Amira Hass: : Senza la prospettiva di uno Stato, i palestinesi si adattano ad un limitato autogoverno
: Senza la prospettiva di uno Stato, i palestinesi si adattano ad un limitato autogoverno
Gaza è alle prese con la prima condanna a morte inflitta ad una donna. In Cisgiordania la gente è sempre più convinta che l’ANP (Autorità Nazionale Palestinese) sia un’istituzione permanente, nonostante tutte le previsioni in senso opposto.
Oltre ai timori sul nuovo conflitto tra israeliani e
palestinesi a Gaza, gli arresti dell’esercito in Cisgiordania, le
notizie sull’avamposto di Amona ed i nuovi espropri di terre, i
palestinesi sono alle prese con alcune questioni interne, o almeno
parzialmente interne.
Mercoledì 5 ottobre c’è stato un precedente a Gaza.
Per la prima volta un tribunale palestinese ha comminato la pena di
morte ad una donna, a Khan Yunis. Una corte distrettuale l’ha incolpata
di omicidio premeditato di suo marito.
Il nome della vittima è stato reso noto a gennaio
dopo che è stato trovato il suo corpo: si tratta di Riad Abu Anza, di 36
anni. La stampa ha pubblicato solamente le iniziali dell’imputata,
anche se era a tutti noto chi fosse e da quale famiglia provenisse.
Subito dopo che i sospetti erano caduti su di lei,
una delegazione di Hamas si è recata in visita alla casa dell’ucciso e,
in una conferenza stampa, ha chiesto che la famiglia e gli altri
mostrassero moderazione e lasciassero lavorare gli inquirenti. Queste
espressioni erano un chiaro avvertimento che sarebbe stato difficile
arginare una sanguinosa faida.
Il corpo di Abu Anza, che mostrava i segni di
numerose ferrite da coltello, è stato trovato sabato 30 gennaio, dove
c’era in passato l’insediamento israeliano di Atzmona (l’area degli ex
insediamenti di Gush Katif è ora conosciuta come “i territori
liberati”). La famiglia aveva informato della sua scomparsa tre giorni
prima.
Nel giro di sei ore la
polizia di Gaza ha raggiunto sua moglie, che inizialmente ha negato ogni
coinvolgimento. Ma di fronte a prove evidenti, ha confessato. Una
videocamera di sicurezza nella zona (che è stata trasformata in fiorenti
progetti agricoli sotto Hamas o gente legata al gruppo e alle basi
militari) ha filmato Abu Anza insieme ad una donna coperta fino agli
occhi da un niqab (indumento islamico femminile che copre tutto il corpo e il capo, ndtr.).
In seguito, un’impronta rilevata sul luogo è stata trovata
perfettamente corrispondente alle scarpe della donna, e sui suoi vestiti
è stato trovato del sangue.
All’inizio del processo le è stato attribuito un
difensore d’ufficio. Delle attiviste femministe hanno detto ad Haaretz
che poiché lei aveva confessato non aveva richiesto un avvocato di
fiducia. Attivisti palestinesi per i diritti umani l’hanno visitata in
prigione; lei ha raccontato loro che quando era una studentessa
universitaria la sua famiglia l’aveva fatta sposare con Abu Anza, più
vecchio di lei, contro la sua volontà.
Lui aveva problemi di salute mentale. I media
palestinesi riferivano che era “un balordo”, i vicini dicevano che era
“un disgraziato”. Aveva divorziato dalla prima moglie perché non gli
aveva dato dei figli. La seconda moglie aveva dato alla luce un
maschietto.
Le attiviste femministe hanno riferito che
probabilmente lui la picchiava e la violentava sistematicamente, e
quando lei era scappata dalla sua famiglia quest’ultima aveva preso le
parti del marito e la aveva costretta a tornare da lui. Hanno detto che
si aspettavano che il giudice prendesse in considerazione queste
circostanze.
Se è stato davvero questo a portare all’omicidio, è
anche una sconfitta dei gruppi per i diritti delle donne e del ministero
palestinese per gli affari sociali. Lei non ha ritenuto di poter
rivolgersi a loro; forse non sapeva che ci fosse qualcuno a cui
rivolgersi. Adesso ha il diritto di appellarsi contro la sentenza di
morte per impiccagione; le attiviste sperano che questa volta si
convincerà ad assumere un avvocato di fiducia.
In base alla legge palestinese, l’esecuzione di una
sentenza di morte (prevista dalla legislazione della Giordania,
dell’Egitto e da quella rivoluzionaria dell’OLP) è possibile solo se è
confermata dal presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese. Ma il
regime di Hamas a Gaza non riconosce più come valida la presidenza di
Mahmoud Abbas. A partire dalla separazione dei due governi palestinesi
nel 2007 e la creazione di un sistema giudiziario separato a Gaza, la
gran maggioranza delle sentenze di morte è stata emessa là e solo a Gaza
esse sono state eseguite.
