivere
nel passato. Vivere per il futuro. Sono due atteggiamenti e mentalità
che si trovano spesso in contrasto tra loro e dividono le singole
persone, o le famiglie, i gruppi o le relative ideologie in due nette
categorie di pensieri e di interessi: i…
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