“Il giardino degli ulivi” di Deborah Rohan - Arabpress
“Il
giardino degli ulivi” di Deborah Rohan - Hamzi e sua figlia Ruba
atterrano all'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv e si dirigono in macchina
verso Akka, la città da cui l'uomo manca dal 1948, quando
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Hamzi
e sua figlia Ruba atterrano all’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv e si
dirigono in macchina verso Akka, la città da cui l’uomo manca dal 1948,
quando esule si trasferisce con la famiglia in Libano e poi da lì negli
Stati Uniti d’America.
Parte da qui la storia narrata ne “Il
giardino degli ulivi” dell’americana Deborah Rohan, romanzo che
attraverso le vicende della famiglia Moghrabi ripercorre le tappe
principali della storia della Palestina, dalla prima guerra mondiale, al
protettorato britannico, all’arrivo dei primi coloni ebrei fino agli
anni della Nakba.
Nel viaggio che da Tel Aviv li porterà
ad Akka, Ruba chiede a suo padre di raccontarle la storia della sua
famiglia, una famiglia palestinese molto legata alla propria terra e per
tale ragione distrutta dall’obbligato esilio a causa dell’arrivo dei
sionisti e della instaurazione dello stato ebraico di Israele.
Hamzi racconta i duri giorni che hanno
caratterizzato la vita di suo padre Kamel, partito giovanissimo per
combattere nell’esercito ottomano sperando di poter dall’interno del
sistema cambiare la situazione del suo popolo, gli arabi di Palestina.
Purtroppo le cose non andarono come sperato e Kamel presto si rese conto
che i turchi non avrebbero mai riconosciuto l’indipendenza al popolo
palestinese. A quel punto occorreva riporre le speranze nell’aiuto degli
inglesi. Furono proprio gli ufficiali di Sua Maestà a liberare Kamel
dalle prigioni ottomane dove era stato rinchiuso con l’accusa di
cospirazione contro il governo.
Ma ben presto le promesse britanniche di
appoggiare l’ autonomia e l’indipendenza palestinese vennero rinnegate e
per la Palestina ebbe inizio un nuovo periodo di difficoltà e
sofferenze questa volta sotto lo scacco dell’esercito inglese.
Kamel, che nel frattempo aveva sposato
l’amata Haniya, non perde mai le speranze di poter un giorno vivere in
una Palestina libera e indipendente.
Gli anni che passano purtroppo
raccontano a Kamel e alla sua numerosa famiglia una storia diversa, che
narra di promesse non mantenute, di isolamento sul piano internazionale e
di colonizzazione da parte degli ebrei che cominciavano ad arrivare in
Israele da ogni parte d’Europa. Alla fine della seconda guerra mondiale,
con la risoluzione ONU che sancisce la partizione della Palestina,
viene di fatto legalizzata l’invasione degli ebrei a scapito dei
palestinesi e la dura battaglia che si innescherà fra i due popoli
porterà indicibili sofferenze e per molti arabi palestinesi la fuga in
Libano, nei tristemente famosi campi profughi.
Kamel morirà senza poter ricordare una
Palestina autonoma e indipendente. E così anche i suoi numerosi figli,
sparsi in giro per il mondo, esuli dalla loro terra natia.
Quella che la Rohan (mediatrice
interculturale esperta del conflitto israelo-palestinese) ci ha narrato
in questo romanzo è una storia vera, nata da un casuale incontro della
scrittrice con Hamzi Moghrabi. Dall’incontro sono scaturite lunghe
interviste attraverso le quali sono stati ricostruiti i vari passaggi
fondamentali della storia della famiglia Moghrabi che si intreccia in
maniera indissolubile con la storia della Palestina e del suo popolo.
E nelle parole di Hagop, amico armeno di
Kamel, si racchiude il messaggio di speranza al quale ancora oggi il
mondo si aggrappa per trovare una soluzione a questo interminabile e
tragico conflitto: “…pregò in silenzio che loro tre, un cristiano,
un’ebrea e un musulmano, potessero in qualche modo levarsi al di sopra
del rancore e trovare una strada più elevata”.
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