Daniel Blatman : Netanyahu, ecco che cosa è veramente la pulizia etnica – Zeitun
Netanyahu,
ecco che cosa è veramente la pulizia etnica
TOPICS:IsraeleHaaretzCisgiordaniaGazapulizia etnica1948 Posted By: carlo
ottobre 5, 2016 di Daniel…
zeitun.info
Haaretz – 3 ottobre 2016
-
La pretesa di Benjamin Netanyahu che il trasferimento dei coloni dalla Cisgiordania sarebbe “pulizia etnica” è assolutamente insensata. Se vuole sapere che cosa sia la pulizia etnica, deve tornare al 1948, non al 2005.
L’ultimo colpo da maestro del “nuovo storico” Benjamin Netanyahu continua a raccogliere seguaci.
Il primo ministro ha recentemente
dichiarato che l’evacuazione degli insediamenti coloniali nei territori
occupati – che sono caratterizzati da segregazione razziale e risultano
illegali rispetto a qualunque standard giuridico internazionale – si
configurerebbe come pulizia etnica.
L’ultimo della sua lista di accoliti è Moshe Arens [politico del partito di destra Likud, ndt.],
che ha scritto: “ La pulizia etnica è la rimozione forzata di gruppi
etnici o religiosi da un determinato territorio allo scopo di renderlo
omogeneo dal punto di vista etnico o religioso” (“Pulizia etnica degli
ebrei da Gaza e altrove”, Haaretz, 19 settembre). Conclude quindi che
ogni volta che gli ebrei sono stati evacuati dalle loro case contro la
loro volontà – a cominciare dai residenti di Gush Etzion nel 1948 fino
ai coloni della Striscia di Gaza nel 2005 – è stata perpetrata una
pulizia etnica e le vittime sono stati gli ebrei. Questa è un’assurdità
che non trova il minimo riscontro nelle definizioni giuridiche
riconosciute.
Il concetto di pulizia etnica è recente,
è entrato nel linguaggio pubblico e giuridico nel 1992 durante la
guerra in Bosnia. I serbi bosniaci attaccarono i musulmani in Bosnia,
con l’obbiettivo di espellerli dal territorio in cui vi era una
popolazione mista verso zone a maggioranza omogenea di musulmani
bosniaci.
Gli stessi serbi utilizzarono il termine
per la prima volta nel 1981, quando i serbi del Kosovo furono attaccati
dai musulmani albanesi. Nel lessico internazionale degli anni ’90 il
termine veniva identificato con la guerra nella ex Yugoslavia, quando i
soldati di gruppi etnici attaccavano altre minoranze (serbi, croati,
albanesi, kosovari, musulmani bosniaci) allo scopo di cacciarli con la
forza verso differenti zone dove vivevano membri della stessa minoranza:
i croati in Croazia, i serbi in Serbia, i kosovari albanesi in Albania,
ecc.
A partire da allora, il termine è stato
sottoposto ad esame critico da parte di esperti legali e ricercatori,
poiché esso viene spesso usato come un eufemismo in casi che in realtà
dovrebbero essere catalogati come genocidio.
Il fenomeno della pulizia etnica non è
di semplice definizione. Da un lato, è diverso dall’esercitare pressioni
per l’emigrazione e il trasferimento di popolazione; d’altro lato, è
anche diverso dal genocidio. C’è ampio consenso nel campo della ricerca
sul fatto che la pulizia etnica sia una forma di migrazione forzata –
che può diventare violenta e spietata – di una popolazione indesiderata
da un determinato territorio a causa di odio razziale, etnico,
religioso, politico, strategico o ideologico.
E’ esattamente ciò che è successo nel
1948. Lo storico israeliano Benny Morris ha valutato che la maggior
parte degli arabi del paese, oltre 400.000, furono incoraggiati ad
andarsene o espulsi durante la prima fase della guerra – anche prima
dell’attacco degli eserciti delle nazioni arabe. Alcuni ricercatori
hanno ipotizzato che l’aggressione araba ad Israele in realtà iniziò
perché Israele aveva adottato una politica di pulizia etnica. Ciò in
quanto era difficile trovare una spiegazione alla massiccia evacuazione
militare di quasi 500.000 residenti palestinesi ed alla giustificazione
della loro espulsione col fatto che le aree in cui vivevano erano da
ritenersi appartenenti allo stato ebraico in base al Piano di
Ripartizione delle Nazioni Unite.
