Il libraio che salva l’identità palestinese di Gerusalemme
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seguito la traduzione di un articolo pubblicato su Al Jazeera il 30
maggio 2016, intitolato The bookseller saving Jerusalem’s Palestinian
identity. Si parla della…
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Di seguito la traduzione di un articolo pubblicato su Al Jazeera il 30 maggio 2016, intitolato The bookseller saving Jerusalem’s Palestinian identity.
Si parla della storia di una delle librerie più affascinanti di
Gerusalemme, diventata un luogo di incontro per attivisti e studiosi.
Traduzione a cura di Eleonora Pennini per Cultura è Libertà, foto di Muna/Al Jazeera:
Gerusalemme – Nella
trafficata strada Salah Eddin di Gerusalemme, dove bar, minimarket,
agenzie di cambio valuta e gioiellerie adornano il paesaggio,
un cartello ben in evidenza al numero 22, annuncia l’Educational
Bookshop.
Poco più avanti si trova un’altra
libreria con caffè incorporato, anch’essa chiamata Educational Bookshop.
Entrambe appartengono alla famiglia Muna di Gerusalemme; la prima
libreria vende libri in arabo e cartoleria mentre la seconda vende libri
in inglese. “La libreria cominciò con un solo libraio: mio padre. Oggi
siamo sei fratelli che leggono, suggeriscono e vendono libri,” dice
Mahmoud Muna, gestore della libreria inglese.
All’entrata della libreria inglese, uno
scaffale fornito di libri del noto accademico Edward Said cattura
l’attenzione. La presenza di Said all’entrata è significativa in quanto,
originariamente, la sua famiglia era proprietaria della libreria araba.
Muna traccia la connessione: “La famiglia
di Edward Said aveva librerie a Gerusalemme est e ovest. Gestivano il
Palestine Educational Bookshop in Salah Eddin Street, dove vendevano
cartoleria e libri,” Muna ha detto ad Al Jazeera.
Il negozio cambiò gestione diverse
volte. Quando il padre di Muna, Ahmed, lo comprò e lo stabilì nel 1984,
rimosse Palestine dal nome, perché era illegale a quel tempo avere la
parola “Palestina” nel titolo di un’entità o [esporre] la bandiera
palestinese. Perciò il nome fu cambiato in The Educational Bookshop.
La storia di entrambe le librerie
riflette le preferenze letterarie degli abitanti di Gerusalemme,
residenti e turisti, attraverso gli anni. Durante gli anni ’80 e i primi
anni ’90, la libreria araba teneva per la maggior parte libri in arabo
su politica, storia, poesia, letteratura e narrativa e alcuni libri di
turismo in inglese.
Una svolta arrivò nel 1994-1995 quando,
secondo Muna, molti palestinesi smisero di leggere. “I palestinesi
avevano letto della presunta luce alla fine del tunnel, sostenuta da
scrittori palestinesi nazionalisti che scrivevano come il processo di
pace avrebbe portato la libertà,” ricorda Muna.
Ma dopo gli accordi di Oslo nel 1993 le cose cambiarono. “Si dimostrarono bugie e la gente smise di fidarsi dei libri. Di conseguenza la libreria ne soffrì.”
Muna descrive gli anni post-Oslo come un
tempo durante il quale Gerusalemme ricevette un afflusso di cooperanti,
diplomatici e giornalisti internazionali. “I nuovi arrivati a
Gerusalemme volevano capire meglio la Palestina ed il Medio Oriente e
volevano libri in inglese. Decidemmo consapevolmente di espandere la
nostra sezione in inglese.”
Muna ricorda ancora le irritazioni causate dalla pubblicazione di Peace and its Discontents di
Said nel 1996. “Era il primo libro a criticare l’Autorità Palestinese
(PA), mettendo a nudo il processo di pace e Oslo. Vendemmo centinaia di
copie in inglese e arabo, a palestinesi e stranieri. La PA lo vietò ma
noi potemmo venderlo lo stesso, essendo a Gerusalemme non siamo sotto le
leggi della PA.”
La libreria espanse la collezione di
libri di Said, fornendo inoltre libri di storici israeliani come Ilan
Pappe e Avi Shlaim, critici del discorso ufficiale israeliano.
Rendendosi conto che c’era un grande mercato per libri in inglese, nel
2007-2008 una nuova libreria venne istituita assieme ad un caffè e
spazio letterario-culturale chiamato Jerusalem Literary Salon.
