Robert Fisk : in che modo interpretare la decapitazione di un sacerdote francese

sacerdote francese
Di Robert Fisk
29 luglio 2016
Di fronte all’uccisione e alla decapitazione di sette dei sui monaci avvenuta 20 anni fa, l’Arcivescovo di Algeri ha fatto meglio dell’Arcivescovo di Rouen questa settimana. Non ha parlato dell’uccisione di un anziano prete definendolo “innominabile”. Vi ha visto la strada per il Calvario. Per paura della sua propria vita  durante un feroce conflitto, Monsignor Henri Teissier, di 67 anni, e professore francese di lingua araba, rispose celebrando la messa per sei suore e frati, così tanti anni fa, leggendo il versetto 13 dal Capitolo 25 del Vangelo di San Matteo: “Vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora in cui il Figlio dell’Uomo verrà.”
La minuscola congregazione si era inizialmente riunita quel giorno del 1996 per ricordare uno dei  primi martiri religiosi della Francia ad Algeri, il Visconte Charles de Foucauld, il  soldato convertito e diventato prete, che era stato assassinato da un islamista a Tamanrasset, nel 1916. La sua uccisione stabilì un precedente terribile per l’assassinio di tutti i preti francesi per mano di coloro che sostenevano di essere motivati dall’Islam. Certamente Padre Jacques Hamel avrebbe saputo di lui. Il Visconte fu ucciso soltanto 14 anni prima della sua nascita.
Quando, però, Teissier mi parlò dei sette monaci prelevati dal loro monastero sulle belle colline al di sopra di Tibherine, le sue parole avrebbero potuto essere pronunciate per gli assassini di Padre Hamel, di 86 anni. “Uccideranno un bambino di due anni e un vecchio di 85[sic]. Penso che siano fuori di sé. Agiscono in base alla loro comprensione della legge islamica –‘Dobbiamo uccidere i nemici del Signore’. Finito. Pensiamo non soltanto alla nostra vita, ma a quelle di tutti gli Algerini…” Un uomo generoso, Teissier.
La guerra civile algerina – tra un brutale esercito islamista e l’ugualmente selvaggio esercito algerino che aveva fatalmente cancellato le elezioni che gli Islamisti avrebbero vinto nel 1992 – nel 1996 aveva già raggiunto proporzioni siriane: neonati con a gola tagliata, donne massacrate davanti ai loro mariti, uomini decapitati abitualmente. La polizia torturava i suoi prigionieri pompando acqua nello stomaco fino a quando le vittime esplodevano. Era inevitabile che gli assassini del GIA – Gruppo Armato Islamico – si sarebbero rivoltati contro tutti gli stranieri – e questo significava anche preti e vescovi.
I monaci di Tibherine, il cui personale Golgota è diventato un intenso superbo film,
Des hommes et des dieux  (titolo italiano: Uomini di Dio) erano stati portati  via dal loro monastero dove si erano presi cura e avevano dato assistenza medica non soltanto agli abitanti del locale villaggio algerino, ma agli stessi combattenti islamisti.
Forse questa è stata la loro rovina. Ne parleremo di più in seguito. Prima, però, torniamo a Teissier e alle sue scioccanti, magnifiche riflessioni sulla loro morte. “E’ vero che trovammo soltanto le loro teste,” ha detto tranquillamente in quel caldissimo pomeriggio di Algeri, con il suono delle sirene che risuonavano nella città. ”Tre delle loro teste erano appese a un albero vicino a un distributore. Le altre quattro teste giacevano nell’erba sotto a questo, ma  è meraviglioso che le famiglie di quei monaci hanno mantenuto la loro amicizia per noi e per tutti gli algerini. Avevano visitato il monastero. Erano stati capaci di accettare la perdita dei loro figli. Sapevano che non erano tutti gli algerini  a fare queste cose.”
