Gideon Levy : Sì, Netanyahu, parliamo pure di pulizia etnica
Sì, Netanyahu, parliamo pure di pulizia etnica
Haaretz – 11 settembre 2016
di Gideon Levy
Trasformare i coloni israeliani in vittime è l’atto di impudenza più strabiliante da parte del primo ministro fino ad ora.
L’unica
pulizia etnica di massa che ha avuto luogo qui è stata nel 1948, quando
circa 700.000 arabi sono stati obbligati a lasciare le loro terre.
Israele
ne sa qualcosa di pulizia etnica. Il primo ministro Benjamin Netanyahu
ne sa qualcosa di propaganda. Il video che ha postato venerdì dimostra
entrambe le cose. Ecco la verità, ancora un’altra testimonianza della
faccia tosta israeliana: l’evacuazione dei coloni dalla Cisgiordania
(che non è mai avvenuta, e presumibilmente non avverrà mai) è pulizia
etnica.
Sì,
lo Stato che ti ha portato la grande pulizia etnica del 1948, che non
ha mai, in fondo al suo cuore, abbandonato il sogno dell’espulsione, e
che non ha mai smesso di portare avanti metodicamente micro-espulsioni
nella Valle del Giordano, nelle colline meridionali di Hebron, nella
zona di Ma’aleh Adumim [grande colonia nei pressi di Gerusalemme est.
Ndtr.] e anche nel Negev [zona meridionale di Israele, da cui vengono
espulse le comunità beduine con cittadinanza israeliana. Ndtr.] – questo
Stato chiama lo spostamento dei coloni pulizia etnica. Questo Stato
paragona gli invasori dei territori occupati ai figli della terra che si
aggrappano alle loro terre e case.
Netanyahu
ha dimostrato ancora una volta di essere quello vero, il più autentico
rappresentante della “israelicità”, che ha creato una realtà tutta sua:
trasformare la notte in giorno, senza vergogna e senza alcun senso di
colpa, senza inibizioni.
In
Israele molta gente, forse la maggioranza, lo prenderà per buono. I
coloni della Striscia di Gaza sono diventati “espulsi”, la loro
evacuazione una “deportazione”. Non solo è legittimato un atto
aggressivo e violento – la colonizzazione -, ma i suoi attori sono
vittime.
Gli
ebrei sono vittime. Sempre gli ebrei, solo gli ebrei. Un primo ministro
israeliano meno sfrontato ed arrogante di Netanyahu non oserebbe
pronunciare il termine “pulizia etnica”, per via della trave nel suo
stesso occhio. Poche campagne di propaganda oserebbero arrivare così
lontano. Eppure ogni tanto la realtà si intromette.
E
la realtà è affilata come un rasoio. L’unica pulizia etnica di massa
che ha avuto luogo qui è stata nel 1948. Circa 700.000 esseri umani, la
maggioranza, sono stati obbligati a lasciare le loro case, le loro
proprietà, i loro villaggi e le terre che sono state loro per secoli.
Alcuni sono stati espulsi con la forza, fatti salire su dei camion e
portati via; alcuni sono stati intenzionalmente spaventati perché
scappassero; altri ancora se ne andarono, forse senza ragione. Non gli è
mai stato consentito di tornare, tranne pochi, anche solo per
ricuperare le loro cose.
Non
poter tornare è stato ancora peggio che essere espulsi. Ciò prova che
la pulizia etnica è stata intenzionale. Non è rimasta neanche una
comunità araba tra Jaffa e Gaza, e tutte le altre aree sono sfregiate
dai resti di villaggi, le vestigia della vita. Questa è una pulizia
etnica – non c’è altro termine per definirla. Più di 400 villaggi e
cittadine sono stati spazzati via dalla faccia della terra, le loro
rovine coperte da comunità ebraiche, foreste e bugie. La verità è stata
celata dagli ebrei israeliani e ai discendenti dei deportati è stato
vietato di commemorarli – né un monumento né una lapide, per parafrasare
Eugeny Yevtushenko.
Il
numero dei coloni ora supera quello degli espulsi. Hanno invaso una
terra che non era loro, con l’appoggio dei vari governi israeliani e
l’opposizione del mondo intero, e sapevano che la loro impresa era
costruita sul ghiaccio. Loro e i governi israeliani non solo hanno
brutalmente violato le leggi internazionali, che non sono minimamente
rispettate in Israele. Hanno violato anche la legge israeliana, con
l’appoggio di una magistratura assoggettata.
Il
furto di terra è anche una violazione della legge messa in pratica in
Israele e nei territori. Quando israeliani, e il resto del mondo, hanno
cominciato ad abituarsi a questa situazione, ad accettarla come
inevitabile, salta fuori il primo ministro e alza il livello della sua
sfacciataggine: i coloni sono in realtà vittime. Non quelli che loro
hanno espulso, non quelli che hanno spogliato della loro terra. Nella
realtà, secondo Netanyahu, i coloni che hanno costruito con il proposito
di escludere un compromesso con i palestinesi non sono un ostacolo, e
lui li equipara ai ” she’erit haplita” – ciò che resta dei palestinesi
che sono rimasti in Israele, per prendere in prestito un termine da ciò
che è restato dopo l’Olocausto.
Il
linguaggio può essere distorto per qualunque scopo, propaganda per ogni
perversione morale. Addio, realtà, qui tu non conti più niente.
(traduzione di Amedeo Rossi)
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