Dal 2005 Abbas non ha firmato sentenze di morte;
probabilmente le critiche dei gruppi palestinesi ed internazionali per i
diritti umani hanno avuto effetto. Dal 1994, sono state pronunciate 72
sentenze di morte dai tribunali palestinesi. Dal 2010, solo due sono
state emesse in Cisgiordania.
Secondo il sito web di B’Tselem, ufficialmente sono
state eseguite 13 sentenze. Ma alcuni prigionieri condannati a morte
sono stati assassinati mentre si trovavano nelle prigioni dell’ANP ed
alcuni sono stati uccisi da uomini armati dopo che erano fuggiti dalla
prigione durante i bombardamenti israeliani nell’inverno 2008-2009.
Dalla creazione del sistema giudiziario separato di
Hamas nel 2007, sono state emesse altre 68 condanne a morte nella
Striscia di Gaza, 33 delle quali sono state eseguite. Queste cifre non
includono i prigionieri uccisi da Hamas durante la guerra di Gaza
nell’estate del 2014.
Un alto funzionario di Hamas ha detto ad un ospite
europeo che, in assenza della pena capitale, le famiglie sarebbero
precipitate in sanguinose faide. Ma un attivista per i diritti umani di
Gaza sostiene che alcune persone continuano ad agire lo stesso per
ottenere vendetta. “Purtroppo la maggioranza della popolazione della
Striscia di Gaza è tuttora favorevole alla pena di morte”, ha detto.
Gli scagnozzi di Abbas
Nel pomeriggio di martedì 4 ottobre parecchie decine
di uomini e donne hanno risposto all’appello del Movimento Giovanile
Palestinese a prendere parte a Ramallah ad una manifestazione contro la
partecipazione di Mahmoud Abbas al funerale di Shimon Peres. Circa 15
minuti dopo, altri giovani sono arrivati portando bandiere di Fatah;
gridavano il loro appoggio ad Abbas e ai leaders di Fatah per gli anni a
venire. “Siamo convinti che (la leadership) sappia che cosa è bene per
la patria e per il popolo”, ha dichiarato ai giornalisti un
manifestante.
Questa scena si è ripetuta tantissime volte negli
ultimi anni. Soprattutto in occasione di manifestazioni il cui
principale bersaglio è Abbas, si svolgono contromanifestazioni in cui
almeno alcuni dei partecipanti sono persone pagate dai servizi di
sicurezza dell’ANP. Queste persone danno inizio agli scontri. Martedì
pomeriggio alcuni manifestanti, sia uomini che donne, sono stati
picchiati.
Alcune manifestanti
donne hanno denunciato che i loro aggressori le hanno anche molestate
sessualmente. Muhammad Karaja, un avvocato impegnato nel sostegno dei
prigionieri di Addameer (associazione di difesa dei prigionieri palestinesi, ndtr.)
ed in gruppi per i diritti, era presente nel suo ruolo di monitorare la
condotta delle autorità negli eventi pubblici. E’ stato colpito alla
faccia ed alla testa ed ha avuto bisogno di cure mediche.
Ha identificato i suoi aggressori come membri dei
servizi di sicurezza. Altri si trovavano lì vicino e non sono
intervenuti in suo aiuto, pur essendo lui conosciuto come avvocato.
L’aggressione nei suoi confronti e la dispersione
violenta della manifestazione hanno portato ad una serie di condanne.
Mercoledì l’ordine forense ha organizzato proteste in diverse città
della Cisgiordania. Gruppi per i diritti umani hanno chiesto che gli
aggressori vengano perseguiti. Il Fronte Popolare per la Liberazione
della Palestina ha incolpato dell’aggressione direttamente Abbas.
Intanto il sito di informazioni Amad (legato a Fatah
ed oppositore di Abbas) è venuto a conoscenza che il servizio di
sicurezza preventivo ha compiuto degli arresti per interrogare dei
membri di Shabiba, il movimento giovanile di Fatah, a Bir Zeit. Questo è
successo subito dopo che il gruppo ha distribuito volantini in cui si
chiedevano le dimissioni di Abbas per aver partecipato al funerale di
Peres.
Secondo il reportage, l’agenzia per la sicurezza
dell’ANP sospettava che il deposto dirigente di Fatah Mohammed Dahlan
fosse la persona che stava dietro all’appello di Shabiba. Tra l’altro,
già mercoledì Amad ha riferito che Abbas aveva tenuto un basso profilo
per due giorni; questo, prima dell’informazione ufficiale che Abbas era
stato in ospedale per esami cardiaci.
