Israele tra i coloni, il muro e la pace che non vuole nessuno
L'intifada dei coltelli non è finita. Ieri un
palestinese ha tentato di accoltellare un soldato israeliano in
Cisgiordania. Il soldato è rimasto ferito in modo grave, ha reagito, il
suo assalitore è morto. Venerdì scorso, le forze israeliane hanno ucciso
tre aggressori arabi in episodi separati, a Gerusalemme Est e nella
Cisgiordania. Dinanzi a queste tensioni, resta immutata l'indifferenza
della comunità internazionale, che non è giustificata dalla questione
siriana. Le tensioni in Terra Santa intanto ruotano attorno a questi
perni. Colui che appare il deusexmachina dell'atroce conflitto siriano
in corso da cinque anni appena oltre il confine della Terra promessa -
ovvero il presidente russo Putin, sembra l'unico davvero interessato a
far tornare al tavolo dei negoziati il premier israeliano Netanyahu e il
presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud Abbas. La
settimana scorsa, il premier conservatore israeliano Netanyahu ha
dichiarato che "i palestinesi vogliono compiere una pulizia etnica
contro i coloni ebrei" che vivono negli insediamenti. Secondo il diritto
internazionale, le colonie ebraiche sono illegali, ma Israele lo ha
sempre ignorato come ha sempre violato le risoluzioni dell'Onu. Gli
insediamenti - che nascono e si espandono senza sosta perché il verbo
dei coloni è, ancora più che per i palestinesi, usare anche l'arma
demografica per imporsi - sono il motivo per cui i negoziati sono finora
falliti. Per le autorità palestinesi non è infatti possibile tornare a
negoziare senza la pre-condizione del congelamento delle colonie.
Precondizione che Israele non accetta. Uno Stato per essere reale e non
solo nominale deve infatti avere una continuità territoriale che proprio
le colonie concorrono a impedire. I coloni sono circa mezzo milione su
una popolazione di 4 milioni di palestinesi. Persino la Lega contro la
diffamazione (ADL), un gruppo di pressione costituito da ebrei americani
allo scopo di denunciare l'antisemitismo e le falsità divulgate contro
il popolo ebraico, ha rimproverato con toni aspri Netanyahu e bollato
come propaganda l'accusa da lui mossa ai palestinesi di voler realizzare
una pulizia etnica. Nel giugno scorso, il quotidiano israeliano
YediothAronoth ha svelato un piano dell'attuale governo che prevede la
realizzazione di una barriera di cemento armato sotterranea lungo il
confine con la Striscia di Gaza. Il muro dovrebbe arrivare alcune decine
di metri sotto terra e altrettanto in superficie. Il motivo per cui
dovrebbe scendere in profondità è l'eliminazione della minaccia dei
tunnel realizzati da Hamas a cavallo della Striscia per infiltrarsi in
territorio israeliano. Il muro, che si estenderà lungo i 96 chilometri
che delimitano l'enclave palestinese, ha un costo stimato di 568 milioni
di dollari. Intanto lo scorso aprile erano ripresi i lavori di
costruzione di una sezione del muro che circonda la Cisgiordania,
iniziato nel 2002. Nel 2004, la Corte internazionale di giustizia ha
stabilito che la costruzione della barriera è illegale e, come ha fatto
l'Assemblea generale delle Nazioni Unite, ne ha chiesto la demolizione.
Israele ha ignorato, ancora una volta, il verdetto di un ente
internazionale, forte anche del fatto che il parere della Corte
internazionale non è vincolante. Anche nella zona nord di Israele,
l'Alta Galilea e le Alture del Golan rispettivamente al confine con il
Libano e la Siria, potrebbero sorgere nuove recinzioni e barriere come
forma di deterrenza nei confronti di Hezbollah. Nelle ultime due
settimane, l'aviazione israeliana ha bombardato più volte alcune
postazioni dell'esercito lealista di Damasco in risposta alla caduta di
razzi dal versante siriano delle alture del Golan. Il governo guidato
da Netanyahu considera Damasco responsabile della caduta di qualunque
razzo sui territori nel Golan. I gruppi jihadisti, tra cui l'Isis, che
combattono il regime di Assad, nonostante la tregua in corso, cercano di
avanzare e occupare le posizioni dell'esercito siriano anche nella zona
situata a ridosso delle alture. Come ha riferito la tv israeliana
Canale 10, lo Stato ebraico ha aperto lo scorso anno un passaggio per
trasportare i "ribelli" islamici feriti verso gli ospedali israeliani.
Secondo numerosi osservatori, Israele sosterrebbe i gruppi che
combattono in Siria in funzione anti Assad. Ghassan Muhammad, esperto di
affari israeliani intervistato da una emittente televisiva panaraba, ha
dichiarato: "Israele ha paura del successo degli esiti dei colloqui di
pace russo-americani e dell'eventualità di giungere a una soluzione
politica in Siria perché per Tel Aviv significherebbe perdere i propri
strumenti nella regione e vedere sfumare l'opportunità di una
disintegrazione delle forze armate e dell'esercito siriano". Di sicuro
c'è che Israele teme la nascita di una enclave sciita a ridosso del
proprio confine e, pur di evitarlo, non si farebbe scrupolo a foraggiare
i terroristi islamici, al cui confronto l'ortodossia oscurantista di
Hamas impallidisce.
Israele tra i coloni, il muro e la pace che non vuole nessuno - Il Fatto Quotidiano
L’Intifada
dei coltelli non è finita. Ieri un palestinese ha tentato di
accoltellare un soldato israeliano in Cisgiordania. Il soldato è rimasto
ferito in modo grave, ha reagito, il suo assalitore è morto. Venerdì
scorso, le forze israeliane hanno ucciso tre aggressori arabi in episodi
separati, a G...
ilfattoquotidiano.it|Di Roberta Zunini
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