Da Charlie Hebdo a Rouen, l’evoluzione del jihadismo in Francia
Stamattina, nella chiesa di Saint-Étienne-du-Rouvray,
sobborgo di 28 mila anime di Rouen in Alta Normandia, due uomini armati
di coltelli hanno preso in ostaggio alcuni fedeli e il parroco,
uccidendo quest’ultimo e ferendo gravemente un’altra persona, prima di
essere eliminati dalla polizia. Si tratta del primo episodio del genere
contro un istituto di culto cristiano in Francia.
Il presidente Hollande, recatosi sul luogo, ha detto che “i due terroristi si sono richiamati a Daesh”, la sigla araba con cui l’Occidente ha scelto di identificare l’Organizzazione dello Stato Islamico (Is). Il quale, a sua volta, attraverso il suo canale d’informazione Amaq, ha definito gli assalitori propri “soldati”, ricalcando la formula impiegata per rivendicare i recenti episodi in Germania.
Uno dei due responsabili era noto alle autorità per aver tentato di recarsi in Siria a combattere:
fermato in Turchia, era stato rispedito in Francia, dove era agli
arresti domiciliari, dotato di braccialetto elettronico e di permesso di
uscita dalle 8.30 alle 12.30.
In attesa di verificare se davvero esista un concreto collegamento tra l’organizzazione guidata da Abu Bakr al-Baghdadi e questo episodio, si può rilevare una tendenza in atto nel terrorismo commesso (o ispirato) dal “califfato”.
Stiamo assistendo al passaggio da operazioni di commando paramilitari (sullo stile del 13 novembre a Parigi)
pianificate da membri dello Stato Islamico o comunque condotte da
persone con un’istruzione jihadista (è il caso degli autori dell’attacco a Charlie Hebdo e al supermercato kosher) a iniziative di lupi solitari con pochi complici e scarna organizzazione, per di più in cittadine periferiche.
Attentati impossibili da prevedere, ancor prima che da prevenire.
Sembra, questo, un sintomo dell’efficacia della propaganda jihadista, che ha spesso incitato a commettere violenze con qualunque mezzo a propria disposizione, basti pensare a quanto invocava un portavoce dell’Is nel settembre 2014.
Efficacia di cui sembra però essere caduto vittima anche Hollande, che a Rouen non ha tardato a intonare per l’ennesima volta il ritornello
“Daesh ci ha dichiarato guerra. Una guerra che dobbiamo condurre con
ogni mezzo possibile nel rispetto della legge, cosa che ci rende una
democrazia”.
Se si trattasse di violenze episodiche non organizzate direttamente dall’Is ma unite dall’unico filo rosso dell’emulazione e della propaganda, il nemico non sarebbe l’Is stesso bensì le sue capacità comunicative. Oltre all’evidente affanno delle nostre società e delle loro capacità d’integrazione.
Tutta un’altra cosa. Soprattutto, una questione non bellica.
Stamattina,
nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, sobborgo di 28 mila anime di
Rouen in Alta Normandia, due uomini armati di coltelli hanno preso in…
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Cosa sappiamo finora dell’attacco in una chiesa in Normandia
Una chiesa a Saint Etienne du Rouvray, vicino a Rouen, in Normandia, è stata attaccata
da due persone armate di coltelli che hanno preso in ostaggio il
parroco e diversi fedeli. Quasi un’ora dopo, la polizia ha ucciso i due
aggressori, che nel frattempo avevano ucciso uno degli ostaggi e ne
avevano ferito gravemente un altro. Ecco cosa sappiamo finora.
- I due aggressori hanno fatto irruzione nella chiesa con dei coltelli. Secondo France 3, “hanno preso in ostaggio il parroco, due suore e diversi fedeli”.
- I due assalitori sono stati uccisi dalle forze speciali di Rouen, mentre stavano uscendo dalla chiesa.
- L’ostaggio ucciso è Jacques Hamel, 84 anni, il prete ausiliario della parrocchia.
- Un altro ostaggio è gravemente ferito.
- La sezione antiterrorismo della procura di Parigi ha aperto un’inchiesta sull’accaduto, anche se non sono ancora chiare le motivazioni dell’attentato.
- Il presidente François Hollande e il ministro dell’interno Bernard Cazeneuve si sono recati sul posto.
- Il presidente Hollande ha detto che si tratta di un attacco terroristico e ha evocato “l’affiliazione al gruppo Stato islamico”.
- Il gruppo Stato islamico ha rivendicato l’attacco attraverso il suo organo di propaganda, l’Amaq.
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