Scontri
armati tra forze di sicurezza palestinesi e civili palestinesi,
verificatisi il 18 agosto nella città di Nablus, hanno causato la morte
di cinque uomini, tra cui due membri delle forze di sicurezza;
altre venti persone hanno subìto lesioni
provocate da inalazione di gas lacrimogeno. Gli scontri sono scoppiati
nel corso di una operazione di ricerca-arresto che, da quanto riferito,
intendeva accertare il possesso illegale di armi. Due uomini, sospettati
di aver aperto il fuoco contro le forze di sicurezza, sono stati
successivamente arrestati.
Il 21 agosto, nella Striscia di Gaza,
l’esercito israeliano ha effettuato decine di attacchi aerei e sparato
colpi di carro armato contro centri di addestramento militare e
strutture, causando il ferimento di quattro palestinesi, due dei quali
civili (uno minore). I siti presi di mira sono stati gravemente
danneggiati, così come un serbatoio d’acqua non utilizzato. Gli attacchi
(i più intensi dal cessate il fuoco del 26 agosto 2014) hanno fatto
seguito al lancio di un razzo, effettuato da un gruppo armato
palestinese, verso il sud di Israele, dove non ha provocato feriti né
danni.
Sempre a Gaza, nei pressi della
recinzione perimetrale, durante scontri scoppiati nel corso di due
manifestazioni di protesta, le forze israeliane hanno sparato con armi
da fuoco e ferito quattro civili palestinesi, tra cui un 17enne.
Inoltre, in almeno sette occasioni, le forze israeliane hanno aperto il
fuoco di avvertimento verso persone presenti in Aree ad Accesso
Riservato (ARA) di terra e di mare: non sono stati segnalati feriti,
anche se il lavoro di agricoltori e pescatori è stato interrotto. In
mare, due pescatori sono stati arrestati e la loro barca sequestrata,
mentre altri quattro civili, tra cui due ragazzi, sono stati arrestati
mentre tentavano di entrare illegalmente in Israele.
In Cisgiordania, nel corso di
molteplici scontri, le forze israeliane hanno ucciso un giovane
palestinese e ferito altre 88 persone, tra cui 14 minori. L’episodio
più grave, che ha portato all’uccisione del giovane e a 52 ferimenti
(32 dei quali causati da armi da fuoco), ha avuto luogo nel Campo
Profughi di Al Fawwar (Hebron), nel corso di una vasta operazione
militare. La maggior parte degli altri feriti sono stati registrati
vicino ai checkpoint di Beituniya (Ramallah) ed Huwwara (Nablus) e nella
città di Abu Dis (Gerusalemme), durante manifestazioni di solidarietà
con i prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane.
Le autorità israeliane hanno
restituito alla famiglia il cadavere di un palestinese sospettato di
aver compiuto un attacco contro israeliani; il corpo era trattenuto da
più di cinque mesi. Attualmente, sono ancora trattenuti dalle
autorità israeliane i corpi di 15 presunti responsabili palestinesi;
alcuni da parecchi mesi.
In Area C e a Gerusalemme Est, per
mancanza di permessi di costruzione israeliani, le autorità israeliane
hanno demolito 28 strutture di proprietà palestinese: sfollate 55
persone, tra cui 20 minori, e coinvolte, in modi diversi, altre 800.
Tra le strutture demolite: sette abitazioni, otto latrine, un ricovero
per animali nella comunità pastorizia di Jurat al Kheil (Hebron), una
strada agricola in Qusra (Nablus) utilizzata da circa 120 famiglie. Sei
di queste strutture erano state finanziate da donatori internazionali e
fornite come assistenza umanitaria.
In Area C, in separati episodi,
adducendo la mancanza dei necessari permessi, le autorità israeliane
hanno confiscato attrezzature e alberi di proprietà palestinese.
Coinvolte cinque comunità: nei villaggi di Duma (Nablus), Turmus’ayya
(Ramallah) e Al Jiftlik (Jericho) sono stati confiscati un serbatoio per
l’acqua, una scavatrice, un generatore di energia elettrica e una
saldatrice; in Shufa (Tulkarem) e Beit Ula (Hebron), sostenendo che
erano stati piantati in aree designate [da Israele] come “terra di stato”, le autorità israeliane hanno sradicato e sequestrato circa 330 piante di vite e di ulivo.
Sempre in Area C, nel governatorato
di Gerusalemme, le autorità israeliane hanno tagliato un allacciamento,
non autorizzato, ad una conduttura che forniva acqua potabile a 41
famiglie di quattro comunità beduine; è stato riferito che questo
allacciamento era attivo da dieci anni. Nella stessa zona, altre due
comunità beduine, Sateh al Bahr e Abu Nuwwar, hanno ricevuto 15 ordini
di demolizione e arresto-lavori per abitazioni, una scuola materna, e
strutture correlate a mezzi di sussistenza. Questa settimana, a seguito
di una visita presso quest’ultima comunità, Robert Piper, Coordinatore
Umanitario per i Territori palestinesi occupati, ha dichiarato: “La
serie ripetuta di demolizioni, le restrizioni all’accesso ai servizi di
base e le visite periodiche da parte del personale di sicurezza
israeliano per promuovere ‘piani di rilocalizzazione’, sono tutti
elementi di un contesto coercitivo” che accresce il rischio di
trasferimento forzato di questi palestinesi indifesi.
Secondo quanto riferito, un colono israeliano è stato ferito e tre proprietà danneggiate nei pressi di Husan (Betlemme), Hizma e Shu’fat (entrambi a Gerusalemme), in conseguenza del lancio di pietre da parte di palestinesi.
Durante il periodo di riferimento, il valico di Rafah, sotto controllo egiziano, è stato chiuso in entrambe le direzioni.
Dall’inizio del 2016, il valico è stato parzialmente aperto per soli
quattordici giorni. Secondo le autorità palestinesi di Gaza, oltre
27.000 persone sono registrate ed in attesa di attraversare.
nota 1:
I
Rapporti ONU OCHAoPt vengono pubblicati settimanalmente in lingua
inglese, araba ed ebraica; contengono informazio-ni, corredate di dati
statistici e grafici, sugli eventi che riguardano la protezione dei
civili nei territori palestinesi occupati.
L’Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, traduce in italiano (vedi di seguito) l’edizione inglese dei Rapporti.
sono scaricabili dal sito Web della Associazione per la pace – gruppo di Rivoli, alla pagina:
nota 2: Nella versione italiana non sono riprodotti i dati statistici ed i grafici. Le scritte [in corsivo tra parentesi quadre]
sono talvolta aggiunte dai traduttori per meglio esplicitare situazioni e contesti che gli estensori dei Rapporti
a volte sottintendono, considerandoli già noti ai lettori abituali.
nota 3: In caso di discrepanze (tra il testo dei Report e la traduzione italiana), fa testo il Report originale in lingua inglese.
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