Emanuela Zuccalà :Gaza, due anni di solitudine (e macerie)
Cinquantuno
giorni di bombardamenti, undicimila case in macerie, oltre duecento
scuole distrutte e migliaia di vittime. Esattamente due anni fa, tra
luglio e agosto ...
iodonna.it|Di Laura Salonia
Cinquantuno giorni di bombardamenti,
undicimila case in macerie, oltre duecento scuole distrutte e migliaia
di vittime. Esattamente due anni fa, tra luglio e agosto del 2014, la Striscia di Gaza viveva il conflitto più drammatico della sua storia.
E i lunghi mesi trascorsi dalla tregua firmata al Cairo il 26 agosto
del 2014 sono serviti a poco, ai fini della ricostruzione.
È l’allarme lanciato da Aida,
un gruppo di associazioni internazionali impegnate nei Territori
Palestinesi, che ricorda come a due anni da una guerra che costò la vita
a 1.492 civili palestinesi, tra cui 551 bambini, gran parte della
Striscia rimanga in rovina. Interi quartieri restano tagliati fuori dai rifornimenti d’acqua,
gli ospedali e le cliniche distrutte non sono ancora state ricostruite,
e si contano circa 75mila persone tuttora senza tetto, poiché meno del
10 per cento delle 11mila case rase al suolo sono state ricostruite.
“I minori sono la fascia di popolazione che soffre maggiormente dei traumi di questa violenza” sostiene la Ong italiana Cospe, che
a Gaza porta avanti un progetto di sostegno socio-psicologico per
bambini e donne disabili nelle aree di Gaza City, Khan Younis, Rafah e
Deir Al Balah. “Israele deve rispondere della grave situazione di
emergenza in corso a Gaza da ormai diversi anni, dal momento che
controlla quasi completamente l’intero confine, via terra e via mare,
con la Striscia” aggiunge Giorgio Menchini, presidente di Cospe. “È
compito della comunità internazionale esigere il rispetto dei diritti
umani”.
Il gruppo di Ong lancia la campagna #OpenGaza, con un appello a firmare una petizione
per la fine del blocco che ha raccolto già 675mila adesioni. Un video,
tradotto in diverse lingue, racconta attraverso dati e numeri la
drammatica situazione attuale e invita a “dare un futuro” a Gaza.
L’operazione “Margine di protezione” è
stata una campagna militare israeliana iniziata l’8 luglio del 2014
contro i guerriglieri palestinesi di Hamas, il partito islamico
integralista che dal 2007 controlla la Striscia. L’obiettivo era fermare
il lancio di missili da Gaza verso Israele. Oltre alle vittime
palestinesi, nei 51 giorni di conflitto persero la vita 66 soldati
israeliani, 5 civili israeliani (tra cui un bambino) e un cittadino
thailandese, mentre 469 soldati e 256 civili israeliani rimasero feriti.
Ma oggi l’emergenza è la ricostruzione: “Due anni dopo l’inizio della
guerra, il blocco sta gravemente ostacolando la ripresa di Gaza” ha
dichiarato Chris Eijkemans, direttore di Oxfam
in Palestina. “A meno di progressi immediati, i palestinesi che vivono a
Gaza non saranno in grado di portare avanti la loro vita e vivere in
libertà, dignità e sicurezza. Con l’avvio del cessate il fuoco, i leader mondiali hanno promesso di lavorare per uno sviluppo sostenibile e di lungo periodo per i palestinesi che vivono a Gaza. Tuttavia, ci sono poche evidenze realmente concrete di tali promesse”.
Le organizzazioni internazionali che
operano nei Territori Palestinesi lanciano dunque l’allarme sulla
mancanza di progressi nella ricostruzione di Gaza, a seguito delle
pesanti restrizioni imposte dallo Stato di Israele all’ingresso di
materiali fondamentali. Le organizzazioni invitano i leader mondiali a
tenere fede ai loro impegni e a esercitare pressioni politiche per la
fine immediata di un blocco quasi decennale che ha paralizzato l’economia di Gaza.
Senza la possibilità di esportazioni, l’occupazione nel settore privato
è precipitata e il tasso di disoccupazione supera il 40 per cento, con
una disoccupazione giovanile tra le più alte al mondo.
“La metà della popolazione di Gaza è
composta da bambini e minori, molti dei quali ormai hanno vissuto tutta
la loro vita sotto assedio”, ha dichiarato Fikr Shalltoot, Direttore dei
programmi a Gaza dell’organizzazione Medical Aid for Palestinians.
“A centinaia di bambini che necessitano di un trattamento medico
salva-vita viene impedito di lasciare Gaza. Due anni dopo, ancora non
sono state affrontate le cause della loro sofferenza”.
Chris Eijkemans di Oxfam ribadisce che
“la fine del blocco è l’unica soluzione per dare alle persone l’accesso
ai servizi di base di cui hanno disperatamente bisogno, per consentire
che la ricostruzione proceda veramente, e per permettere il riavvio
dell’economia nella Striscia di Gaza. Il blocco è illegale secondo il
diritto internazionale e costituisce una punizione collettiva di
un’intera popolazione. Solo la sua fine immediata porterà sicurezza a
lungo termine per i palestinesi e gli israeliani”.
Per firmare la petizione: avaaz.org
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