Nella striscia di Gaza nasce il primo rifugio per cani randagi

 
 
 
 
 
 
 
 
Le autorità religiose musulmane li considerano impuri e spesso gli sparano o li avvelenano. Nel sobborgo meridionale della città di Gaza, invece, è stato costruito…
lastampa.i

07/09/2016
Le autorità religiose musulmane li considerano impuri e spesso gli sparano o li avvelenano. Nel sobborgo meridionale della città di Gaza, invece, è stato costruito un rifugio che accoglie e addomestica i cani randagi. Un gesto d’amore, in un territorio martoriato dalla guerra.

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«Come possiamo costruire un rifugio per animali, quando abbiamo bisogno di un rifugio per noi stessi?», questo è il classico ragionamento di tutti gli abitanti della Striscia di Gaza. Ar, un quarantacinquenne padre di sette figli, ha deciso di contrastare l’opinione comune e di intervenire per salvare i cani. Il mese scorso ha aperto il primo rifugio per animali e ora il suo centro conta circa 75 animali, che vengono accuditi, sfamati e soprattutto addestrati. «Questo è il primo centro in Palestina che sostiene i cani randagi e li addomestica», ha raccontato Ar, fiero del proprio lavoro.

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Prima, Ar lavorava nell’unità cinofila della polizia, con cani specializzati nell’individuare droga ed esplosivi, e per questo adora gli animali. Quando il movimento islamista di Hamas ha preso il controllo di Gaza nel 2007, però, è rimasto senza lavoro e anche i suoi amici a quattro zampe sono diventati bersaglio. Nel territorio, infatti, le autorità religiose considerano i cani degli animali impuri e incoraggiano i musulmani a sparargli o ad avvelenarli.

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Ora, grazie al rifugio, gli abitanti di Gaza hanno iniziato ad occuparsi dei randagi, telefonando ad Ar perché li venga a prendere quando li vedono vagare per le strade. In questi casi, intervengono i team composti da circa 25 volontari, che si danno il cambio per catturare e portare al sicuro gli animali.

AFP

Ogni mattina, i volontari raccolgono gli avanzi dei ristoranti e dei negozi della città per sfamare gli ospiti a quattrozampe. Fino ad ora, però, Ar ha speso di tasca propria circa 35 mila dollari e - ha raccontato - non può permettersi altre spese. Il centro ha bisogno di crica 5mila dollari al mese per funzionare e, per questo, è stata lanciata una sottoscrizione on line. “Abbiamo bisogno di aiuto, altrimenti rischiamo di chiudere”, ha spiegato Ar.

Qualcosa si sta muovendo anche sul versante delle autorità cittadine, però: a breve il centro riceverà un nuovo lotto di terra dove allargare la struttura. 

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