Israele, è legge la controversa norma sui finanziamenti esteri alle Ong



Con 57 voti favorevoli e 48 contrari il parlamento ha approvato la direttiva che regola l’attività delle Ong che ricevono finanziamenti esteri. Soddisfatto il premier Netanyahu, secondo cui viene bloccata l’attività di quanti “si immischiano negli affari interni di Israele”. L’opposizione denuncia “germogli di fascismo”. Lista araba: "Una norma che intimidisce quanti operano per la parità dei diritti".
Gerusalemme (AsiaNews/Agenzie) - Il parlamento israeliano ha approvato in via definitiva una controversa legge che regola l’attività delle ong. Da oggi le realtà attive sul territorio che ricevono la maggior parte dei loro finanziamenti dall’estero - governi o istituzioni - dovranno rendere pubbliche le entrate. Secondo i critici la norma favorirebbe una sorta di caccia alla streghe contro i gruppi e le organizzazioni progressista e “di sinistra”, che lottano  per i diritti dei palestinesi.
Questa mattina un portavoce della Knesset, il parlamento israeliano, ha confermato il via libera alla legge, approvata con 57 voti favorevoli e 48 contrari, su un totale di 120 deputati e a conclusione di un lungo e animato dibattito.
Nel preambolo viene specificato che la norma vuole “occuparsi” del “fenomeno” delle organizzazioni non governative che “rappresentano gli interessi stranieri di Stati esteri”; essi agiscono “sotto la copertura” di realtà locali con l’obiettivo di servire gli interessi “del pubblico israeliano”.
A promuovere con forza la bozza è stato lo stesso governo del premier Benjamin Netanyahu, che avrebbe messo da tempo nel mirino le ong che lottano contro l’occupazione dei territori palestinesi da parte di Israele e per i diritti umani. Egli ha dichiarato che lo scopo ufficiale è “impedire situazioni assurde”, in base alle quali nazioni straniere “si immischiano negli affari interni di Israele” senza che l’opinione pubblica ne sia a conoscenza.
In una dichiarazione diffusa sul proprio profilo Facebook al termine del voto egli ha anche aggiunto che essa “aumenterà la trasparenza” e “rafforzerà la democrazia”.
Esponenti del governo affermano che la norma non intende colpire alcuna ong e organizzazione in particolare. Essa favorirà invece la trasparenza e servirà nella lotta contro le “interferenze straniere” e i tentativi di “delegittimare” lo Stato di Israele.
Secca la replica del capo dell’opposizione israeliana Isaac Herzog secondo cui la legge rappresenta “i germogli del fascismo che fioriscono sempre più in Israele”. Ayman Odeh, leader della lista araba in parlamento, aggiunge che la norma cercherà di “intimidire e far scomparire” le organizzazioni che “si battono nella sfera pubblica per la parità di trattamento” fra arabi e israeliani.
In realtà, sono proprio le ong di sinistra a essere prese di mira perché le altre ong - il riferimento è ai movimenti di destra che sostengono l’occupazione - beneficiano soprattutto di donazioni private, la maggior parte delle quali provenienti da ricchi uomini d’affari statunitensi di origine ebraica. 
Fra i movimenti che potrebbero cadere vittime della legge vi sono il movimento pacifista “Peace Now” (che riceve fondi Ue), “B'Tselem" attiva nella difesa dei diritti umani nei Territori, e ancora “Breaking The Silence”, che raccoglie testimonianze di soldati israeliani coinvolti in abusi e violenze sui palestinesi. 


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La Knesset lunedì ha approvato la “Legge per la trasparenza” che di fatto colpisce solo le organizzazioni non governative progressiste che ricevono finanziamenti dall’estero
 Il premier Netanyahu con la ministra della giustizia Ayelet Shaked (foto di Moti Milrod)

