La vittoria mutilata di Hillary Clinton
Hillary
Clinton 2016 Hillary Clinton è ufficialmente la nominee del Partito
democratico per le presidenziali del prossimo 8 novembre, prima volta
nella storia per una donna. Momento storico cui però l'ex First Lady
arriva con il fiato…
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Hillary Clinton 2016
Hillary Clinton è ufficialmente la nominee
del Partito democratico per le presidenziali del prossimo 8 novembre,
prima volta nella storia per una donna. Momento storico cui però l’ex
First Lady arriva con il fiato corto, dopo la (troppo?) lunga sfida con Bernie Sanders.
Commenta per noi Dario Fabbri:
Come spiegato più volte da Limes
in queste mesi, le primarie democratiche hanno natura virtuale, con i
superdelegati che di fatto impediscono la realizzazione di opa ostili.
L’unico scontro realmente possibile è tra due candidati dell’establishment (come capitato nel 2008 tra Obama e la stessa Hillary).
Bernie Sanders non aveva alcuna
possibilità di vincere. L’obiettivo del senatore del Vermont – che non è
tecnicamente membro del Partito democratico e che per ragioni
anagrafiche non ha un futuro politico – era indebolire Hillary Clinton e
costringerla ad accettare parte del suo programma politico.
L’obiettivo è stato centrato. L’ex First lady giunge alquanto ammaccata allo scontro con Donald Trump.
Poco conta se in realtà ha ottenuto nelle primarie un successo
superiore a quello del magnate newyorkese – 56% delle preferenze contro
il 41% ottenuto da Trump – la sua immagine è in netto ribasso.
Niente di significativo in vista di
novembre, giacché gli americani inizieranno ad interessarsi delle
presidenziali soltanto in autunno. Eppure quanto basta per trasformare
uno storico successo in una vittoria mutilata.
Per approfondire: Perché nelle presidenziali Usa nulla è come sembra
L’attentato a Istanbul (a cura di Daniele Santoro)
E sono tre. L’attentato di questa mattina
a Vezneciler (a poche centinaia di metri dalla municipalità di
Istanbul, dalla İstanbul Üniversitesi e dal Kapalı Çarşı) è il terzo
attacco terroristico realizzato nella capitale economica e culturale
della Turchia nel 2016. Tuttavia, rispetto ai due precedenti (quello di
gennaio a Sultanahmet e quello di marzo a Taksim, entrambi realizzati dallo Stato Islamico), questo presenta importanti differenze.
In primo luogo, a Sultanhamet e Taksim
l’obiettivo erano i turisti (tedeschi nel primo caso, israeliani nel
secondo). A Vezneciler, invece, il bersaglio degli attentatori è stato
un autobus della squadra mobile (delle 12 vittime, 7 sono poliziotti).
Inoltre, gli attentati di gennaio e marzo
sono stati realizzati da un kamikaze, mentre l’esplosione di questa
mattina è stata provocata da un’autobomba
(che avrebbe potuto provocare molti più morti se l’hotel di fronte al
luogo dell’attacco non fosse stato chiuso). Le dinamiche dell’attentato
sono ancora oscure. L’autobomba potrebbe essere stata fatta esplodere
con un telecomando a distanza o, come ipotizza l’esperto di terrorismo
Mete Yarar, l’esplosione potrebbe essere stata provocata da un urto con un veicolo della polizia.
In assenza di informazioni dettagliate,
rivendicazioni o accuse ufficiali, è prematuro azzardare ipotesi sulla
matrice dell’attacco. Subito dopo l’attentato di Bursa di aprile, infatti, la pista dello Stato Islamico sembrava quella più verosimile. L’attacco venne però poi rivendicato dai Tak (Falchi del Kurdistan libero), gruppo satellite del Pkk che negli scorsi mesi ha già colpito a Istanbul (a dicembre, all’aeroporto di Sabiha Gökçen).
Per approfondire: Per Erdogan, malgrado tutto, l’Is resta il male minore
L’Unione energetica europea e la Russia (a cura di Marco Giuli)
Il 6 giugno il Consiglio Europeo ha
approvato la proposta della Commissione sullo scrutinio degli accordi
intergovernativi (Intergovernmental Agreements, Igas) con paesi terzi,
parte del pacchetto gas proposto dalla Commissione Ue lo scorso febbraio.
