Siria, quei crimini compiuti dai ribelli




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La guerra è una cosa sporca che sa di cadaveri di innocenti. I media, troppo spesso, la raccontano con toni enfatici, soprattutto se ci sono dietro interessi politici.Un esempio lampante è il conflitto siriano, l’unico in cui ci sono dei buoni – i ribelli – che combattono contro un dittatore – Bashar Al Assad. Una visione manichea della guerra e della storia che fa comodo a chi vorrebbe eliminare la Siria dalla cartina geografica. Perché i crimini in Siria sono stati fatti sia da una parte che dall’altra. Tanto dai ribelli quanto dal regime.
La vulgata è che i ribelli, soprattutto se moderati, sono tutti buoni. I soldati dell’esercito regolare cattivi. Punto. Non c’è spazio per le sfumature umane e tutto è ridotto a partigianeria.
Non che i crimini dei ribelli non siano noti. Il più celebre di tutti è quello perpetrato da Abu Sakkar, il “cannibale” siriano che mangiò il cuore di un soldato di Assad.
È la branca siriana di Al Qaida in Siria, anche se nasce in seno allo Stato islamico. L’obiettivo del gruppo è quello di rovesciare il regime di Assad e le forze sciite che attualmente si trovano in Siria. Il suo obiettivo è quello di imporre la sharia nel Paese.
Di più: abbiamo visto anche un goffo tentativo da parte dell’America di aprire a Jabhat Al Nusra, la branca siriana di Al Qaida. Ora, una fonte sopra ogni sospetto, Emergency, si è presa la briga di pubblicare un dossier in cui vengono segnalati i crimini commessi dai gruppi ribelli siriani sostenuti dagli Usa e dai suoi alleati, “in particolare Francia, Qatar, Arbia Saudita, Turchia , Emirati Arabi e Inghilterra”.
Il dossier si basa sui racconti degli abitanti di Aleppo e Idlib, forse le due città più martoriate dalla guerra siriana, se mai è possibile fare una classifica degli orrori. Tra i movimenti che si sono distinti per crudeltà non c’è solo Al Nusra. C’è pure Ahrar al Sham, gruppo salafita sostenuto da Turchia e Arabia Saudita.
Come abbiamo più volte ricordato, i civili sono le prime vittime di ogni guerra. E vittime sono innanzitutto i siriani, tormentati da una guerra confezionata oltreoceano. Davanti alla possibile caduta del governo di Bashar Al Assad in tanti hanno gioito. In tanti hanno accolto le bandiere dei ribelli, salvo poi ricredersi. Come “Hazem”, accusato di aver offeso il jihad e i mujaheddin: “Mi hanno torturato tre volte, dopo ogni interrogatorio. Mi hanno colpito con un ferro sulla schiena, sulle ginocchia e sui piedi. Era come se mi avessero torturato per ore, anche se il tutto è durato pochi minuti. Hanno usato anche delle pinze per schiacciarmi tutte e dieci le dita”.
Ma c’è anche chi è stato ucciso in esecuzioni sommarie, non dissimili a quelle dello Stato islamico. Gli uomini del Fronte Al Shamia, per esempio, hanno ucciso in più occasioni soldati dell’esercito siriano. Le modalità? Quelle delle bandiere nere: prima è stata radunata la folla in piazza e poi sono risuonati i fischi delle pistole.
Queste sono solo alcune nefandezze compiute dai ribelli sostenuti anche dall’Occidente. È la guerra, si dirà. È l’uomo che è lupo per l’uomo. Ma val davvero la pena sostenere questi gruppi? L’Occidente può davvero permetterselo?


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