Il Sussidiario.net-14 ore fa
Filippo Landi
sabato 22 ottobre 2016
Gerusalemme, mia cara. I politici
italiani parlano di te molto raramente. Quando lo fanno, come in questi
giorni, è per strepitare. L’Unesco, l’Organizzazione delle Nazioni Unite
che si impegna per salvaguardare il patrimonio culturale di questo
nostro grande e sofferente pianeta, ha scritto ed approvato, con
l’astensione dell’Italia (ma anche della Francia, della Svezia, della
Spagna) un documento che, in sintesi, ricorda che Gerusalemme è una
città dai molti “volti”. Quello arabo e musulmano, ammonisce l’Unesco,
non deve essere sfigurato.
Nessuno, ma proprio nessuno, si è
premurato di accertare quali fatti hanno portato a scrivere quel
documento. Chi vive a Gerusalemme, gente comune, padri e madri di
famiglia, ragazzi e vecchi, ma anche politici, giornalisti, diplomatici
quei fatti li conoscono e talvolta li hanno severamente denunciati. Loro
che vivono a Gerusalemme sanno come la cultura araba, ad esempio, è
sistematicamente compressa e vilipesa. Ogni anno, ad esempio, il
Festival palestinese della letteratura si trasforma per le autorità
israeliane in un pericoloso raduno da disperdere. A me è capitato di
essere ospitato, a Gerusalemme est, in un giardino protetto
dall’immunità concessa al Console inglese: con me c’erano scrittori
palestinesi ed inglesi, ai quali il Governo israeliano aveva rifiutato
ogni possibilità di riunirsi a Gerusalemme est.
Non si ricordano di te, mia cara
Gerusalemme, quando un fiume di soldi viene usato per comprare, giorno
dopo giorno, le abitazioni d’epoca della vecchia Gerusalemme. Si
allontanano gli anziani abitanti arabi, si impedisce ai giovani di
proseguire la tradizione familiare all’interno della città, e si
spalancano le vecchie porte ai nuovi abitanti israeliani ed ebrei.
Nessuno poi, tra i politici
occidentali, si accorge che i nomi dei quartieri e delle strade vengono
cambiati, via quelli arabi e spazio a quelli ebraici. E’ accaduto a
Musrara e a Sheikh Jarrah. E ricordate bene questo ultimo nome. Pochi
giorni fa alla fermata del tram due israeliani sono stati uccisi in un
attentato. Molti giornali hanno scritto “uccisi a Sheikh Jarrah”.
Infatti, a quella fermata, che per tutti, anche per gli israeliani di
Gerusalemme, è quella di Sheikh Jarrah, in realtà è stato imposto un
altro nome, ebraico: Shimon HaTzadik.
A tanti, a migliaia di tuoi cittadini
palestinesi, mia cara Gerusalemme, hanno tolto (con varie motivazioni)
la cittadinanza e il diritto a vivere in città. Questo è cominciato nel
giugno del 1967, con l’occupazione di Gerusalemme est, e continua sino
ai nostri giorni. C’è poi l’amaro destino degli abitanti di un tuo
quartiere, Silwan, ai piedi della Spianata delle Moschee. In nome della
costruzione del “Parco Nazionale Archeologico della Città di Davide”
centinaia di famiglie palestinesi sono state sfrattate dalla
Municipalità di Gerusalemme. Quante lacrime, quanti morti, quanti
feriti, quanti arrestati, anche giovanissimi, anche bambini, nelle
strade di Silwan negli scontri tra abitanti e polizia. Silenzio. Non di
tutti.
I diplomatici occidentali a
Gerusalemme, ad esempio, si accorgono di questi ed altri fatti, di
quella che loro stessi hanno chiamato l’ebraizzazione della città. Non
ultimo l’annullamento della parola Spianata delle Moschee, sostituita
sempre dall’espressione ebraica Monte del Tempio, anche quando si è
costretti a descrivere su quella Spianata gli scontri tra gruppi di
ebrei ultraordodossi, polizia, esercito e giovani palestinesi. Di questa
ebraizzazione della città hanno scritto i Consoli Generali a
Gerusalemme, anzi lo scrivono ogni anno, nel loro rapporto sulla città,
che inviano a Roma, Madrid, Parigi, Berlino, Londra. Hanno scritto più
volte quanto sia pericolosa e foriera di conflitti questa politica
israeliana, che tenta di sradicare la storia, la cultura e le persone
palestinesi dalla città.
Il nostro presidente della Repubblica,
Sergio Mattarella, a fine ottobre andrà in “Visita Ufficiale in Israele e
Palestina”: questi rapporti diplomatici su Gerusalemme sarebbero
un’utile lettura. A cominciare da quello che Gianfranco Fini, allora
ministro degli Esteri, impedì di discutere a Bruxelles. E poi come non
ricordare il silenzio dei nostri politici quando i governanti israeliani
ripetono che Gerusalemme è loro e rimarrà unita ma sotto controllo
israeliano. Gerusalemme, capitale anche della Palestina? Netanyahu dice
mai. E noi? Silenzio. Questo uccide le speranze di pace a Gerusalemme e
in Medio Oriente.
Noi sappiamo, tuttavia, quello che
accade a Gerusalemme. I nostri diplomatici lo sanno. Caro Renzi, quando i
nostri diplomatici si “astengono” e non votano “contro”, come accaduto
sul documento dell’Unesco, è per la consapevolezza di questa storia
misconosciuta di Gerusalemme.
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