Mi chiedo: queste parole potrebbero essere ripetute oggi, ai razzisti e alle persone di destra che chiedono la punizione di tutti i musulmani per i crimini di pochi? A 87 anni Teissier,  che prese la cittadinanza algerina del 1962, dopo la terrificante guerra di indipendenza contro i francesi, è ancora vivo; in realtà ha implorato che i buoni Cristiani e i buoni Musulmani rimangano insieme e “costruiscano ponti”, come ha detto dopo il massacro di Charlie Hebdo nel gennaio dello scorso anno. Dopo tutto, è un esperto del lato grottesco come della magnificenza della fede.
Ecco, quindi, che cosa mi aveva anche detto, venti anni fa, in quella bollente  giornata algerina: “La cosa più difficile è sapere che ogni giorno muoiono delle persone, che delle madri piangono per i loro figli e le loro figlie. Noi stessi non siamo nella stessa situazione in cui eravamo prima di questa crisi algerina. Quando si comincia la celebrazione  Eucaristica, non si può fare a meno di ricordare che Gesù fu ucciso dalla violenza umana – in nome della religione. Dobbiamo ora capire il rischio di questa società, dove camminiamo sulle orme di Gesù. Non possiamo guardare la croce di Gesù come abbiamo fatto prima. Prima era una cosa astratta. Ora è una realtà quotidiana.
Come sono state espresse meravigliosamente queste idee. Come sono appropriate queste parole  nell’orrore del sacrificio di Padre Hamel. Ma è  questo che è stato? Un “sacrificio”? Oppure questo nasconde l’atto omicida più disgustoso?
E’ stato Tessier che rispose alla telefonata in cui gli dicevano che sette monaci erano stati decapitati. Le autorità algerine incolparono il GIA guidato da uomo che si chiamava Saya Attia, che si presume uno dei monaci di Tibherine avesse riconosciuto quando aprì la porta,  lo stesso uomo la cui faccia era apparsa in una fotografia che lo identificava come l’assassini di civili iugloslavi le cui gole erano state tagliate vicino al monastero.
Ma, ahimè, c’è un’altra notizia profondamente inquietante riguardo ai monaci. Delle indagini fatte dai servizi di sicurezza francesi – e dai giornalisti del quotidiano Le Monde, indicavano che, dopo che il GIA aveva rapito i sette uomini, l’esercito algerino che manteneva stretti collegamenti con le forze armate francesi, tentò una missione di soccorso, ma prese una cantonata. Non soltanto uccisero gli uomini del GIA, ma freddarono anche i monaci. Non disposti a rivelare la loro disastrosa operazione, tagliarono la testa ai monaci – per far vedere che era conseguenza dell’azione degli assassini islamisti – e seppellirono i torsi dei sette, crivellati dai proiettili. Perciò si trovarono soltanto le teste.
Un’altra teoria, e non sapremo mai la verità – è che la polizia algerina della sicurezza,  voleva che i monaci venissero rapiti e uccisi come punizione per tutti quelli che assistevano il GIA, anche se il loro unico peccato era di dar loro assistenza medica.
Ci sono ancora dubbi su chi, nello stesso anno, aveva ucciso il Vescovo di Orano. Monsignor Pierre Claverie morì a causa di una bomba esplosa proprio lo stesso giorno in cui aveva incontrato il Ministro degli Esteri francese, Hervé de Charrette. “La bomba è scoppiata in strada,” mi disse allora Tessier. “E’ stato schiacciato dalla porta della cappella e il suo cervello è stato trovato sul pavimento della cappella. E’ stato assurdo, stupido, irragionevole.”
Non c’è invece dubbio su chi abbia ucciso Padre Hamel. Adel Kermiche è stato uno dei due uomini che hanno ucciso l’anziano sacerdote. Era nato pochi mesi dopo l’uccisione  dei monaci di Tibherine. Nessun collegamento, naturalmente, ma, secondo i vicini, era nato in Algeria. Ora c’è un indizio storico, se qualcuno ha il coraggio di indagare.
Da: Z Net – Lo spirito della resistenza è vivo
www.znetitaly.org
Fonte: http://www.counterpunch.org/2016/07/29/how-to-understand-the-beheading-of-a-french-priest/
Originale : The Independent
Traduzione di Maria Chiara Starace
Traduzione © 2016 ZNET Italy – Licenza Creative Commons  CC BY NC-SA 3.0
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