Amira Hass : Dopo l’attacco di Tel Aviv i palestinesi manifestano poca gioia ma ne comprendono le ragioni
Wafa,
l’agenzia ufficiale di notizie dell’Organizzazione per la Liberazione
della Palestina [OLP], ha messo sul suo sito una spettacolare fotografia
dei fuochi d’artificio a Gaza in onore del sacro mese musulmano del
Ramadan e non per inneggiare all’attacco armato di mercoledì a Tel Aviv.
Anche se ci sono stati palestinesi che hanno espresso soddisfazione per
l’attacco di fronte alle telecamere che li hanno trovati proprio nel
momento e nel luogo giusti, né la soddisfazione né
l’appoggio[all’attacco] potrebbero descrivere con precisione i
sentimenti della maggior parte dei palestinesi sulla sparatoria.
C’è
una generale comprensione riguardo al motivo che ha spinto [ad agire]i
due attaccanti della città cisgiordana di Yatta, insieme
all’apprezzamento per quello che è apparso il loro coraggio. Vi è anche molta preoccupazione rispetto a quale sarà la risposta di Israele.
L’agenzia
Wafa ha anche pubblicato una condanna dell’attacco proveniente
dall’ufficio del presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Mahmoud
Abbas. Sicuramente gli israeliani non si accontenteranno di questo,
mentre allo stesso tempo i palestinesi si arrabbiano per la sua
equidistanza. “L’ufficio di presidenza ha espresso la sua ripetuta
condanna di ogni azione da qualunque parte provenga che prenda di mira i
civili indipendentemente da quello che potrebbero essere le
motivazioni,” afferma il comunicato. Ha anche affermato che la creazione
di un clima positivo e la realizzazione di una giusta pace potrebbero
garantire la sicurezza dei civili.
L’opposizione di Abbas
a qualsiasi escalation ha avuto un riflesso concreto. Per esempio, le
sue forze di sicurezza stanno arrestando e imprigionando gli attivisti
che non sono stati arrestati da Israele e che hanno guidato le
manifestazioni contro il muro di separazione a Betlemme. Di conseguenza
sono cessati gli scontri in uno dei punti più caldi. Ma con questo suo
comunicato moderato, Abbas ha evidentemente cercato di evitare di urtare
la suscettibilità del suo pubblico.
Il
suo partito Fatah non ha potuto condannare l’attacco di Tel Aviv. Un
comunicato dell’organizzazione ha definito la sparatoria “una risposta
individuale e naturale” alla violenza dello Stato israeliano. Un
portavoce ha spiegato che per “violenza dello Stato” si intendeva la
politica delle demolizioni delle case e lo sradicamento dei palestinesi
dalle loro comunità, le “irruzioni dei coloni” sulla spianata delle
moschee di Al-Aqsa a Gerusalemme e “gli omicidi a sangue freddo di
palestinesi ai checkpoint”.
Da
parte sua il movimento Hamas ha elogiato l’attacco, mentre il Fronte
Popolare per la Liberazione della Palestina [FPLP] lo ha definito un
punto di svolta nell’attuale intifada e una condivisibile reazione al
gran numero di palestinesi uccisi da Israele. Riferendosi al luogo
dell’attacco di Tel Aviv, avvenuto di fronte al Ministero della difesa,
[il FPLP] ha detto che si è trattato di una sfida al nuovo ministro
della Difesa israeliano, Avigdor Lieberman, e che è la conferma che la
lotta armata è il modo migliore per garantire i diritti dei palestinesi.
Il comunicato del Fronte Popolare si avvicina all‘opinione
prevalente nell’opinione pubblica palestinese rispetto alle posizioni
di Abbas o di Fatah, come riportato dal sondaggio pubblicato questa
settimana dal Palestinian Center for Policy and Survey Research [Centro
palestinese di ricerca e analisi politica]. Il sondaggio ha rivelato che
il 58% degli intervistati (il 68% nella Striscia di Gaza e il 52% in
Cisgiordania) è convinto che la rivolta degli attacchi individuali
esplosa a ottobre, caratterizzata in prevalenza da attacchi all’arma
bianca e che si sta trasformando in un’intifada armata, potrebbe essere
più utile agli interessi nazionali palestinesi rispetto ai negoziati con
Israele.
L’appoggio
agli attacchi all’arma bianca è diminuito. Solamente il 36% degli
intervistati nella Cisgiordania è solidale. Nella più lontana Gaza,
invece, gli attacchi all’arma bianca sono stati appoggiati dal 75% degli
intervistati.
In
altre parole, vi è un ampio sostegno a parole da parte di coloro che
sono lontani e che non sono coinvolti, mentre quelli che possono agire
sono restii a farlo.
L’uso
delle armi conserva nelle analisi e nelle dichiarazioni la propria aura
quale punto più alto della lotta nazionale contro l’occupazione
israeliana. Ma né il FPLP, né Hamas o Fatah hanno cercato o osato trasformare
l’escalation dell’anno scorso in una lotta armata, perché non possono
oppure sanno che fallirebbe, o che la gente non è realmente interessata o
preparata.
I
programmi televisivi che hanno mostrato gli israeliani che scappavano
terrorizzati dagli attentatori sono scene familiari ai palestinesi.
Giorno dopo giorno, sperimentano la paura asfissiante degli israeliani
armati. Ogni settimana centinaia di palestinesi sono esposti alle
sparatorie degli israeliani e fuggono terrorizzati; qualche volta sono
feriti o uccisi. Secondo la loro opinione, quello che hanno passato gli
israeliani in questo unico attacco è nulla rispetto a quello che
sperimentano ogni giorno.
I
palestinesi si prendono qualche rivalsa se viene sconvolta la normalità
di Tel Aviv, solo a un’ora di macchina dalle zone di disperazione
individuale e nazionale a Gaza e
in Cisgiordania. La maggior parte è ben consapevole che questo
sconvolgimento non cambierà l’orientamento e il comportamento degli
israeliani. Tuttavia neppure le dimostrazioni pacifiche, le trattative
diplomatiche e i resoconti dei media hanno trasformato gli israeliani in
sostenitori del Meretz [partito sionista della sinistra moderata
sostenitore della soluzione dei due Stati, ndt]. Quindi tutto quello che
rimane è una soddisfazione momentanea di vendetta.
( Traduzione di Carlo Tagliacozzo)
Dopo l’attacco di Tel Aviv i palestinesi manifestano poca gioia ma comprendono le ragioni di chi ha…
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