Ebreo e omosessuale : primo gruppo ebraico Lgbt in Italia
Serafino
Marco Fiammelli, fondatore del primo gruppo ebraico Lgbt in
Italia
Serafino Marco Fiammelli,
luogotenente dell’Esercito italiano, è tra i fondatori di Magen
David Keshet Italia (MDKI), il primo gruppo di ebrei Lgbt
(lesbiche, gay, bisessuali, transgender) nel nostro Paese. MDKI
(Keshet = arcobaleno) è nato
ufficialmente il primo luglio scorso a Roma, e riunisce a oggi
una quarantina di persone, per lo più iscritti alla Comunità
ebraica di Roma, ma anche ad altre comunità italiane e alla
comunità riformata Beth Hillel, di cui lo stesso Marco è
cofondatore. Per essere aggiornati sulle attività del gruppo, è
possibile consultare la pagina Facebook Magen David Keshet
Italia - Lgbt Jews Group, oppure scrivere a
magen.david.keshet@gmail.com.
Magen David Keshet è il primo
gruppo Lgbt ebraico in Italia. Quali sono gli obiettivi
dell’associazione? Che cosa avete pensato quando avete deciso di
fondarlo?
Magen David Keshet Italia (MDKI) è
la prima organizzazione indipendente ebraica Lgbt italiana,
affiliata al World Congress of Lgbt Jews (Keshet Ga’avah),
il network mondiale che collega le più importanti realtà Lgbt
ebraiche attive in Nord e Sud America, Europa e Israele. Ci
proponiamo di promuovere all’interno delle comunità ebraiche, e
non solo, la piena uguaglianza delle persone Lgbt. Da oltre 40
anni ormai in Europa, in Nord e Sud America e in Israele gruppi
di omosessuali ebrei si organizzano in associazioni. In Italia
questo fino a poco tempo fa non avveniva. Vogliamo recuperare in
fretta il ritardo soprattutto aiutando i giovani nel processo di
emancipazione personale.
Quali sono le attività con cui
cercate di declinare il vostro programma?
Le finalità di MDKI sono di tipo
sociale, e si realizzano innanzitutto all'interno del calendario
ebraico. Le feste, comunque si intendano vivere, da osservanti
rigorosi o meno, sono i momenti in cui il popolo di Israele si
riunisce, perpetuando e rinnovando la propria identità
collettiva. Noi ci siamo, facciamo parte di questa identità. E
poi svolgiamo attività culturali. Il convegno sulle persecuzioni
nazifasciste "Il triangolo rosa", tenuto al Senato della
Repubblica e replicato a Roma al Pitigliani e per le scuole alla
Casa della Memoria, replicherà presto a Milano. Partecipiamo al
coordinamento delle associazioni Lgbt italiane. E molto altro
ancora è in cantiere.
Avete delle associazioni partner
a livello nazionale e internazionale?
Come organizzazione ebraica Lgbt
siamo la prima e al momento l'unica in Italia. Sono appena
tornato da Washington DC, dove ho partecipato all'assemblea
annuale di Keshet Ga'avah, il Congresso mondiale degli
ebrei Lgbt. Abbiamo discusso del programma delle attività del
2016, approvato il bilancio e modificato alcuni articoli dello
statuto. In questa circostanza sono stato nominato coordinatore
responsabile delle associazioni Lgbt europee e israeliane e
membro del Consiglio direttivo del Congresso. Questo è un grande
onere per noi ma anche un grandissimo onore e riconoscimento del
lavoro che MDKI ha fatto in così poco tempo.
Siete però ancora poco conosciuti
negli stessi ambienti ebraici italiani…
Io non direi perché siamo
conosciutissimi a Roma, molti sanno chi siamo e cosa facciamo,
le nostre attività sono seguite da oltre mille persone tra
Facebook, Twitter e Instagram, ai nostri eventi abbiamo sempre
grande partecipazione di amici, simpatizzanti e curiosi, e i
feedback che riceviamo sono sempre molto positivi. Poi abbiamo
contatti con Firenze e Milano e contiamo di organizzare presto
una cooperazione con realtà in queste città.
Ebraismo e omosessualità: è
possibile tenere insieme queste due dimensioni?
Questa è la ragione della nostra
esistenza. Molti fino ad ora hanno scelto di vivere
pubblicamente la propria identità ebraica e privatamente, o
addirittura clandestinamente, i propri rapporti affettivi.
Considero questa soluzione mortificante. L'ebraismo è una
cultura religiosa e un patrimonio normativo in cui la famiglia è
centrale, e a buon diritto. Non si può vivere una piena vita
ebraica mettendo la propria famiglia fra parentesi. Né si
dovrebbe essere costretti a cercare un partner al di fuori della
propria comunità.
Vivere come ebrei omosessuali
significa anche appartenere a una doppia minoranza. Immagino che
i problemi non manchino.
