Omicidio di Nahed Hattar: bisogna formare un pensiero critico
Il
25 settembre un estremista ha ucciso lo scrittore Nahid Hattar mentre
si recava in tribunale per un processo a suo carico scatenato da una
vignetta satirica che aveva condiviso, ritenuta offensiva nei confronti
dell'Islam. Essendo lo scrittore un personaggio scomodo, è importante
riflettere prima di esprimere la propria opinione sull'accaduto.
Nahid
Hattar aveva condiviso una vignetta satirica ritenuta offensiva nei
confronti dell'Islam. Bisogna riflettere sul personaggio prima di dare
opinioni.
arabpress.eu
Di Roger Outa. Al-Modon (26/09/2016). Traduzione e sintesi di Claudia Negrini.
I proiettili che quel fanatico islamico
ha sparato sulle scale del Palazzo di Giustizia di Amman, uccidendo lo
scrittore Nahed Hattar, hanno avuto il merito di creare un fronte
comune, che ha denunciato quest’atto criminale. L’assassino, del resto,
in quanto estremista religioso, era il nemico perfetto e facilmente
condannabile. Ciononostante è stata una grande espressione di civiltà,
essendo Hattar un personaggio molto controverso.
Lo scrittore, infatti, utilizzava la
sua penna anche per giustificare i bagni di sangue perpetrati da Bashar
al-Assad, suo committente. Nahed Hattar credeva nella necessità della
continuazione del suo regime e non esitava a sostenere che lo sterminio
dei siriani fosse un tentativo di svuotare la Siria. Condivideva questa
opinione come se fosse “rivelata” e considerava qualsiasi rifiuto un
atto di disobbedienza che meritava una punizione capitale. Ma non
dobbiamo parlare di questo adesso.
La società spinge noi, che non siamo
terroristi né oppositori dello scrittore, a prendere una posizione nei
confronti di questo atto. Qualsiasi condanna che includa le parole
“siamo tutti vittime” è uguale a “siamo tutti criminali” e indica, in
realtà, che siamo stati accusati precedentemente di un qualche crimine.
Così come Nahed Hattar doveva dimostrare
nei suoi scritti l’esistenza di dio, in cui credeva ardentemente e
l’estremista religioso doveva dimostrare al suo dio di obbedire al suo
precetto di eliminare tutti gli “infedeli”, noi dobbiamo dimostrare che
il nostro dio è quello del “ nichilismo democratico”, come diceva il
tunisino Mehdi Belhaj Kacem. Ci dicono che se non esultiamo o non ci
affliggiamo per l’uccisione di Hattar, dimostriamo di non avere “ senso
umanitario”, “ valori” e quindi nessuna “morale”.
Per fare questo dobbiamo utilizzare il
nostro vocabolario dei diritti, forniti dal “libro santo del dio del
nichilismo democratico”. Dobbiamo usare i nostri versetti e applicarli
al delitto di Hattar. Dobbiamo cancellare i nostri pregiudizi
sull’assassino, ma anche e allo stesso tempo, quelli sulla vittima.
Entrambi risultano particolarmente controversi, tenendo conto che
quest’ultima ha sempre negato il genocidio dei iriani e l’ha appoggiato. Dobbiamo
separare il Nahed Hattar vivente dal Nahed Hattar morto per esprimere un
opinione oggettiva, così come dobbiamo separare il crimine reale dal
crimine come lo immaginiamo.
Dichiariamo di essere “contro
l’assassinio politico”, “per la libertà di pensiero e di espressione” e
“per il rispetto del diritto di dissenso politico”. Nel frattempo, siamo
consapevoli che gli insegnamenti del nostro nichilismo democratico non
si applicano al caso di Hattar. “Ma” non c’è niente di male, noi non
costruiamo la nostra opinione su di lui, non per lui, ma per noi, per
poter superare le eterne prove che la vita ci mette di fronte e che
dobbiamo affrontare con il nostro pensiero critico. Non dobbiamo neppure
cadere nella tentazione di pensare che coloro che non condannano l’atto
come noi, appoggino l’assassino, e siano felici dell’atto da lui
compiuto. Solo così il nostro pensiero critico può superare la prova.
Non bisogna, infatti cascare nel tranello e credere che la nostra sia
l’“opinione generale”, ritenendola l’unica “democratica”.
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