“In questo periodo osservammo anche il ritorno di un pubblico di lettori arabi, che la libreria provvide a rifornire.”
Muna riflettè sul bisogno di presentare
la storia palestinese in inglese. “Non c’erano librerie in inglese
adeguate a Gerusalemme, gli unici libri in inglese erano in negozi
israeliani che ritraevano il punto di vista israeliano. Autori inglesi e
americani con posizioni orientaliste scrivevano riguardo a Israele e
c’era molto poco sulla prospettiva palestinese. Questo, comunque, cambiò
negli anni ’90.”
L’English Educational Bookshop fu il
primo di questo tipo in Palestina. “Questo fu il primo negozio a vendere
libri in inglese, da palestinesi e con il punto di vista
palestinese,”dice.
Una caratteristica centrale all’identità
delle due librerie è la loro ubicazione a Gerusalemme. “Vogliamo
rinforzare la nozione di Gerusalemme come capitale palestinese. Possiamo
espandere in altre direzioni, ma la nostra area principale deve
rimanere Gerusalemme,” dice Muna, consapevole delle restrizioni che
impediscono a molti palestinesi di recarsi proprio lì.
L’English Educational Bookstore ospita
eventi letterari, quali letture, proiezioni, mostre e conferenze. La
libreria, secondo Muna, gioca un ruolo nell’ampia gamma di resistenza
culturale ed è considerata un rafforzamento di cultura e identità
palestinese.
“I palestinesi sono stati spogliati dei
loro diritti, di rappresentazione politica e libertà. L’ultima cosa che
ci è rimasta è la nostra cultura – il muro di resistenza che Israele
troverà difficile abbattere. La missione della libreria è quella di
riaffermare la cultura e l’identità palestinese.”
La libreria accoglie circa 1,500 titoli
che comprendono storia, narrativa, politica, poesia e cucina. “Questi
sono libri seri, non propaganda. Vendiamo libri sulla Palestina scritti
in diverse parti del mondo.” La libreria ha titoli da tutto il Medio
Oriente. Muna dice: “Questo non è un conflitto palestinese-israeliano;
era ed è un conflitto arabo-israeliano.”
Il funzionamento del negozio non è privo
di ostacoli, con spedizione e vendita dei libri molto spesso ritardate.
“I nostri libri arrivano dagli Stati Uniti, Gran Bretagna, India,
Francia, Germania, Giordania, Egitto e Spagna e passano attraverso i
controlli di sicurezza israeliani,” dice.
“Gli israeliani prendono di mira alcuni
titoli. Non gli piacciono libri come La pulizia etnica della Palestina
di Ilan Pappe o il libro di Jeff Halper sulla produzione e il commercio
di armi israeliane. Non gli piacciono neanche libri su Hamas o con
copertine provocatorie. La consegna di questi libri è ritardata di due o
tre settimane. Ma dal momento che non c’è una legge che censura libri
in inglese, non vengono confiscati.”
Libri da Siria, Libano e Iran non possono arrivare direttamente. Vengono invece dirottati attraverso la Giordania.
Muna ricorda quando Mordechai Vanunu, che
aveva rivelato segreti nucleari israeliani, venne sequestrato due volte
nel negozio. “L’esercito, quando viene, fa sempre una scenata. Una
volta hanno sparato ad un uomo fuori dal negozio e le nostre telecamere
hanno ripreso l’accaduto.” Stando a Muna, le forze armate hanno chiuso
il negozio per ore e volevano confiscare le telecamere. Il legale,
tuttavia, li convinse a prendere solo il filmato.
Presero i telefoni dei clienti e
cancellarono le foto. “A volte, spruzzano il gas chimico “skunk” nel
quartiere e l’odore di marcio si diffonde anche nel negozio. Non
sappiamo se siamo presi di mira consapevolmente.”
Sul versante positivo, Muna nota
l’emergere di un nuovo pubblico di lettori arabo-palestinesi. Descrive
un pubblico che preferisce i romanzi, prevalentemente femminile, tra i
17 e i 22 anni.
“La generazione passata consumava per
lo piú storia e politica. I nuovi lettori amano libri su storie d’amore e
sessualità. Voglio che leggano testi piú seri, classici: libri sulla
storia palestinese, nazionalismo arabo e la grande letteratura del mondo
arabo. “[I lettori giovani] usano i social media e ci richiedono libri
che non conosciamo. Questo dovrebbe sconcertarmi, ma invece mi rende
felice.”
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