Teheran, Khamenei stoppa le mire presidenziali di Ahmadinejad: no al terzo mandato
27/09/2016 - IRAN
Teheran, Khamenei stoppa le mire presidenziali di Ahmadinejad: no al terzo mandato
Il grande ayatollah giudica inopportuna una partecipazione del leader ultraconservatore alle presidenziali del 2017. La sua presenza rischia di polarizzare il Paese, un “male” per “tutti”. Negli ultimi mesi Ahmadinejad aveva rilanciato la propria immagine in pubblico. Secondo un fedelissimo obbedirà, suo malgrado, ai dettami della guida suprema; già in passato erano sorti contrasti.
Teheran (AsiaNews) - Il grande ayatollah Ali Khamenei è contrario
a un terzo mandato del leader ultraconservatore Mahmoud Ahmadinejad
alla guida dell’Iran. Nei mesi scorsi ambienti vicini alla massima
autorità sciita avevano fatto trapelare l’opposizione alla candidatura
dell’ex capo di Stato (in carica dal 2005 al 2013) alle elezioni del 29
maggio 2017. Ieri è arrivata anche l’ufficializzazione, per bocca dello
stesso Khamenei, durante un discorso tenuto davanti a un gruppo di
studenti e fedelissimi.
Le parole pronunciate dalla massima autorità religiosa della Repubblica islamica sembrano mettere la parola fine sulle ambizioni di Ahmadinejad: “Un uomo [il riferimento, sebbene non venga pronunciato il nome, è proprio all’ex presidente] è venuto a trovarmi. Considerando - ha aggiunto Khamenei - i suoi interessi e quelli del Paese, gli abbiamo detto: ‘Non trovo opportuno che voi partecipiate [al voto]”.
Per mitigare la clamorosa bocciatura del leader ultraconservatore, che ancora oggi gode di seguito fra le masse rurali e i più poveri, Khamenei ha aggiunto che le sue parole non sono un “ordine” o una “direttiva”, quanto piuttosto un “consiglio”. Una precisazione che serve a salvare la forma, ma certo non la sostanza della sua esternazione.
“Se voi partecipate - queste le parole del grande ayatollah, riportate sul suo sito ufficiale - il Paese rischia una polarizzazione e questo è un male per tutti”.
Analisti ed esperti sottolineano che, in questo modo, Ali Khamenei ha voluto bloccare la ridda di voci e le molteplici speculazioni che hanno fatto seguito all’incontro con lo stesso Ahmadinejad e fermare sul nascere la corsa alle presidenziali del prossimo anno.
Di recente diverse personalità di primo piano dell’ala conservatrice della Repubblica islamica, fra le quali l’ex vice presidente del Parlamento Mohammad-Reza Bahonar, avevano invocato un faccia a faccia fra i due. E non facevano mistero di sperare in uno stop deciso posto dalla massima autorità religiosa alle rinnovate - e per nulla nascoste - velleità di leadership di Ahmadinejad.
Quest’ultimo negli ultimi mesi aveva moltiplicato incontri e interventi pubblici per rilanciare la propria immagine in diverse province del Paese. Rafforzando così l’opinione di quanti erano pronti a scommettere sul ritorno alla vita politica attiva e in una sua candidatura alle presidenziali.
La presa di posizione netta - e pubblica - di Khamenei rappresenta una svolta anche per la Repubblica islamica, perché mai prima d’ora la massima autorità religiosa si era opposta alla candidatura di un uomo politico.
Finora non si registrano prese di posizione ufficiali di Ahmadinejad, anche se sul suo sito ufficiale è apparso un messaggio in cui si ricorda che “secondo [i principi] della rivoluzione [iraniana] lo Stato e il sistema [politico] appartengono al popolo”. Tuttavia, secondo quanto riferisce un fedelissimo (l’ex deputato ultraconservatore Hamid Razayi) egli obbedirà - suo malgrado - ai dettami di Khamenei.
Del resto la figura dell’ex presidente è ancora oggi fonte di controversie e contrapposizioni: nel 2009 la sua rielezione aveva sollevato imponenti manifestazioni di piazza dell’ala riformista, represse con la violenza. E nel 2011 egli si era ritirato per dieci giorni dalla vita politica attiva, in aperto contrasto con la decisione di Khamenei di mettere il veto al licenziamento di Heydar Moslehi, a capo dell’intelligence.