Morris sostiene che oltre sei mesi prima
che iniziasse l’invasione araba la leadership ebraica tentò di
espandere il territorio destinato all’insediamento dello stato ebraico e
di ridurre al minimo il numero di arabi che avrebbero vissuto sulle sue
terre. In altri termini, circa mezzo milione di palestinesi furono
scacciati con la forza dal territorio in cui vivevano, in quanto erano
una popolazione indesiderata, da un punto di vista etnico, razziale,
religioso, di prospettiva strategica, o da tutti quanti questi punti di
vista.
Le
centinaia di comunità in cui viveva la popolazione araba vennero rase al
suolo o cedute ad insediamenti ebraici alla fine della guerra. Le
proprietà arabe del valore di decine di milioni di sterline palestinesi (valuta della Palestina durante il mandato britannico, di valore pari alla sterlina inglese, ndtr.) furono
rubate e confiscate. Chi tentava di ritornare fu espulso con la forza o
ucciso. La pulizia etnica applicata in Palestina nel 1948 fu una delle
più riuscite del XX secolo.
Il metodo di pulizia etnica nei
confronti dei palestinesi vale anche per la popolazione ebrea che viveva
negli insediamenti di Gush Etzion. Ma occorre ricordare che vi erano là
solo quattro comunità e poche centinaia di ebrei. Ci sono altre
differenze fondamentali tra la pulizia etnica adottata contro i
palestinesi e quella adottata a Gush Etzion e Gush Katif, differenze che
coloro che approvano l’interpretazione di Netanyahu ignorano.
Nel 1992 il Consiglio di Sicurezza delle
Nazioni Unite insediò una commissione di esperti il cui compito era
proporre una definizione condivisa di pulizia etnica e fornire al
sistema giuridico internazionale degli strumenti per definire il crimine
e punire i responsabili.
In una nota, la commissione descrisse la
pulizia etnica come “intesa ad ottenere la distruzione fisica di un
gruppo, interamente o in parte” . E, in seguito, come l’evacuazione di
popolazione da un’area ad un’altra in “circostanze tali da condurre alla
morte dell’intera popolazione evacuata, o di parte di essa – se, per
esempio, le persone fossero trascinate fuori dalle loro case e costrette
a percorrere lunghe distanze in un paese in cui sono esposte alla fame,
alla sete, al caldo, al freddo e alle epidemie. “
Lo scopo di questa formulazione era
analizzare i punti in cui pulizia etnica e genocidio coincidono, e in
quali condizioni la pulizia etnica si trasforma nel crimine di
genocidio. Ma se consideriamo ciò che la commissione di esperti ha
stabilito, possiamo vedere che sostenere che l’evacuazione degli ebrei
dalle comunità individuate dal governo sia pulizia etnica è totalmente
privo di senso.
Anzitutto perché sappiamo bene che un
paese non può attuare una pulizia etnica su una popolazione che
appartiene allo stesso gruppo etnico. Può perpetrare un genocidio (come
fecero i Kmer rossi in Cambogia), ma l’evacuazione di una popolazione di
uno specifico gruppo etnico e il suo re- insediamento all’interno di
una popolazione dello stesso gruppo non configura pulizia etnica. E’ ciò
che il governo ha deciso di fare riguardo agli sfollati da Gush Katif
nel 2005 e a quelli dell’insediamento di Yamit nel Sinai nel 1982.
In secondo luogo, non c’è nulla di più
lontano dalla verità che descrivere le persone sfollate da Yamit o dalla
regione di Gaza nei termini di una miserabile popolazione sradicata
dalle proprie case e lasciata alla fame, alla sete ed esposta a rischio
per la propria esistenza.
Israele si impegnò a prendersi cura
delle famiglie sfollate e stanziò a tal fine somme enormi. Se i coloni
saranno evacuati in futuro dai territori occupati, il governo garantirà
loro nuovamente una rete di sicurezza, che gli consentirà di
ricominciare adeguatamente la loro vita in Israele.
Sono i palestinesi quelli che, a partire
dalla pulizia etnica di cui sono state vittime nel 1948 fino ad oggi,
sono rimasti esposti alla fame, alla deprivazione, alla violenza e ad
ulteriori espulsioni dalle proprie case. E sono quelli che vivono in
povertà nell’enorme ghetto di Gaza e nei campi profughi della
Cisgiordania. Tutte le interpretazioni surrettizie di Netanyahu e dei
suoi sostenitori non potranno nascondere nulla di tutto ciò.
L’autore
è uno storico dell’Olocausto e capo dell’Istituto per il popolo ebraico
contemporaneo all’Università ebraica di Gerusalemme.
Traduzione di Cristiana Cavagna
File includes research material commissioned by Ben-Gurion to 'prove' refugees were not expelled in 1948 War of Independence.
haaretz.com|Di Barak Ravid
Commenti
Posta un commento