Centinaia di nuove case negli insediamenti ebraici ma ai coloni non basta



Il premier Netanyahu, prima di partire per l’Uganda, ha rilanciato la colonizzazione ma i settler e i loro rappresentanti politici protestano perchè il provvedimento…
nena-news.it






Michele Giorgio    il Manifesto
Gerusalemme, 5 luglio 2016, Nena News – Benyamin Netanyahu è partito per l’Uganda lasciandosi alle spalle il via libera, deciso assieme al ministro della difesa Lieberman, alla costruzione di quasi 800 nuovi appartamenti in cinque colonie ebraiche in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Il passo è allo stesso tempo una rappresaglia per l’uccisione, la scorsa settimana, da parte palestinese di un colono di Otniel e di una ragazza 13enne, Hallel Yafa Ariel, a Kiryat Arba, e una risposta al rapporto presentato dal Quartetto per il Medio Oriente (Usa, Russia, Ue e Onu) che denuncia la colonizzazione come l’ostacolo principale alla soluzione dei “Due Stati”, Israele e Palestina. Un documento che il premier israeliano non ha digerito e che, per motivi opposti, non è piaciuto neppure al presidente palestinese Abu Mazen, che di fatto viene accusato di istigare alla violenza contro Israele. «Siamo in una lotta prolungata contro il terrorismo e stiamo usando misure aggressive che non sono state usate in passato», ha avvertito Netanyahu preannunciando la presentazione di un piano speciale per la colonia di Kiryat Arba. Confermata anche la chiusura del distretto di Hebron, con pesanti limitazioni ai movimenti degli abitanti della città (in particolare nella zona H2 sotto il controllo israeliano), e l’invio di altri due battaglioni di soldati con l’incarico di sorvegliare le arterie stradali.
Queste misure non bastano ai coloni e ai loro rappresentanti ai vertici della politica. Anzi si dicono addirittura scontenti. I provvedimenti del governo infatti contengono anche l’approvazione alla costruzione di alcune centinaia di case arabe a Beit Safafa, un sobborgo di Gerusalemme Est al centro di un ampio piano di trasformazione avviato dalle autorità israeliane. Secondo il ministro dell’istruzione Naftali Bennett, leader del partito nazionalista religioso Casa Ebraica, la mossa creerebbe un blocco contiguo di aree palestinesi, una sorta di «corridoio» che arriverebbe sino al centro della città. In sostanza andrebbe contro i piani attuati a partire dall’occupazione nel 1967 volti a frantumare la parte araba (Est) di Gerusalemme in vari quartieri palestinesi separati tra di loro, come oggi è ben visibile a sud della città dove, ad esempio, il villaggio di Jabal al Mukhaber è stato isolato dalla colonia di Armon HaNetsiv. «Le costruzioni arabe a Givat Hamatos (Beit Safafa) creerà un territorio palestinese contiguo fino a Malha, dividerà Gerusalemme, di fatto è una freccia palestinese nel cuore di Gerusalemme» ha protestato Bennett.
Il suo collega Zeev Elkin ha chiesto che sia subito approvata la costruzione di centinaia di case per israeliani ebrei per compensare quelle destinate ai palestinesi. In realtà è già previsto. Nel 2014 la commissione comunale per la pianificazione edilizia a  Gerusalemme ha approvato 2.600 nuove unità abitative per Givat Hamatos, in gran parte per i coloni. In pratica i ministri dell’ultradestra provano ad ottenere da Netanyahu altre case per gli israeliani nella zona araba di Gerusalemme approfittando delle circostanze favorevoli. Immancabile l’intervento del sindaco israeliano di Gerusalemme Nir Barkat. «A Gerusalemme vi è e continuerà ad esserci una maggioranza ebraica…È sbagliato approvare nuove costruzioni solo dopo un attacco terroristico. Abbiamo bisogno di costruire a Gerusalemme sempre», ha protestato Barkat che da tempo invoca una colonizzazione più intensa. Il sindaco ha promesso che il comune continuerà a portare avanti lo sviluppo edilizio di Gerusalemme sulla base del piano regolatore approvato dalla sua amministrazione. «Ai nostri amici negli Stati Uniti e in Europa dico che noi non approveremo le nuove costruzioni sulla base della religione e della nazionalità. Non si può costruire per gli arabi e congelare le costruzioni per gli ebrei».
Il proclama di Barkat di uno sviluppo per tutti gli abitanti della città, ebrei e palestinesi, punta a mascherare la realtà di un controllo israeliano sulla zona araba di Gerusalemme non riconosciuto e di leggi internazionali che vietano a Israele di insediare la sua popolazione civile nelle aree che ha occupato militarmente 49 anni fa. Nena News