Io dico sempre che si può essere
discriminati perché ebrei, perché omosessuali, ma si può essere
anche discriminati dagli ebrei in quanto omosessuali e dagli
omosessuali perché ebrei, in questo secondo caso spesso per
ragioni politiche legate a Israele. Anche di questo abbiamo
discusso a Washington: uno dei fenomeni recenti è il
manifestarsi di forme di antisemitismo all'interno dei movimenti
Lgbt in varie parti del mondo. In Italia per fortuna le cose
sono molto diverse, ma bisogna vigilare costantemente.
A lungo alcuni hanno ritenuto che
mali della società come l’omofobia sfiorassero appena o
addirittura non toccassero le comunità ebraiche. Oggi sappiamo
che non è così.
In Italia non abbiamo assistito e
speriamo di non assistere mai a fatti gravi come quelli accaduti
a Gerusalemme lo scorso luglio, quando una ragazza ebrea, Shira
Banki zl, è stata accoltellata a morte nel nome del Dio
degli ebrei. Qualche anno fa un'aggressione armata aveva colpito
un'associazione gay di Tel Aviv. Sono pochi episodi isolati, per
nulla paragonabili all'epidemia di intolleranza omicida che
affligge altre comunità in molte parti del mondo, nei paesi
islamici ma non solo. Però sono un campanello d'allarme.
Di chi sono le responsabilità?
Che cosa credi si possa fare per combattere questo fenomeno?
L'omofobia e l'antisemitismo si
manifestano quasi sempre in coppia, specie in tempi di crisi
sociale come quelli che viviamo. Abbiamo visto quello che ha
scatenato in Italia il ddl Cirinnà, una legge molto moderata che
però ha dato la stura a fiumi di odio, paranoie e deliri in cui
non di rado faceva capolino il fantasma del complotto mondiale,
di burattinai lontani intenti a distruggere la “sana” società
fondata sui valori cristiani, a volte riuniti sotto l’etichetta
di "Internazionale sionista" o simili sciocchezze. Alcuni
intellettuali, da ultima Ida Magli, erano già giunti a
identificare il nemico nell'ebraismo internazionale. In
quest'epoca in cui ciascuno può confezionare un'informazione
fai-da-te, chi ricopre ruoli pubblici deve essere doppiamente
attento a quello che dice e condannare nettamente e in ogni
occasione le strumentalizzazioni, anche a costo di semplificare
discorsi complessi.
Che cosa significa, invece,
dichiararsi ebrei negli ambienti omosessuali?
Bisogna sempre essere accorti e
capire bene con chi si parla. Nello specifico dobbiamo dire che
nel movimento Lgbt italiano riscuotiamo sempre molta simpatia e
soprattutto interesse sociale, culturale e religioso, riceviamo
moltissime proposte di collaborazione con organizzazioni Lgbt di
Roma e tutte seguono con passione le nostre attività.
HaKehillah
ha pubblicato alcuni mesi fa una lunga e discussa intervista a
rav Haim Fabrizio Cipriani. L’hai letta? Che cosa ne pensi? Hai
letto anche la risposta di rav Riccardo Di Segni?
Non ho i titoli per entrare in
discussioni halakhiche o inter-denominazionali. Né mi compete:
MDKI non prende partito. Noi esortiamo tutti i rabbini a fare il
massimo nei limiti delle rispettive appartenenze. Constato però
che sia rav Cipriani, a cui sono personalmente riconoscente, sia
rav Di Segni, per il quale ho il massimo rispetto, individuano
un problema sociale serio e urgente. Un problema sociale prima
che religioso, le cui radici sono da ricercare in una cultura
bigotta e sessuofobica trasversale di matrice non ebraica. Posso
testimoniare personalmente che quanto descritto da rav Cipriani
nel suo articolo accade anche in Italia: dell'ambizione a farsi
posto in società, nel segno di una malintesa rispettabilità,
fanno le spese in primo luogo gli omosessuali. Vorrei poi capire
perché tutto il discorso riguardi sempre gli uomini. Per le
donne lesbiche i problemi halakhici sono di gran lunga più
modesti. Perché non cominciamo a parlare delle loro famiglie?
Concludiamo con una domanda sul
ddl Cirinnà: come avete vissuto le settimane di discussione
parlamentare? Siete delusi o soddisfatti dell’esito fin qui
raggiunto?
Siamo stati in prima linea con le
altre organizzazione Lgbt e abbiamo partecipato ai sit-in e alle
varie manifestazioni che si sono succedute durate il
dibattimento della legge al Senato. L'esito è ancora incerto: la
legge ora è alla Camera e quello che può succedere nessuno lo
sa. Quello che possiamo dire è che se riusciremo a fare un passo
avanti, sarà avvenuto calpestando la dignità di milioni di
italiani vilipesi e umiliati quotidianamente sui media. Penso in
primo luogo ai miei amici Gianfranco Goretti e Tommaso Giartosio,
dipinti come criminali, schiavisti, ladri di bambini. Ci sono
stati giorni in cui ho temuto per la loro incolumità.
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