ISRAELE E PALESTINA/ La soluzione che non c'è e quell'ultima carta chiamata Obama



ISRAELE E PALESTINA/ La soluzione che non c è e quell ultima ...



La drammatica situazione  in cui versa il Medio Oriente ha fatto quasi passare in secondo piano il tema che ha dominato per decenni la geopolitica, non solo della regione: la questione palestinese o, almeno, la sua possibile soluzione. Anzi, dopo quasi settant'anni dalla costituzione dello Stato di Israele, la soluzione sembra allontanarsi ancor di più, come hanno evidenziato nelle scorse settimane il Patriarca latino di Gerusalemme mons. Fouad Twal e Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede alle Nazioni Unite. 
I due presuli hanno infatti denunciato il progressivo allontanamento dalla soluzione, l'unica finora ritenuta ragionevole, della costituzione di due Stati, cioè di uno Stato palestinese accanto  a quello di Israele. Il peso di questa situazione ricade principalmente sulla popolazione, sia musulmana che ebrea, con la continuazione dell'occupazione militare, gli innumerevoli controlli, il prolungamento del muro di divisione tra le comunità, la "intifada dei coltelli" che ha già provocato più di duecento morti, per la maggior parte palestinesi, e le conseguenti rappresaglie israeliane. Se questa è la situazione in Cisgiordania, sono ancor più pesanti le condizioni della popolazione della Striscia di Gaza, praticamente sotto blocco da quando, nel 2005, gli israeliani si sono ritirati, smantellando i loro insediamenti, e Hamas ha preso il potere a Gaza, estromettendo al Fatah.
Come altrove, anche qui i cristiani si trovano tra due fuochi e la situazione sembra essere peggiorata dopo che nel 2015 la Santa Sede ha riconosciuto lo Stato palestinese. Il Patriarca ha anche sottolineato come l'accordo tra Santa Sede e Israele, firmato nel lontano 1993, non sia stato ancora pienamente applicato e trattative siano tuttora in corso in particolare sulla completa libertà religiosa.
La preoccupazione per il fallimento della soluzione dei due Stati comincia a essere piuttosto diffusa e la responsabilità viene attribuita a ciascuna delle parti in causa secondo le simpatie dei commentatori. Non vi è dubbio che Israele stia, purtroppo, sempre più abbandonando le sue caratteristiche di Stato laico di tipo occidentale per assumere tratti confessionali, sotto la spinta dei partiti religiosi ebraici che sostengono il governo di Netanyahu. Si comincia a parlare apertamente della permanenza di un solo Stato, quello ebraico, una soluzione difficilmente realizzabile anche per l'attuale governo. Un indice del cambiamento in atto è il rapporto del Pew Research Center, il noto istituto di Washington, citato in un recente comunicato della Commissione Giustizia e Pace del Patriarcato latino. Da questo rapporto risulterebbe che circa la metà dei cittadini israeliani si dichiara in favore del trasferimento fuori di Israele di tutti gli arabi israeliani.
Nei Territori sotto l'Autorità palestinese e a Gerusalemme Est continuano a ritmo sostenuto gli insediamenti di coloni ebrei e ciò è un grave ostacolo per la soluzione dei due Stati. Ciò non significa necessariamente che si voglia cancellare lo Stato palestinese, ma che si cerca di rendere il suo territorio il più possibile frazionato e facile da controllare, obiettivo importante in termini di sicurezza.

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