Il premier Netanyahu con la ministra della giustizia Ayelet Shaked
(foto di Moti Milrod)
di Michele Giorgio – Il Manifesto
Gerusalemme, 13 luglio 2016, Nena NewsPromossa dalla instancabile ministra della giustizia Ayelet Shaked e sostenuta dal premier Netanyahu, da lunedì sera la “legge delle Ong”, nota anche come “Legge per la trasparenza”, è parte del codice israeliano. Dopo mesi di discussioni l’esecutivo di destra ha ottenuto quanto voleva: le Ong finanziate in prevalenza dall’estero a partire dal 2017 dovranno precisare l’origine e l’entità delle donazioni ricevute. Dovranno inoltre riportare tali donazioni nelle loro pubblicazioni e nelle comunicazioni con funzionari dello Stato. Se non lo faranno saranno multate. L’obiettivo, spiega Netanyahu, è quello di evitare una situazione «assurda» in cui, a suo dire, alcuni Stati esteri interferiscono negli affari interni del Paese grazie alle Ong ed associazioni israeliane che finanziano.
La legge non fa riferimento esplicito alla sinistra. Ma, di fatto, prende di mira oltre venti Ong e associazioni, tutte progressiste, che si occupano di diritti umani, in particolare nei Territori palestinesi occupati, che assistono migranti e rifugiati o che promuovono l’uguaglianza tra ebrei e arabi. Parliamo di organizzazioni storiche come B’Tselem, Acri, Breaking the Silence, Peace Now, Hamoked, Hotline for Refugees and Migrants. Ong che ricevono fondi soprattutto dall’estero, spesso grazie a linee di finanziamento dell’Unione europea nel settore dei diritti umani. Quelle di destra, vicine ai partiti di governo, che appoggiano la colonizzazione e l’occupazione, invece non saranno toccate dal «bisogno di trasparenza», per la semplice ragione che ottengono gran parte dei loro finanziamenti da istituzioni private. Le finalità della nuova legge sono talmente evidenti che persino il moderato leader laburista Isaac Herzog parla «di germogli del fascismo che fiorisce in Israele». Il capo della Lista unita araba, Ayman Odeh, ha accusato il governo Netanyahu di voler «intimidire ed eliminare le poche organizzazioni che agiscono e combattono nella sfera pubblica per garantire l’uguaglianza ai cittadini arabi». La legge, aggiunge da parte sua Peace Now, mira a «delegittimare le organizzazioni di sinistra, mentre gruppi filo-coloni ricevono milioni di dollari senza alcuna trasparenza». Per Human Rights Watch «se il governo di Israele è davvero preoccupato per la trasparenza dovrebbe informare il pubblico delle fonti di finanziamento di tutte le Ong e non solo di quelle che criticano le politiche dell’esecutivo».
Proteste arrivano anche dall’estero, in particolare dall‘Unione europea più volte chiamata in causa dalla destra israeliana durante il lungo dibattito che ha portato all’approvazione della legge. L’Ue dice di comprendere «la necessità legittima di trasparenza» ed esalta quella che definisce la  «vibrante democrazia» israeliana. Allo stesso tempo sottolinea che la legge limiterà le attività di molte Ong. Secca la replica ai microfoni della radio delle Forze Armate della ministra Shaked che ha escluso vi sia un intento di discriminazione politica e ha accusato le Ong finanziate dall’estero di «denigrare l’esercito». «Ad ogni buon conto – ha concluso la ministra  – non intendiamo abbassare la testa di fronte ai comunicati dell’Unione europea».
A destra i commenti all’approvazione della nuova legge sono tutti positivi. Il passo, spiegano le organizzazioni più estremiste, colpirà chi «lavora per le forze straniere» che utilizzano le informazioni e i rapporti delle Ong di sinistra per attaccare Israele all’Onu e in altre sedi internazionali. Il riferimento è a B’Tselem, il più noto dei centri israeliani per i diritti umani, e a Breaking the Silence che raccoglie testimonianze di militari su crimini di guerra e abusi compiuti nei Territori occupati.
Ieri intanto centinaia di coloni, attivisti e politici della destra radicale hanno «visitato» la Spianata delle moschee di Gerusalemme, che per gli ebrei corrisponde al biblico Monte del Tempio, uno dei siti a più alta tensione politica e religiosa. Tra i «turisti», come li descrive di solito il governo Netanyahu, erano presenti i genitori di Hallel Yaffa Ariel, la ragazzina ebrea accoltellata e uccisa circa due settimane fa da un palestinese nella sua abitazione nella colonia di Kiryat Arba (Hebron). «Il cuore di nostra figlia è stato accoltellato. Stiamo rafforzando il cuore della nazione…Questo è il cuore della nazione»  ha detto Rina Ariel, la madre della ragazza uccisa, in riferimento al movimento dei coloni che vivono nei Territori palestinesi occupati.
Sempre ieri un giovane arabo israeliano, forse un beduino, è entrato a Gaza all’altezza della città di Khan Yunes. Si tratta del terzo caso del genere negli ultimi due anni. In precedenza un ebreo di origine etiope e un altro beduino sono entrati di propria volontà a Gaza. Per restituirli Hamas chiede a Israele di liberare centinaia di detenuti politici palestinesi. Nena News


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