Insegnanti indipendenti fastidiosi
Il Ministero
dell’Educazione dell’ANP ha messo in guardia a chiare lettere gli
insegnanti che intendessero riprendere il loro sciopero. Nel migliore dei casi, i loro salari verranno ridotti. Nel
caso peggiore, saranno licenziati. E’ stato detto loro in duri termini,
in un comunicato stampa, che “il ministro non starà con le braccia
incrociate di fronte al tentativo organizzato palese di sovversione, e
alla insistenza di alcuni nel partecipare alla distruzione
dell’insegnamento in Palestina rinnovando lo sciopero nelle nostre
scuole.”
Il comunicato stampa del Ministero dell’Educazione,
riportato dall’agenzia di notizie Wafa, è pieno di altre pesanti
affermazioni, come ad esempio: “l’istigazione (da parte di alcuni
insegnanti) si salda all’attacco israeliano contro il Ministero
dell’Educazione palestinese. Non lasciatevi fuorviare, qui ci sono di
mezzo considerazioni personali ed interessi privati.”
A marzo gli insegnanti delle scuole pubbliche avevano
accettato di interrompere lo sciopero, che la gente aveva appoggiato,
dopo che Abbas aveva promesso di intervenire per applicare le condizioni
dell’accordo sui salari del 2013. Ma le promesse – soprattutto quella
di adeguare i salari al costo della vita – devono ancora essere
mantenute.
Intanto è stato creato un sindacato indipendente
degli insegnanti – al di fuori del sindacato tradizionale che fa
integralmente parte dell’OLP e dipende da Fatah e dal suo capo.
Chiaramente è questa attività indipendente che irrita particolarmente le
autorità palestinesi.
Legge sulla previdenza sociale migliorata
E adesso le buone notizie. La legge sulla previdenza
sociale per i lavoratori del settore privato, approvata da Abbas in
febbraio, è stata emendata e migliorata dopo una valanga di critiche.
Queste si sono esplicitate in manifestazioni, seminari con la
partecipazione di attivisti sociali e docenti universitari, denunce sui
media e assemblee pubbliche.
Da quando il Consiglio Legislativo Palestinese è
stato privato dei suoi poteri legislativi nel 2007, la legiferazione è
stata trasferita ai ministri e ad Abbas. Ovviamente ciò ha rafforzato il
carattere autoritario dell’Autorità Palestinese.
Però a volte i membri eletti del Consiglio
Legislativo riescono ad intervenire nel processo legislativo, discutere
le bozze e sollevare obiezioni, come hanno fatto nel caso della legge
sulla previdenza sociale. I piccoli partiti di sinistra vi hanno giocato
un ruolo importante.
La legge migliorata, positivamente recepita, è stata
annunciata mercoledì 28 settembre e comprende i seguenti risultati: una
garanzia governativa (statale, nella formulazione della legge) per il
fondo pensioni dei lavoratori, una modifica del rapporto tra i
contributi del lavoratore e quelli del datore di lavoro dal 7,5% e 8%
del salario rispettivamente al 7% e 9%, ed una riduzione del periodo
lavorativo a fini pensionistici da 360 mesi a 300 per gli uomini e da
300 a 240 per le donne.
Inoltre la pensione minima sarà il 75% del salario
minimo mensile (attualmente 1.450 shekels, cioè 382 dollari)[341,32
euro, ndtr] le donne avranno diritto al congedo per maternità dopo tre
mesi di lavoro anziché sei, vi sarà esenzione dalle tasse per un
prelievo una tantum dei risparmi sul fondo pensioni e il numero di
lavoratori rappresentanti nel consiglio sociale per la sicurezza passerà
da quattro a sei.
Infine ci sarà un intervento positivo per i disabili,
che potranno godere di una pensione dopo 10 anni di lavoro ed il
pagamento ai figli disabili nel caso di morte di un genitore assicurato,
anche se i figli hanno più di 21 anni; un intervento positivo per i
lavoratori che svolgono mansioni pericolose; il trasferimento della
pensione al marito nel caso di morte della moglie assicurata.
Oltre alle conquiste ottenute dalla protesta sociale
palestinese, l’approvazione di una legge sulla previdenza sociale – che
fa riferimento a situazioni di pagamenti e rimborsi che avverranno tra
decenni e la cui formulazione ha creato preoccupazione a molti
palestinesi per mesi – indica qualcosa di più. Nonostante tutte le
previsioni di un imminente tracollo – o perché Abbas non ha successori, o
per via dell’instabilità di Fatah, o ancora perché le restrizioni
israeliane impongono un’economia debole – i difficili rapporti tra la
popolazione e le istituzioni di un limitato autogoverno si stanno
adeguando alla situazione presente.
La situazione attuale non dipende quindi da una sola
persona. Nonostante le dure critiche interne all’ANP, ai suoi fallimenti
politici e nazionali, la percezione di essa come un’istituzione
permanente ed esistente sta iniziando a radicarsi.
La trasformazione dell’ANP in uno Stato appare molto
lontana. Ma sembra che proprio la speranza che essa assolva al suo ruolo
e sia al servizio della società possa essere un’altra strada per
sostenerla.
Traduzione di Cristiana Cavagna
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