Ugo Tramballi :Un estremismo a cui basta esistere, non vincere

DOPO NIZZA. LA GRANDE CRISI DEL SISTEMA GLOBALE
ilsole24ore.com
Dalla sua base in California il sergente guida il drone da qualche milione di dollari sulla testa di un capo talebano nella provincia di Logar, Afghanistan. Cerca di essere preciso per evitare effetti collaterali, cioè la morte di civili. Il terrorista di oggi, invece è a chilometro zero: esce di casa per uccidere nella sua città, a volte nel suo stesso quartiere. O come è accaduto a Parigi a giugno, accoltella una coppia di poliziotti, vicini di casa. Per il terrorista della porta accanto la precisione non è importante, basta raggiungere il mucchio. E gli effetti collaterali sono l’obiettivo.
Questa dicotomia fra globalizzazione e localismo, fra la complessità e la declinante capacità di risolvere i problemi della prima e l’efficace semplicità del secondo, è molto evidente nel campo del terrorismo. Dopo anni di schermaglie e di trattativa, sembra che russi e americani abbiano finalmente deciso di combattere insieme sul campo la guerra all’Isis in Siria e Iraq, lasciando in sospeso la disputa in Ucraina orientale. Dando per scontata la sconfitta in un conflitto convenzionale che alla lunga non poteva sostenere, il Califfato intanto si è già attrezzato per il dopo. Non deve nemmeno fare la fatica di rispedire a casa i combattenti: cellule o semplici imitatori suggestionati sono già lì, in Europa e America. Il controllo di un territorio era stato un delitto di presunzione: meglio tornare al terrorismo che non è da nessuna parte perché è ovunque.
La semplice pratica si fa beffe delle nuances della diplomazia e delle dispute geopolitiche. Come con Brexit: l’Isis doveva solo stare a guardare mentre i “crociati” smontavano la loro governance, caricavano la Ue di una montagna di problemi che si aggiungevano a quelli esistenti, e davano ai terroristi tempo per riorganizzarsi.
La crisi della globalizzazione e la risposta alternativa a chilometro zero è evidente riguardo al terrorismo: in fondo nella sua lotta contro di noi all’estremismo islamico basta esistere, non vincere. Ma non si manifesta solo in questo campo. La capacità dell’Isis di adattarsi alle nostre debolezze è un aspetto – molto pericoloso – della grande crisi di legittimità del sistema globale. I leader e le istituzioni che dovrebbero costruire un nuovo ordine internazionale di pace, di equilibrio ed equità sociale, stanno fallendo. In Europa si dividono anziché migliorare la loro unione, negli Stati Uniti candidano Donald Trump alla presidenza, Cina e Russia scelgono modelli del passato per affermare il loro futuro da protagonisti.
Politici e banchieri sono le categorie verso cui la sfiducia popolare è sempre più grande. Anche i giornalisti la cui informazione è vista come prezzolata e gotica, esistendo la narrativa superficiale del web con le sue verità on demand. La semplificazione populista rifiuta le complessità del reale, cerca risposte immediate fino a confondere per inciucio la qualità più gloriosa della politica: l’arte del compromesso, l’inclusione.
L’incapacità del “Sistema” di impedire l’ultimo massacro di Nizza diventa la clamorosa conferma della sua inadeguatezza e rafforza la sua mancanza di credibilità. Questo non significa consenso per il terrorismo ma certamente ne agevola il lavoro. La minaccia non è esistenziale per il sistema, l’Isis non ha la forza per sconfiggerlo. Ma enfatizza le sue incapacità, ne usa la crisi, contribuendo a creare le condizioni perché i populismi si affermino. L’Islam radicale non deve neppure infiltrarsi tra i profughi: l’esistenza stessa del problema dei migranti e l’incapacità di risolverlo, dà loro un’arma per indebolirci dall’interno. A compromettere il nostro futuro ci stiamo pensando noi. Come un saprofita, l’Isis deve solo fare lo sforzo di saperne approfittare.
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  • Ugo Tramballi.

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