In base alla proposta, la
Commissione avrà il potere di esaminare accordi contratti da Stati
membri con paesi terzi relativamente alle forniture di gas, in linea con
l’ambizione dell’Unione Energetica
di accrescere il ruolo dell’Europa nella politica energetica esterna.
Ambizione promossa soprattutto dai nuovi Stati membri, particolarmente
dipendenti dal gas russo.
L’esigenza di tale misura è sorta
in seguito all’incompatibilità degli accordi fra Russia e Stati di
transito del gasdotto South Stream con il Terzo pacchetto energia del 2009,
che impone la separazione fra proprietà e utilizzo dei gasdotti sul
territorio europeo e la garanzia di accesso alle infrastrutture per
eventuali parti terze.
Tale incompatibilità condusse la
stessa Russia a ritirarsi dall’accordo senza nemmeno provare a
richiedere le esenzioni garantite dal Terzo pacchetto a determinate
condizioni. Dunque, anche in assenza di un parere sulla compatibilità
degli IGAs con la disciplina del mercato interno, il progetto si è
fermato, dimostrando che tali accordi non sono comunque superiori alla
disciplina Ue sul mercato interno.
Tuttavia – si ritiene a Bruxelles – un parere di conformità ex-ante
da parte della Commissione avrebbe il vantaggio di impedire che tempo e
risorse finanziarie siano impegnati in progetti illegali, fornendo un
quadro più certo a Stati e investitori.
Di fatto, da tale misura non si
attendono cambiamenti significativi nelle relazioni energetiche fra
Europa e Russia. Con l’aumento della flessibilità contrattuale e
infrastrutturale nei mercati del gas, gli accordi intergovernativi sono
sempre meno frequenti. Ad esempio, la controversa espansione del
gasdotto Nord Stream
si fonda su un accordo fra soggetti commerciali, non soggetto dunque
alla prossima disciplina sugli Igas. Lo stesso vale per il rinnovo dei
numerosi contratti fra compagnie europee e Gazprom in scadenza nei
prossimi anni.
Non sorprende dunque la facilità
con cui gli Stati Ue hanno approvato la proposta, riservando
probabilmente elementi di dissenso per altri punti del pacchetto gas –
come l’obbligo di solidarietà e la regionalizzazione dei piani di
emergenza – dove forti divisioni rimangono nel Consiglio.
Per approfondire: Nord Stream 2, colpo doppio oppure a salve?
Holly e Benji giocano per la Cina (da China Geopolitics, il blog di Giorgio Cuscito)
Il disegnatore giapponese Yoichi Takahashi creerà una versione cinese del popolare manga “Capitan Tsubasa”, in Italia conosciuto come “Holly e Benji”.
L’obiettivo è contribuire alla diffusione della passione per il calcio tra i giovani della Repubblica popolare. La versione cinese di Holly e Benji sarà infatti “adeguata allo sviluppo” di questo sport in Cina e sarà nei cinema nel 2018.
Pechino intende rendere il calcio parte integrante del “risorgimento” dell’Impero del Centro. Il presidente Xi Jinping in persona ha affermato (ben prima di entrare in carica) che il suo desiderio è vedere la sua nazionale vincere la Coppa del Mondo.
Non si tratta solo di passione sportiva. Il calcio può contribuire al consolidamento del soft power cinese, al rafforzamento dell’unità nazionale e alla diversificazione dei settori d’investimento della Repubblica popolare (si veda la recente acquisizione dell’Inter da parte del gruppo Suning).
Secondo il piano di sviluppo di medio e lungo termine del calcio stabilito da Pechino, entro il 2020 50 milioni di cinesi, di cui 30 milioni di studenti delle scuole elementari e medie, dovranno praticare questo sport. Saranno aperte anche 20 mila scuole calcio. Nel 2050 la Repubblica popolare dovrebbe competere con le nazionali in cima alla classifica Fifa.
In tale ambito, il nuovo eroe calcistico cinese disegnato da Takahashi sarà una sorta di modello per i giovani: un ragazzo della campagna abilissimo nel gioco del calcio e a scuola diventerà capitano della nazionale della Repubblica popolare e la porterà a vincere la Coppa del Mondo. In attesa di progressi concreti, il “sogno calcistico della Cina” prende vita al cinema.
