Davide Frattini : "Monte del tempio per gli ebrei, Spianata delle Moschee per gli arabi. Storia, mito e guerre di religione",



Il naso rivolto all’insù, gli occhi spalancati, lo sguardo commosso verso le pietre più contese tra le pietre contese di Gerusalemme. Yitzthak Yifat tiene l’elmetto tra le mani, assieme ai commilitoni ha combattuto per le strade della Città Vecchia, è tra i primi israeliani ad arrivare davanti al Muro del Pianto: è il 7 giugno del 1967, i macigni incastrati uno sopra l’altro puntellano da un paio di millenni la speranza e la volontà degli ebrei di tornare a pregare qui, ormai sorreggono anche la Spianata delle Moschee, il terzo luogo più sacro per l’islam. Che Yifat, oggi ostetrico e ginecologo, ripeta in pubblico «se serve per la pace, dobbiamo restituire quello che ho aiutato a conquistare» non basta a sciogliere le tensioni e le violenze pietrificate in questi metri quadrati. La Sura 17 del Corano racconta della notte in cui Maometto fuggì sulla bestia mitologica chiamata Buraq alla «moschea più lontana» dove guidò in preghiera un gruppo di profeti prima di ascendere in cielo. Nel 691, quasi sessant’anni dopo la sua morte, il califfo Abd Al-Malik ibn Marwan diede ordine di costruire una moschea sulla roccia al centro del monte a 740 metri sul livello del mare. Nella tradizione ebraica quella roccia è il punto d’incontro tra il Cielo e la Terra, è la rupe a cui Abramo ha legato Isacco, è il basamento del Primo e del Secondo Tempio, che venne distrutto dai romani nel 70. Quando in questi giorni Benjamin Netanyahu, il premier israeliano, ha polemizzato con i diplomatici che hanno sostenuto la risoluzione dell’Unesco — «cancella la nostra storia» — li ha invitati a visitare l’Arco di Tito a Roma: sul marmo è inciso ed esaltato il saccheggio di Gerusalemme, il bottino di guerra che comprendeva anche la menorah a sette bracci. Il candelabro a olio acceso dai sacerdoti per illuminare il Secondo Tempio è ancora il simbolo di Israele. È il Saladino — dopo aver ripreso la città agli ottantotto anni di dominio crociato nel 1187 — a fondare il Waqf, l’organizzazione islamica che gestisce i luoghi sacri. Più devoti che archeologi, questi guardiani oltranzisti hanno mantenuto l’incarico sotto gli ottomani, i britannici, i giordani e adesso gli israeliani. Perché Moshe Dayan, nominato ministro della Difesa poco prima della Guerra dei Sei giorni, era «riluttante — racconta Uzi Narkis, uno degli ufficiali che ha combattuto con lui — a infilarsi nella Città Vecchia, dentro le mura vedeva un mosaico minaccioso di moschee e chiese, di infiniti problemi religiosi». Così il generale dalla benda nera sull’occhio sinistro vuole liberarsi di quello che ha appena liberato dal controllo giordano: considera — e lo scrive — il Monte del Tempio «un luogo storico e del passato per gli ebrei, mentre è per i musulmani una questione di culto». Decide di lasciare l’amministrazione della Spianata delle Moschee al Waqf e definisce le regole di quello che resta tuttora lo «status quo»: gli ebrei possono visitare l’area ma non pregarvi, Israele è responsabile per la sicurezza della struttura. Al matrimonio di Tzipi Hotovely, giovane deputata del Likud e viceministro nel governo di Netanyahu, Yehuda Glick si è presentato un paio di anni fa con in tasca il dono più prezioso per lui e per i festeggiati: la terra raccolta sul Monte del Tempio. La sposa condivide con Glick un paio di convinzioni incendiarie quanto la barba e i capelli rossi del rabbino: gli ebrei devono tornare a pregare tra le moschee sulla Spianata, i palestinesi non avranno mai uno Stato. Glick — ferito nell’ottobre del 2014 da un estremista arabo che gli ha sparato al petto — e parlamentari della destra come Moshe Feiglin agitano i gruppi radicali ebrei che vogliono modificare gli accordi stretti da Dayan con la Giordania. Gli attivisti più ostinati cercano di aggirare i controlli della polizia israeliana, provano a indossare lo scialle e a intonare i salmi rituali in mezzo ai musulmani inginocchiati. Qualunque provocazione viene interpretata dai palestinesi — e dalla comunità islamica nel mondo — come una mossa da parte del governo israeliano per riprendersi i luoghi sacri. Le smentite di Netanyahu — ha ordinato ai deputati del Likud e ai ministri di non visitare la Spianata — non bastano a spegnere le teorie della cospirazione che servono a trasformare lo scontro tra i due popoli in conflitto religioso.
http://www.pressreader.com/…/corri…/20161020/281861528035025
"Monte del tempio per gli ebrei, Spianata delle Moschee per gli arabi. Storia, mito e guerre di religione", la cronaca di Davide Frattini.sul Corriere della Sera

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