Elor Azaria sta affrontando un processo Dreyfuss dei nostri giorni
di Odeh Bisharat
Haaretz – 26 settembre 2016
Perchè
l’ex vice capo di stato maggiore Uzi Dayan non dichiara coraggiosamente
solo che chiunque colpisca palestinesi è innocente?
Nel
gennaio 1898, quattro anni dopo che Alfred Dreyfus, un ufficiale ebreo
dell’esercito francese, fu condannato come spia a favore della Germania,
lo scrittore Emile Zola scrisse una lettera aperta intitolata
“J’accuse”. Nel testo Zola accusò il comando francese di aver
falsificato i documenti per incriminare Dreyfus. Oggi stiamo assistendo a
un processo simile. Il moderno Dreyfus è rappresentato dal soldato
israeliano Elor Azaria, con l’ex- vice capo di stato maggiore Uzi Dayan
che interpreta Zola.
L’Emile
Zola originario attaccò l’esercito francese, mentre l’attuale sta
attaccando i comandanti dell’esercito israeliano che hanno osato mettere
sotto processo un soldato ebreo. Il primo sosteneva che i documenti
erano stati falsificati, mentre lo Zola attuale sta affermando che nel
passato sono successe cose peggiori e “i soldati non sono mai stati
processati”.
Ora,
se a Gerusalemme ci fosse una qualche forma di giustizia, lo stesso
Dayan dovrebbe essere processato. Dayan ha esplicitamente detto: “Ho
avuto a che fare con un incidente ancora più grave, molto più grave,
perché cinque palestinesi sono stati uccisi da paracadutisti
all’incrocio di Tarqumiya..era gente che stava tornando dal lavoro in
Israele..Ho detto: – ora formi una commissione di inchiesta per tre
giorni…- i soldati non sono neanche stati processati.”
C’è
un’affermazione più inequivocabile di questa? Dayan sta dichiarando che
i soldati erano colpevoli di aver ucciso cinque palestinesi innocenti, e
non ha fatto niente per perseguirli.
L’Emile
Zola di oggi continua dicendo: “La presunzione di innocenza di Azaria è
stata calpestata.” Queste cose sono state dette in un’udienza pubblica,
con un imputato a cui è consentito di andare a casa sua, è difeso da
una schiera di avvocati, con un primo ministro che simpatizza per lui e
un ministro della Difesa che è ancora più solidale.
Pensandoci bene, Dayan ha ragione. Seriamente, perché non dare semplicemente al soldato una nota di merito?
In
teoria il processo ad Azaria dovrebbe essere semplice. Un soldato è
ripreso mentre spara a un aggressore palestinese ferito che non
rappresenta una minaccia per lui né per chiunque altro. Eppure molti
nella destra israeliana (non tutti, naturalmente) sono accorsi in sua
difesa. Ci sono quelli che sostengono che forse c’è qualcosa di nascosto
che non si può vedere a occhio nudo. Che c’erano altre cose che stavano
succedendo e che la camera da presa non ha ripreso. (Forse il video era
truccato. Vale la pena verificare).
Dopo
tutto ciò ho evitato di mordere l’affascinante mela messa davanti a me.
Forse non era affatto una mela. Forse l’ho creata io con il mio ego
soggettivo. Ma con questa quantità di acrobazie della destra, il
processo ad Azaria sarà studiato nelle facoltà di filosofia per
esaminare se la sparatoria è davvero avvenuta o se esiste solo nell’ego
soggettivo di ognuno di noi. Dopotutto, Immanuel Kant ha già stabilito
che non possiamo distinguere tra le nostre percezioni di qualcosa e la
cosa in sé. Spero solo che questa filosofia favorevole venga applicata
anche ai prigionieri palestinesi.
Dayan
ora è l’amministratore delegato della lotteria nazionale Mifal Hapayis,
la seconda maggiore agenzia governativa responsabile della cultura in
Israele dopo lo stesso ministero della Cultura e dello Sport. Sarebbe
d’uopo che smettessimo di maltrattare la ministra della Cultura Miri
Regev perché non conosce Checov, mentre il miglior figlio della cultura
occidentale è orgoglioso di aver evitato il processo a soldati che hanno
ucciso cinque arabi.
Durante
il primo processo Dreyfuss l’ingiustizia gridava vendetta ai cieli, in
quanto era stato tramato un complotto contro un ufficiale dell’esercito
solo perché era ebreo. Il secondo processo Dreyfuss, tuttavia, sarà la
notizia finale per la celebrazione del cinquantesimo anniversario
dell’occupazione.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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