Per approfondire: Il potere del calcio
La prospettiva di Tordesillas
Ricorrono oggi i 522 anni dalla firma del
trattato di Tordesillas, un patto tra Spagna e Portogallo – mediato da
papa Alessandro VI – con cui le due potenze iberiche si dividevano il
mondo: alla Castiglia le terre a occidente della linea a 370 leghe a
ovest di Capo Verde, al Portogallo quelle a oriente.
Tordesillas ha influito sulla mentalità geopolitica dei due paesi, come ha scritto su Limes Mario G. Losano:
Questa frontiera era resa incerta non
solo dalla sete di potere degli uomini, ma anche dalle difficoltà
tecniche nel determinarla con esattezza. Il trattato non diceva da quale
delle isole del Capo Verde dovesse partire la misurazione, né quale
fosse l’esatta dimensione della lega, né su quale carta geografica si
dovessero fondare le misurazioni. Inoltre, dal 1580 al 1640 l’unione
dinastica tra Spagna e Portogallo permise ai commercianti di entrambi
gli Stati di muoversi in tutte le direzioni.
I portoghesi – con i bandeirantes
che partivano dalla costa – estesero il territorio brasiliano verso
l’interno del continente americano ben oltre la linea del trattato di
Tordesillas, mentre gli spagnoli – pur partendo dalle coste dell’attuale
Messico e navigando verso ovest, come prescriveva il trattato di
Tordesillas – giunsero sino alle Filippine, entrando nella zona
d’influenza del Portogallo.
Nella geopolitica imperiale iberica e
nell’immaginario collettivo ispano-portoghese si consolidava così una
visione del mondo condizionata dalla «prospettiva di Tordesillas». I
portoghesi avrebbero concentrato i loro sforzi navigando verso est, su
una rotta che, passando dall’Angola al Mozambico fino a Socotra,
giungeva all’India con le basi di Goa, Diu e Damão, per spingersi fino a
Timor, a Macao e al Giappone, punteggiando così di feitorias la lucrosa rotta delle spezie.
Invece gli spagnoli, navigando verso
ovest, conquistavano l’America meridionale (con la cospicua eccezione
del Brasile), una larga zona meridionale degli attuali Stati Uniti e
l’odierno Messico; di lì giunsero sino all’Asia, colonizzando un vasto
arcipelago cui diedero il nome di Filippine, in onore del futuro Filippo
II. Per questo le Filippine, sino alla fine dell’Ottocento,
continuarono ad essere sentite dagli spagnoli come un’appendice della
Nuova Spagna, cioè del Messico, da cui dipesero dal 1565. Da lì partiva el galeón de Acapulco con le merci spagnole per le Filippine, e lì ritornava el galeón de Manila con le merci orientali per la Spagna. […]
La «prospettiva di Tordesillas» non
valeva solo per i due Stati iberici. Quando il Giappone invierà
ambascerie ai paesi da cui provenivano i missionari e i commercianti,
nel 1582 la missione destinata al Portogallo passerà per l’India e
l’Africa, mentre nel 1613 quella destinata alla Spagna viaggerà
attraverso il Pacifico e la Nuova Spagna (cioè il futuro Messico).
Tanto l’indipendenza del Messico nel 1821
(quando le Filippine vennero amministrate direttamente da Madrid)
quanto l’apertura del Canale di Suez nel 1869 giunsero troppo tardi per
sradicare la «prospettiva di Tordesillas» dall’immaginario collettivo
iberico.
Anniversari geopolitici del 7 giugno
1494 – Viene firmato il trattato di Tordesillas
1905 – Il parlamento norvegese approva la dissoluzione dell’Unione con la Svezia
1929 – Con lo scambio degli strumenti di ratifica entrano in vigore i Patti Lateranensi
1942 – Nasce Muammar Gheddafi
2006 – Viene ucciso al-Zarqāwī
1905 – Il parlamento norvegese approva la dissoluzione dell’Unione con la Svezia
1929 – Con lo scambio degli strumenti di ratifica entrano in vigore i Patti Lateranensi
1942 – Nasce Muammar Gheddafi
2006 – Viene ucciso al-Zarqāwī
Hanno collaborato Lorenzo Noto e Lorenzo Di Muro.
Carta di Laura Canali animata da Marco Terzoni.
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