Attivisti e comunità internazionale contro gli 800 nuovi insediamenti di Israele



Il piano del governo prevede la costruzione di centinaia di nuovi edifici in Cisgiordania e a Gerusalemme est. Dipartimento Usa: “Ultimo atto di di un processo sistematico di confisca dei terreni”. Peace Now: "Ulteriore pietra sulle possibilità di pace: rafforzerà l’estremismo su entrambi i fronti”.
Gerusalemme (AsiaNews) - Il piano di Israele, che prevede la costruzione di centinaia di nuove case negli insediamenti della Cisgiordania e a Gerusalemme est, ha attirato le critiche degli Stati Uniti e di associazioni attiviste fra cui Peace Now, da tempo in prima linea contro l’occupazione. John Kirby, portavoce del Dipartimento di Stato Usa, ha definito i nuovi progetti in chiave espansionista “l’ultimo atto… di un processo sistematico di confisca dei terreni”.
La politica espansionista di Israele è finita di recente nel mirino del Quartetto per il Medio oriente, organismo composto da Nazioni Unite, Stati Uniti, Unione europea e Russia; in un recente rapporto i vertici del gruppo hanno chiesto a Israele di assumere “provvedimenti urgenti” per fermare l’espansione degli insediamenti nei Territori palestinesi.
In risposta, fonti ufficiali israeliane riferiscono che lo stesso Primo Ministro Benjamin Netanyahu ha autorizzato il piano per la realizzazione di centinaia di alloggi.
Dagli ambienti di governo filtra la voce secondo cui sono in preparazione 560 nuovi edifici a Maale Adumim, sobborgo nella periferia di Gerusalemme; a questo si aggiungono 200 unità abitative all’interno della città stessa. Il piano prevede infine la creazione di 600 alloggi nella zona araba di Gerusalemme est.
“Se confermato - afferma John Kirby - questo rapporto sarebbe l’ultimo atto di quello che appare un processo sistematico di confisca di terreni, espansione di insediamenti e legalizzazione di avamposti che minano le prospettive della soluzione a due Stati”. Forti critiche giungono anche dal segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, che attraverso il portavoce avanza “dubbi legittimi” in merito alle “intenzioni di lungo periodo” di Israele. Egli ricorda le dichiarazioni di alcuni ministri del governo, che parlano in modo aperto di “annessione della Cisgiordania”.
In una nota Peace Now, associazione che da anni si batte contro l’espansionismo di Israele, sottolinea che il nuovo progetto è un’ulteriore pietra “sulle possibilità di pace e sulla soluzione dei due Stati” e mette in pericolo “la sicurezza” stessa dei cittadini israeliani. “Le nuove unità abitative - prosegue il documento - non impediranno ulteriori vittime, ma rafforzerà l’estremismo su entrambi i fronti”. La vera risposta al terrore “è la fine dell’occupazione e il raggiungimento di un accordo”; nel frattempo i cittadini israeliani continuano a “pagare il prezzo” delle politiche di “estrema destra” volute dall’esecutivo.
Critiche giungono infine anche da Yousif al-Mahmoud, portavoce dell’Autorità palestinese, contrario all’approvazione delle 800 nuove unità abitative complessive. Egli lancia un appello alla comunità internazionale, perché prenda provvedimenti urgenti contro l’escalation di Israele.
Ad oggi almeno 570mila cittadini israeliani vivono in oltre 100 insediamenti costruiti da Israele a partire dal 1967, data di inizio dell’occupazione dei Territori in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Il diritto internazionale considera illegali questi insediamenti; una posizione contestata dal governo israeliano, che negli ultimi anni ha rafforzato la politica espansionista.
I colloqui di pace tra le due parti si sono interrotti nel 2014, scatenando una escalation di violenze nella regione.

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