L’ultima apparizione pubblica di Ahmadinejad risale al 22 settembre scorso, in occasione di un discorso alla moschea Mahmoudieh di Teheran. Egli gode ancora oggi del sostegno dei Pasdaran e dell’ala conservatrice da sempre contrari all’accordo nucleare con gli Stati Uniti siglato dall’attuale presidente Hassan Rouhani e che non avrebbe sortito effetti positivi per il Paese. Nei mesi scorsi a molti osservatori non è sfuggita la “strana alleanza” fra Stati Uniti e fondamentalisti iraniani nel voler affossare l’accordo sul nucleare. Una mossa mirata a screditare l’operato dell’attuale leadership, rilanciando così un’eventuale candidatura di Ahmadinejad e la conseguente emarginazione (forzata) di Teheran dall’alveo della comunità internazionale.
Le parole pronunciate dalla massima autorità religiosa della Repubblica islamica sembrano mettere la parola fine sulle ambizioni di Ahmadinejad: “Un uomo [il riferimento, sebbene non venga pronunciato il nome, è proprio all’ex presidente] è venuto a trovarmi. Considerando - ha aggiunto Khamenei - i suoi interessi e quelli del Paese, gli abbiamo detto: ‘Non trovo opportuno che voi partecipiate [al voto]”.
Per mitigare la clamorosa bocciatura del leader ultraconservatore, che ancora oggi gode di seguito fra le masse rurali e i più poveri, Khamenei ha aggiunto che le sue parole non sono un “ordine” o una “direttiva”, quanto piuttosto un “consiglio”. Una precisazione che serve a salvare la forma, ma certo non la sostanza della sua esternazione.
“Se voi partecipate - queste le parole del grande ayatollah, riportate sul suo sito ufficiale - il Paese rischia una polarizzazione e questo è un male per tutti”.
Analisti ed esperti sottolineano che, in questo modo, Ali Khamenei ha voluto bloccare la ridda di voci e le molteplici speculazioni che hanno fatto seguito all’incontro con lo stesso Ahmadinejad e fermare sul nascere la corsa alle presidenziali del prossimo anno.
Di recente diverse personalità di primo piano dell’ala conservatrice della Repubblica islamica, fra le quali l’ex vice presidente del Parlamento Mohammad-Reza Bahonar, avevano invocato un faccia a faccia fra i due. E non facevano mistero di sperare in uno stop deciso posto dalla massima autorità religiosa alle rinnovate - e per nulla nascoste - velleità di leadership di Ahmadinejad.
Quest’ultimo negli ultimi mesi aveva moltiplicato incontri e interventi pubblici per rilanciare la propria immagine in diverse province del Paese. Rafforzando così l’opinione di quanti erano pronti a scommettere sul ritorno alla vita politica attiva e in una sua candidatura alle presidenziali.
La presa di posizione netta - e pubblica - di Khamenei rappresenta una svolta anche per la Repubblica islamica, perché mai prima d’ora la massima autorità religiosa si era opposta alla candidatura di un uomo politico.
Finora non si registrano prese di posizione ufficiali di Ahmadinejad, anche se sul suo sito ufficiale è apparso un messaggio in cui si ricorda che “secondo [i principi] della rivoluzione [iraniana] lo Stato e il sistema [politico] appartengono al popolo”. Tuttavia, secondo quanto riferisce un fedelissimo (l’ex deputato ultraconservatore Hamid Razayi) egli obbedirà - suo malgrado - ai dettami di Khamenei.
Del resto la figura dell’ex presidente è ancora oggi fonte di controversie e contrapposizioni: nel 2009 la sua rielezione aveva sollevato imponenti manifestazioni di piazza dell’ala riformista, represse con la violenza. E nel 2011 egli si era ritirato per dieci giorni dalla vita politica attiva, in aperto contrasto con la decisione di Khamenei di mettere il veto al licenziamento di Heydar Moslehi, a capo dell’intelligence.
L’ultima apparizione pubblica di Ahmadinejad risale al 22 settembre scorso, in occasione di un discorso alla moschea Mahmoudieh di Teheran. Egli gode ancora oggi del sostegno dei Pasdaran e dell’ala conservatrice da sempre contrari all’accordo nucleare con gli Stati Uniti siglato dall’attuale presidente Hassan Rouhani e che non avrebbe sortito effetti positivi per il Paese. Nei mesi scorsi a molti osservatori non è sfuggita la “strana alleanza” fra Stati Uniti e fondamentalisti iraniani nel voler affossare l’accordo sul nucleare. Una mossa mirata a screditare l’operato dell’attuale leadership, rilanciando così un’eventuale candidatura di Ahmadinejad e la conseguente emarginazione (forzata) di Teheran dall’alveo della comunità internazionale.
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